La mobilità ha cambiato il nostro modo di comunicare e non solo nel modo più ovvio, cioè permettendoci di farlo sempre e praticamente ovunque, ma anche per il tipo di comunicazione; sempre più applicazioni infatti sono centrate sull’informazione visiva: chiamateli smartphone, netbook, e-reader o con qualche altro neologismo esotico, non vi è ormai apparato che non abbia integrato un display, mentre i “vecchi” sistemi pensati solo per la comunicazione vocali sono ormai estinti. Anzi, nelle soluzioni più moderne si assiste a un proliferare di funzioni (ad esempio i touch screen) che stanno diventando ormai abituali per il nostro stile di vita. Nuove opportunità quindi, ma anche nuove sfide, per chi i display li progetta e li costruisce, con la possibilità di creare hardware sempre più sofisticato e ricco di opzioni, ma dovendo anche soddisfare esigenze molto pratiche: in primis il prezzo, che nell’elettronica di consumo è un fattore fondamentale di successo, ma anche la convivenza con batterie che hanno una durata limitata e il problema di garantire una buona visibilità delle immagini anche in condizioni di illuminazione difficili. Senza trascurare comunque l’aspetto puramente estetico che, come dimostra il recente successo dell’iPhone, è sempre molto importante.
L’attuale soluzione tecnologica predominante, che prevede l’uso di display a cristalli liquidi richiede alcuni compromessi: mentre è in grado di fornire un’eccellente luminosità e colori brillanti in condizioni di oscurità o di scarsa illuminazione, subisce un considerevole peggioramento della qualità dell’immagine in caso di esposizione diretta alla luce solare. Inoltre poiché la tecnologia Lcd si basa su strati polarizzanti che intervengono sulla luce trasmessa, abbinati a filtri per la riproduzione a colori, la luce trasmessa è meno del 10% della luce ambiente; da qui discende la necessità di una retroilluminazione e quindi i consumi non sono certamente bassi, anzi. In effetti i display Lcd sono ormai la maggiore fonte di consumo di vari dispositivi, specie se si tratta di applicazioni orientate alla multimedialità; il gap tra energia consumata ed energia disponibile continua ad aumentare, nonostante i progressi delle moderne batterie, e quindi è necessario intervenire direttamente sui consumi, studiando soluzioni alternative.
Soluzioni alternative agli Lcd
Attualmente le alternative più promettenti sono quelle che sfruttano come fonte luminosa gli Oled, ovvero i Led organici, e due tecnologie basate sulla riflessione: quella proposta da E-ink, (azienda nata dal Media Lab del Massachusetts Institute of Technology ) e adottata dal lettore Kindle di Amazon (ma anche dall'e-reader Sony e da quello Barnes&Noble), e la tecnologia Mirasol di Qualcomm. Si tratta di due soluzioni pensate proprio per creare la "carta elettronica" con i migliori risultati visti fino ad ora, che vantano traguardi significativi sia dal punto di vista dei bassi consumi che da quello della eccellente visibilità, e che sembrano candidabili anche a sostituire i classici display consumer.
Di passi avanti però in questi anni se ne sono fatti e il risultato è che si è arrivati a utilizzare diverse tecniche per produrre tipi di display associabili all’e-paper: quelli elettroforetici, quelli ad elettrocromatismo e i cosiddetti elettrowetting. La tecnica adottata da E-Ink è di tipo elettroforetico, una delle più semplici, che prevede sostanzialmente di usare una coppia di superfici conduttive tra cui è interposto uno spazio riempito da un olio di idrocarburi nel quale sono sospese delle particelle di pigmento caricate elettricamente (solitamente sia il diossido di titanio, ma possono essere utilizzate anche altre sostanze). Le particelle si spostano facendo agire un campo elettrico sulle superfici conduttive in modo da venirsi a trovare a contatto della superficie con carica opposta, e, in pratica, se si trovano sul lato frontale del display riflettono la luce verso l’utente (per l’elevata riflettività del materiale impiegato), che vedrà quindi uno schermo bianco. Quando sono a contatto della superficie più interna, verrà visto un punto scuro, dato che la luce viene assorbita dall’olio tra le superfici. L’immagine è creata suddividendo il display in tante piccole celle corrispondenti ai singoli pixel, ognuno controllabile in modo indipendente. Commercialmente presentata per realizzare ottimi display a scala di grigi, questa tecnica non esclude comunque la possibilità di visione a colori, applicando a ogni singola cella un filtro colorato; in questo caso si avrebbe però una minore risoluzione (perché servirebbero tre celle per avere un pixel effettivo) e quindi sarà necessario, per mantenere la stessa risoluzione di uno schermo monocromatico miniaturizzare ulteriormente i processi produttivi e realizzare celle notevolmente più piccole. Un display elettroforetico mantiene un'immagine stabile