Fuga dal presente, fuga dal futuro

Specialisti in fuga da Mosca

Fuga di ucraini da una guerra che sta devastando il loro paese, fuga di russi da un paese che sta devastando la propria economia, la propria ricerca e che sta minando il futuro di un’intera generazione.

Lui si chiama Alexander Zobov ed è uno dei pochi che non ha bisogno di scappare. Lui è il progettista dell’app Rossgram, la versione russa del popolare servizio Instagram di proprietà di Meta, oscurato su tutto il territorio della Federazione russa dopo l’inizio della “special’na voennaja operatsija” di Putin, l’operazione militare speciale di denazificazione e demilitarizzazione del territorio ucraino.
È un’app in funzione per i russi dal 28 di febbraio, raggiungibile naturalmente solo da chi si trovi sul terrirorio russo. Un surrogato di Instagram che garantirà ai cittadini russi di ovviare alle sempre minori opportunità di contatto con il mondo offerte dalla tecnologia occidentale. Qualcosa che ricorda la Quick-Cola di romena memoria del periodo comunista, quando la Coca-Cola, quella vera, era merce introvabile, merce proibita.
C’è poco da scherzare, comunque. In una Russia sempre più stretta dalle sanzioni – che si sentiranno naturalmente in modo parziale finché non verranno estese al petrolio e al gas, vera fonte di reddito della Federazione – i tentativi di ovviare a un sempre più drammatico isolamento, la Russia si trova di fronte a un altro grave problema: la fuga dei cervelli.

L’elettronica in fuga dalla Russia

Proprio ieri è stata la volta della stretta dell’Unione Europea sui beni tecnologici avanzati, computer quantici e semiconduttori avanzati, “aree in cui la Russia è più vulnerabile”, secondo da quanto è stato dichiarato ieri dal presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Un’area tanto vitale da spingere il governo russo, negli ultimi mesi, a esentare i giovani specialisti in questi settori dal servizio militare obbligatorio, elargendo esenzioni sul reddito alle aziende tecnologiche e offrendo agevolazioni di tipo fiscale ed economico.
Eppure l’emorragia è già iniziata. Mentre l’esodo biblico degli Ucraini ha suparato i quattro milioni di unità, tra i 50.000 e i 70.000 lavoratori russi dei settori tecnologici hanno lasciato il paese l’indomani dell’invasione.
I primi che fuggono da un presente inollerabile, i secondi scappano da un futuro da incubo.
Sono questi dati presentati dal Moskow Times il 22 marzo scorso a seguito di una serie di dichiarazioni rilasciate da Sergej Plugotarenko, direttore dell’Associazione russa per le comunicazioni elettroniche (Rossiskaja Associacija Elektronnich Kommunikacij - RAEK) all’agenzia di stampa russa Interfax.
Gli esuli scelgono principalmente stati dell’ex Unione Sovietica: la Georgia, l’Armenia, il Kirghizistan, ma anche la Turchia e gli Emirati. La Russia è preoccupata, perché si aspetta una seconda ondata nel mese di aprile, una cifra consistente compresa fra i 70.000 e i 100.000 specialisti in fuga, in particolare dei settori dell’Information Technology e dell'elettronica avanzata, quelli di cui la Russia ha più bisogno.

Difficoltà per chi se ne va

Eppure la fuga non è così agevole. Il passaporto russo, l’impossibilità di ritirare contanti per il blocco di Visa e Mastercard ai cittadini della Federazione, le recrudescenze da parte dei Paesi occidentali (l’Estonia, ad esempio, ha sospeso le richieste di residenza elettronica a cittadini russi e bielorussi per “prevenire l'evasione delle sanzioni e possibili attività illegali”) creano non pochi problemi a chi decida di lasciare il paese. Sempre poi che ci riesca, visto che le maglie dei controlli statali si sono strette al punto da rendere molto difficile uscire dalla Federazione.
Le testimonianze si sprecano, come per il caso di Leonid Kabanov, specialista IT trentenne fuggito con la fidanzata il giorno dell’invasione, intervistato dall’americana NPR.  “La nostra azienda ha deciso di trasferirci da qualche parte fuori dalla Russia", dice. "Ci hanno detto di acquistare un biglietto, ovunque tu voglia - lo compreremo per te - ma vedi di scappare. E in fretta, ci hanno detto”. Come tanti altri si è reso conto (e la sua azienda con lui) che non sarebbe più riuscito a lavorare nel suo settore, vista la chiusura degli accessi a Internet e per le sanzioni imposte ai cittadini dai Paesi occidentali. L’emorragia di cervelli si sta aggravando dunque, considerando che – secondo i dati OCSE – già il 42,5% globale degli emigrati russi nel mondo possiede un’istruzione superiore.
E gli esuli cercano di aiutarsi l’un l’altro. È il caso – sempre riportato da NPR – di Lev Kalashnikov, un imprenditore tech trentacinquenne con un cognome emblematico per i tempi che corrono. Lui è arrivato a Tbilisi, in Georgia, il 5 di marzo e da quel momento organizza dozzine di canali Telegram per agevolare gli esuli russi nel loro esodo dai confini di uno stato che sta diventando sempre più stretto.
Si diceva che mentre gli ucraini fuggono dai massacri, dalle esecuzioni sommarie e dalle brutalità degli invasori, i russi fuggono da un futuro incerto. Ma cosa pensano veramente gli specialisti che fuggono dalla Russia del loro futuro? "Anche se immaginiamo che Putin possa scomparire in giorno o l’altro" dichiara Leonid Kabanov "in Russia avremo ancora problemi per molto tempo. Il popolo ucraino ci odierà. Tutto il mondo ci odierà. E questo sarà davvero un problema."

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