La tempesta perfetta


Dopo le premesse le certezze. La crisi è arrivata con tutta la sua durezza e sta assumendo toni sempre più critici. Non solo le istituzioni finanziarie sono state investite dallo tsunami della crisi sia sostanziale che di fiducia, ormai anche l’economia reale è preda dei venti della recessione. I consumi crollano, le famiglie e le imprese “vedono nero”, il mercato immobiliare è una bolla che scoppia: anche la Cina rivede al ribasso gli incredibili indici di crescita degli ultimi anni. Secondo le previsione di Anie e Confindustria, “diminuirà sensibilmente nel 2009 l’espansione dei Paesi emergenti, motori dello sviluppo negli anni più recenti, che hanno contribuito per oltre il 50 per cento alla crescita del Pil mondiale nel 2008. Il rischio di credit crunch e l’incremento del tasso di risparmio americano sono fra i principali ostacoli che freneranno la crescita nei prossimi mesi, rinviando la ripresa al 2010. La crisi bancaria coglie l’economia italiana, strutturalmente più debole, già in recessione”.

Più a rischio le aziende di medie dimensioni
In un contesto caratterizzato da una decelerazione della crescita internazionale e da un clima non favorevole agli investimenti, le imprese dell’Elettrotecnica e dell’Elettronica hanno sperimentato un 2008 difficile. Dopo la tenuta del trend di crescita a fine 2007 e “il brusco rallentamento nel primo quadrimestre del 2008, l’indebolimento dei principali indicatori congiunturali a fine anno si è esteso alle componenti più vitali del settore, erodendo i tassi di crescita messi a segno nel corso dell’ultimo biennio”.
Questo nonostante si riconosca alle imprese del settore la capacità di rispondere alle sfide con strategie mirate a sostegno del riposizionamento competitivo: “L’innovazione di prodotto e di processo ha consentito un significativo miglioramento dell’offerta, a beneficio in primis degli utenti delle reti tecnologiche di cui è fornitrice l’industria Elettrotecnica ed Elettronica nazionale”. Il rischio è che il quadro recessivo che si prospetta per l’economia italiana a tutto il 2009 e il rallentamento diffuso nel contesto internazionale, possano vanificare l’impegno realizzato in questo periodo. “Un rischio soprattutto per le imprese di media dimensione”.

Anche chi si è riposizionato soffre la crisi
I dati parlano chiaro. L’Istat nel periodo gennaio-settembre 2008 per l’industria Elettrotecnica ed Elettronica, rileva una flessione dei livelli di attività di 4 punti percentuali al confronto con l’anno precedente (-2,7% il corrispondente dato per l’industria manifatturiera nazionale). La distanza dai livelli di picco ciclico di fine 2001 si avvicina ora ai 30 punti percentuali. “I preconsuntivi - si legge nell’Osservatorio congiunturale Anie - per il fatturato totale e le esportazioni mostrano un segno negativo che non risparmia le componenti più vitali dell’industria Elettrotecnica ed Elettronica nazionale. Le forze frenanti non escludono neppure quelle imprese del settore che forti delle recenti strategie di riposizionamento sui mercati esteri sembravano più attrezzate ad affrontare le crescenti difficoltà di contesto. Il 2008 si appresta a interrompere un percorso espansivo del fatturato proseguito con diversa intensità dal 2004 (-2,5% la variazione attesa del giro d’affari complessivo; -0,5% per l’Elettrotecnica e -4,5% per l’Elettronica). Inoltre, il progressivo indebolimento in corso d’anno delle vendite oltreconfine ha portato in chiusura 2008 ad un’inversione del trend che ha caratterizzato le esportazioni settoriali negli anni più recenti (-4,8% la variazione in valore attesa in media d’anno; +1,1% per l’elettrotecnica e -10,0% per l’elettronica). Le esportazioni, e più in generale i fenomeni di internazionalizzazione, sono stati un motore decisivo della profonda ristrutturazione che ha interessato il tessuto produttivo nazionale dai primi anni Duemila".