senza esigenze di refresh e, in alcune versioni può essere costruito utilizzando anche impianti nati per altri prodotti, ad esempio il processo EPLaR (Electronics on Plastic by Laser Release) proposto da Philips Research permette di usare la tecnologia degli Lcd a matrice attiva per realizzare display elettroforetici su substrati plastici (e quindi flessibili). Sempre in tema di e-paper poi, altre strade percorribili sono quelle dell’elettrocromatismo e dell'elettrowetting. L'elettrocromatismo che si basa su una cella elettrochimica che cambia il coefficiente di trasmissione della e quindi della lunghezza d’onda assorbita, in modo reversibile, cambiando l’immagine al semplice passaggio di corrente. Le strutture più semplici impiegano tre strati, cioè due elettrodi esterni e un elettrolita interno in grado di emettere ioni quando attraversato da corrente, in modo da avviare il processo di ossidoriduzione. Le caratteristiche, molto simili a quelle del processo elettroforetico, e questo tipo di prodotti sono già diffusi in ambito industriale, ad esempio per finestre elettrocromatiche o specchi a riflessività variabile. Nell’elettrowetting, il campo elettrico (pochi Volt) cambia le forze superficiali di un liquido, una mistura di olio ed acqua, contenuto tra i due film di supporto, in pratica modificandone la forma stessa. In stato di quiete l'olio forma una pellicola tra acqua ed elettrodo idrorepellente, mentre al passaggio di corrente si perde la stabilità, e il liquido torna limpido, in modo che luce venga quasi totalmente riflessa. Quindi, al passaggio di corrente si ha un pixel bianco, in quiete uno nero.
L'elettrowetting richiede meno potenza ed è quindi più adatto per essere utilizzato in dispositivi portatili che richiedano una lunga autonomia: ha buoni tempi di risposta, oltre a permettere di avere schermi molto più luminosi dei concorrenti, addirittura più degli Lcd stessi, e i singoli pixel possono essere resi in grado di visualizzare due colori e non uno solo, rendendoli di fatto dispositivi a tre stadi con una risoluzione potenziale piena. La tecnologia però richiede una matrice attiva per funzionare e non è un sistema effettivamente bistabile: in altre parole per mantenere l'immagine occorre fornire continuamente corrente, seppur minima. Derivato dall'elettrowetting è anche il processo elettrofluidico, simile nel funzionamento ma con il vantaggio di poter garantire una migliore riflettività della superficie. Comunque, a parte i display elettroforetici, le altre tecnologie sono al momento limitate a ruoli di nicchia, per via dello scarso peso commerciale, ma anche per obiettivi limiti: la mancanza di soluzioni a colori effettivamente soddisfacenti (per ora solo a livello di prototipi) e i tempi di risposta che si riescono ad ottenere, ben lontani da quelli che possono essere registrati sugli odierni Lcd e quindi inadatti per contenuti che variano molto velocemente come i video, ma anche le animazioni complesse (si veda la tabella di confronto delle tecnologie).
La soluzione Mirasol
Diverso è il caso se si parla di tecnologie di modulazione interferometrica (IMOD) cioè della soluzione Mirasol progettata e realizzata da Qualcomm. L'ispirazione della nuova tecnologia sembra essere stata la struttura biologica delle ali di farfalla, costituite da miriadi di pigmenti su superfici con microframmenti orientati diversamente che permettono di ottenere l'effetto noto come iridescenza, ovvero la possibilità di visualizzare qualsiasi colore. I display Mirasol usano una combinazione di specchi microscopici (in pratica strutture Mems) e strati di materiale deposto come film spesso; la luce incidente attraversa gli strati e viene riflessa in modo opportuno, cioè a specifiche lunghezza d'onda, intervenendo sugli specchi, e creando interferenze di fase, in funzione della lunghezza della cavità ottica che si definisce, costruttive o distruttive. Il risultato sono colori molto vivi, con minimi consumi di potenza e in maniera intrinsecamente bistabile. Inoltre la frequenza di refresh è sufficientemente elevata. Contrasto e visibilità rimangono buoni in varie condizioni di luminosità ambientale. Come ogni nuova tecnologia, l'entusiasmo iniziale, si è scontrato con alcuni dubbi sull’effettività capacità di reggere la velocità di filmati che girano a 30 fps, e i problemi di leggibilità in condizioni di forte luce naturale. Tuttavia la possibile ulteriore evoluzione sembra promettente. Date queste premesse, verrebbe da chiedersi perché la nuova tecnologia non è già universalmente adottata? In realtà, come per ogni innovazione, lo scontro con chi il mercato già lo possiede (in questo caso gli Lcd) non è per nulla facile. I prodotti maturi hanno dalla loro il vantaggio di avere costi di solito più competitivi e soprattutto il fatto di disporre di strutture produttive già avviate (il che significa investimenti già fatti).
