L’eco-compatibilità nella filiera elettronica

La crescita della sensibilità elettronica verso le necessità ambientali passa attraverso una serie di normative, che in questi ultimi anni hanno toccato vari aspetti della filiera: dai materiali di base arriva al consumatore finale.La serie di direttive e di regolamentazioni relative sono state approvate prima a livello europeo e, come conseguenza di ciò, sono entrate in vigore a livello nazionale: si tratta della direttiva RoHS, del regolamento Reach, così come della direttiva RAEE e di quella EuP. Entrata in vigore nell’ormai lontano luglio del 2006, la direttiva RoHS (Restriction of use of certain Hazardous Substances) ha imposto l’abbandono nella produzione elettronica di alcune sostanze pericolose per la salute umana e per l’ambiente. Nel 2007 è stato il turno dell’entrata in vigore del regolamento Reach, che impone la registrazione delle sostanze chimiche utilizzate anche in elettronica. La direttiva WEEE (Waste of electric and electronic equipment), recepita in Italia come direttiva RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), impone la corretta gestione di questa grande varietà di apparecchiature alla fine della loro vita. La direttiva EuP (Energy-using Products), infine, indirizza verso una progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (Eco-design Directive for Energy-using Products) ed è entrata in vigore nell’agosto 2007. Quest’ultima definisce un quadro normativo generale a cui i produttori di dispositivi che consumano energia dovranno attenersi già in fase di progettazione, ciò per incrementare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale negativo dei propri prodotti durante tutto il loro ciclo di vita.

Cosa sono i RAEE
Gli strumenti e i macchinari dei quali si occupa questa normativa, secondo una definizione contenuta nel decreto, sono le “apparecchiature che dipendono per un corretto funzionamento da correnti elettriche o da campi elettromagnetici progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1.000 volt per la corrente alternata e a 1.500 volt per la corrente continua”. Rientrano quindi in questo ambito i computer, le stampanti, i monitor, i televisori, i grandi e piccoli elettrodomestici, i condizionatori, le luci, ecc. Un insieme di apparecchiature e di dispositivi molto vasto dunque, che si trasforma in circa quindici kg/anno di rifiuti per abitante e con ritmi in continua crescita. Ogni anno il volume dei RAEE cresce infatti a un tasso tre volte superiore rispetto a quello dei normali rifiuti solidi urbani, ciò a causa dell’elevato uso di apparecchiature elettriche ed elettroniche, supportato peraltro dall’incremento del consumo di apparecchiature senza cavo energeticamente autonome, con un conseguente aumento dei volumi di batterie esaurite da ritirare. L'obiettivo del decreto, che porta novità e cambiamenti per tutti gli attori coinvolti nella filiera, dai produttori ai distributori, così come per consumatori e Comuni, è di evitare che diverse centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi possano finire in discarica, ma siano adeguatamente recuperati, reimpiegati o riciclati almeno in parte. Le apparecchiature elettroniche, pur rappresentando un piccolo volume rispetto alla totalità dei rifiuti, sono tra le più inquinanti e pericolose per l'ambiente, essendo esse costituite anche da materiali pericolosi e difficili da trattare.

I problemi di uno smaltimento non corretto
I principali problemi derivanti da questo tipo di rifiuti sono la presenza di sostanze considerate tossiche per l'ambiente e la non biodegradabilità di tali apparecchi. La crescente diffusione di apparecchi elettronici determina un sempre maggiore rischio di abbandono nell'ambiente o il loro dirottamento verso discariche e termovalorizzatori (inceneritori) con conseguenze di inquinamento del suolo, dell'aria, dell'acqua e ovvie ripercussioni sulla salute umana. La maggior parte di questi rifiuti tecnologici (e-waste) sono altamente inquinanti, impossibili da gestire adeguatamente all'interno del tradizionale ciclo di raccolta e smistamento dei rifiuti semplici e richiedono pertanto interventi competenti.
Questi prodotti vanno trattati correttamente e destinati al recupero differenziato dei materiali di cui sono composti, come il rame, il ferro, l’acciaio, l’alluminio, il vetro, o metalli nobili – come argento, oro – e meno nobili, come il piombo e il mercurio; questo evita sicuramente un ingente spreco di risorse che possono essere nuovamente utilizzate per costruire altre apparecchiature, con un notevole contributo alla sostenibilità ambientale. A seguito del decreto la gestione e lo smaltimento dei rifiuti tecnologici, cioè il compito di occuparsi dei RAEE, passa dagli organismi comunali agli stessi produttori, che d'ora in poi saranno responsabili dei propri dispositivi sia prima che dopo la vita commerciale sul mercato. Dovranno essere quindi le suddette società a raccogliere, smistare, smaltire ed eventualmente riutilizzare i RAEE.

Le pile
Le pile e gli accumulatori convertono l’energia chimica in energia elettrica, ma per poter raggiungere questo scopo necessitano di utilizzare sostanze altamente inquinanti come il cadmio e il mercurio, che – se non gestiti correttamente a fine vita dei dispositivi – possono arrecare gravi danni all’ambiente e alla salute umana. Sono dispositivi a ioni di litio, nichel-metallo ioduro, nichel-cadmio, costruiti in diverse geometrie in funzione della loro destinazione di utilizzo. Si stima che ogni anno siano immesse sul mercato più di quarantamila tonnellate di pile tra i modelli usa e getta e ricaricabili. L’intenzione per il futuro a breve termine (seconda metà del prossimo anno) è di raccogliere su base regionale l’equivalente del 25% del quantitativo di pile e accumulatori immesso sul mercato, una percentuale destinata a raddoppiare nel giro di un quinquennio.

Le possibili evoluzioni della direttiva
L’attuale direttiva RAEE stabilisce come obiettivo di raccolta di RAEE provenienti dai rifiuti domestici un ammontare medio pari ad almeno 4 Kg/abitante all’anno (andava raggiunto entro il 31 dicembre 2008), equivalente a circa 240.000 tonnellate/annue. La reale quantità media procapite raccolta nel 2009, su una produzione nazionale di circa un milione di tonnellate, è stata leggermente superiore a 3 Kg/abitante (193.000 tonnellate totali) e si prevede sia stato di poco superiore ai 4 Kg circa nel 2010 (pari a 250.000 tonnellate).
A livello europeo, prevedere obiettivi di raccolta in termini di peso pro capite uguali per tutti gli stati membri, appare poco realistico date le quantità di apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato che, in ciascuno stato, variano in funzione del numero di abitanti e del loro reddito procapite. La bozza della direttiva attualmente in discussione è orientata a stabilire un diverso criterio con un primo obiettivo intermedio per il 2012 di almeno 4 Kg per abitante e come minimo equivalente in peso a quello raccolto nel medesimo stato 2010. È richiesto un secondo obiettivo intermedio per il periodo 2012/2016, che dovrà essere concretamente stabilito dai singoli stati e un obiettivo certo per il 2016 in cui gli Stati si adoperano affinché per quella data venga raccolto almeno l’85% dei RAEE generati sul proprio territorio (una bozza in discussione). Una proposta alternativa su cui si sta tentando di trovare un accordo vuole che a partire dal 2016, il peso dei RAEE raccolti per anno in ogni stato equivalga al 65% della media degli AEE immessi nel mercato di riferimento nei tre anni precedenti.

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