L’export in frenata planetaria
Per quanto riguarda l’export di elettrotecnica ed elettronica destinato nei primi sette mesi del 2008 le vendite rivolte verso i Paesi dell’UE-15 hanno manifestato segni di cedimento. Al contrario, la crescita si è mantenuta più sostenuta nelle più vicine aree dell’Est Europa, che nel 2008 rappresentano oltre il 10 per cento dell’export totale del settore. La domanda proveniente dall’Area Opec dovrebbe risentire del mutato scenario indotto dal calo delle quotazioni del petrolio (+7,4 per cento nei primi sette mesi del 2008; +24,6 per cento nel 2007). Verso l’area nordamericana l’export italiano sconta gli effetti di un tasso di cambio euro/dollaro poco favorevole e della frenata dei consumi interni statunitensi. Si legge ancora nell’Osservatorio Anie: “Interessanti considerazioni emergono dall’analisi della performance esportativa del settore isolando la sola componente di tecnologie che trovano destinazione nelle reti infrastrutturali energetiche e dei trasporti (questa componente pesa per circa il 20 per cento sulle esportazioni totali del settore). L’export di queste tecnologie, che interessa trasversalmente i comparti dell’Elettrotecnica e dell’Elettronica e che dal 2004 ha registrato un ritmo di crescita a due cifre, mostra nel 2008 una frenata evidente su scala globale (+2,9% nei primi sette mesi del 2008; +17,7% nel 2007). In corso d’anno le dinamiche espansive mantengono tassi elevati nei 12 Paesi nuovi entrati nell’Unione europea. Politiche di privatizzazione (Polonia) e apertura ai capitali stranieri in progetti infrastrutturali (Romania, Bulgaria) rappresentano un driver per l’export italiano verso queste aree. Il potenziamento di piani di sviluppo infrastrutturale in alcuni Paesi emergenti costituirà una leva preziosa per la domanda di tecnologie per le reti energetiche e dei trasporti. Colpisce la ripresa dell’export verso il Nord America che, complici le dinamiche nelle quotazioni energetiche, sta convogliando finanziamenti verso il trasporto ferroviario e il potenziamento della rete elettrica”.

Occorre un piano Marshall
Per Guidalberto Guidi, Presidente di Anie, “il 2009 non sarà un anno facile per le aziende della associazione. La situazione è molto seria”. Dopo aver lavorato per portare “all’estero le braccia, ma per mantenere cuore e cervello nel Paese”, le aziende hanno dovuto confrontarsi con un ottobre ‘caldissimo’ in cui “si sono saldate due aree di bassa pressione: quella economica e quella finanziaria”. Conseguenza di questo è stato lo scatenarsi della “tempesta perfetta”, con il crollo degli ordinativi e l’incapacità di vedere cosa ci possa prospettare il prossimo futuro. In sostanza siamo a bordo di una barca che procede in una “nebbia fitta senza strumenti”. Il Governo, sottolinea Guidi, ha preso provvedimenti in modo veloce e il sistema industriale ha potuto sfruttare fattori che hanno contribuito a non far affondare la barca: “è diminuito il prezzo del rame e delle materie prime in generale e abbiamo assistito ad un rafforzamento del dollaro e dello yen”. Cosa manca? si chiede Guidi. “Manca il mercato”, che non riesce a compensare lo spostamento della produzione in Paesi come India, Romania, Cina e Croazia, e la conseguente trasposizione dell’economia da “prodotto a sistema”. “Occorre un Piano Marshall - afferma Guidi -, occorrono investimenti pubblici in componentistica perché è settore trasversale a tutti i settori industriali, telecomunicazioni, reti, ferrovie, energia”.
Oltre a ciò è importante che il Governo aiuti le medie imprese, anche nelle difficoltà con mondo bancario. “Il problema dell’assicurazione sul credito è molto sentito. Non è pensabile che altri Paesi sostengano alcuni settori in particolare. Perché se in Francia o Germania si attuano certe politiche, ci troviamo davanti a fattori distorsivi della competitività, più gravi della competitività cinese”.

Occorre una precisa volontà politica
Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, nel corso della presentazione dei dati dell’Osservatorio Congiunturale per l’elettronica e l’elettromeccanica, ha sottolineato come “sia difficile avere una bussola per fare previsioni. Per fortuna che la crisi finanziaria è stata arginata per le banche, ma è sicuramente necessario intervenire per ridurre il peso della leva finanziaria che domina i mercati. Anche perché il problema è stato arginato, ma non risolto, perché ad esempio esiste un serio rischio per il mercato degli edge founds. Molto probabilmente il pericolo di default aumenterà, siamo appena all’inizio”.
Un quadro decisamente negativo, ma a cui De Felice contrappone un secco “non credo che avremo la depressione”, nonostante l’analisi della situazione in Usa e nell’area euro. “Gli Stati Uniti sono l’epicentro crisi, a partire da quella del mercato immobiliare. Ma non solo, perché sono diminuiti drasticamente i consumi, di cui un terzo era finanziato dal credito, diminuisce l’occupazione e di conseguenza la ricchezza netta delle persone. Inoltre l’arduo accesso al credito dovuto alla crisi dei mutui rende impossibile una ripresa a breve dei consumi stessi”. Secondo De Felice la situazione in area Euro non si discosta da quella Usa a parte per uno “sforamento di tipo temporale, che fa si che la crisi sia leggermente più indietro”. Nelle conclusioni il Chief Economist di Intesa Sanpaolo individua alcuni spunti di riflessione e speranza. “Si tratta della recessione peggiore dal dopoguerra, quella di più lunga durata e che colpisce in modo più profondo il sistema. È indispensabile che a questo punto si innesti una precisa volontà politica e del sistema bancario per arginare la crisi e rilanciare il mercato, anche perché siamo in presenza di una forte diminuzione dei prezzi delle materie prime. L’uscita da questa fase recessiva dipende anche dai comportamenti delle famiglie e delle imprese: non bisogna mai perdere la fiducia”.

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