La possibilità di avviare produzioni in alti volumi è il primo passo per affermarsi in un mercato e sia la soluzione E-Ink che quella Mirasol hanno già fatto significativi passi avanti. L'acquisizione, a giugno scorso di E-Ink da parte di Prime View International per circa 215 milioni di dollari, significa aprire le porte a massicci investimenti produttivi, mentre il primo impianto dedicato ai display Mirasol è già stato aperto a Longtan, Taiwan, in collaborazione con Cheng Uei Precision Industry un grande produttore di elettronica di consumo.
Nuove funzionalità: touchscreen e 3D
La funzionalità più appariscente di molti apparati cellulari recenti è stata l'introduzione dei touchscreen. Non un’innovazione propriamente relativa alla visualizzazione ma sicuramente una caratteristica destinata a influire sul mercato: l'istituto di ricerca DisplaySearch stima che la penetrazione dei touch screen nei telefoni cellulari passerà dall'attuale 20 ad oltre il doppio nel 2015. Grazie alla semplicità di realizzazione e al basso costo la tecnologia resistiva è fino ad ora la più sfruttata, ma la più promettente per il futuro sembra quella capacitiva a proiezione che seppure alquanto più costosa offre migliori prestazioni ottiche e permette anche di integrare schermi che proteggono il display stesso. Un ulteriore passo avanti potrà essere la tecnologia in-cell, che si basa sull'utilizzo di fotosensori o di sensori di tensione in una matrice Tft, eliminando in pratica lo strato o la pellicola comunemente utilizzata da altre tecnologie di rilevamento del tocco e richiedendo un minor numero di componenti per l'elaborazione dei segnali. Lo svantaggio è attualmente che l'integrazione del nuovo elemento nel display riduce alquanto la resa, ma i costruttori di Lcd Tft prevedono di riuscire a ottimizzare la produzione in tempi relativamente brevi. I costruttori di Lcd hanno già affrontato e in parte risolto il problema di portare al grande pubblico la visione tridimensionale; purtroppo i risultati non sempre sono stati all'altezza delle aspettative, anche perché l'utilizzo di mezzi accessori (i famosi occhialini) non è esattamente l'approccio ideale per il consumatore e, comunque, resta il fatto che andrebbe garantita la compatibilità sia 2D che 3D. Una delle soluzioni più promettenti pare essere quella autostereoscopica che, come suggerisce il nome, può riprodurre un effetto 3D senza la necessità di altri dispositivi. L'effetto tridimensionale è ottenuto utilizzando ottiche opportune che dirigono le onde luminose emesse dalle immagini agli occhi dell'utente, in modo che quest'ultimo, se si trova in una certa area di fronte allo schermo, la cosiddetta "stereo zone", vedrà la scena in 3D. L'effetto si può ottenere con un normale monitor Tft a cui è stata aggiunta un'ottica progettata e costruita per il modello specifico. Ogni occhio dell'utente vede una riga di pixel (ad esempio l'occhio sinistro le righe pari e l'occhio destro quelle dispari). Un software si occupa di creare l'immagine stereoscopica. Sfortunatamente, anche questa tecnica 3D ha dei punti deboli: in primo luogo, la risoluzione orizzontale ridotta (poiché ogni occhio vedrà la metà dei pixel ed è il cervello a combinare queste due immagini per formare l'immagine stereoscopica) ma soprattutto la dimensione delle "stereo zone"; se l'utente si sposta dall'area, l'immagine sarà invertita. Comunque sia Toshiba che Sharp hanno annunciato di essere al lavoro su soluzioni di qualità accettabile per quanto riguarda i display Lcd: Toshiba Mobile ha appena annunciato un display autostereoscopico da 21 pollici (risoluzione 1280×800 pixel), mentre Sharp ha già pronto un display Lcd per netbook e tablet, utilizzabile anche con funzioni touchscreen. L’Lcd di Sharp funziona grazie a un sistema chiamato Parallax Barrier che può trasmettere immagini a qualità molto maggiore e con una luminosità sensibilmente più alta (500 candele al m2).