Editoriale: diplomazia elettronica globale – SdE Gennaio 2023

Diplomazia elettronica globale

Una delle date di maggiore importanza dell’anno appena concluso è stata sicuramente il 6 dicembre, data del viaggio del presidente americano Joe Biden a Phoenix, in Arizona. Un viaggio come tanti, dedicato all’inaugurazione di un impianto industriale. Eppure, l’azienda coinvolta e i personaggi che hanno affiancato il presidente in quell’occasione sono stati di tale peso da far considerare il momento come uno dei più rilevanti del secondo semestre dell’anno, stretto fra i problemi geopolitici nello scacchiere ucraino e le tensioni internazionali nell’area orientale. Ed è proprio quest’ultima la zona su cui si sono avuti i maggiori riflessi del viaggio in Arizona del presidente Biden: l’azienda in questione è infatti la taiwanese TSMC e l’occasione è stata quella dell’inaugurazione dei lavori di costruzione della sua seconda grande fabbrica di produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. I personaggi coinvolti sono stati – oltre alla presidenza americana – l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, e il chairman di TSMC, Mark Liu.

La cifra è imponente (40 mld $) ed è una vera e propria manna per l’Arizona, visto che il progetto di TSMC permetterà la creazione di circa 13.000 nuovi posti di lavoro e consentirà di ovviare almeno in parte a quei problemi di chip shortage che hanno funestato la prima parte del mandato presidenziale. 

Una posizione e una diplomazia fortemente condivise dalle grandi aziende dell’elettronica americana, come Nvidia, AMD e soprattutto Apple, che per voce del suo CEO ha ribadito proprio in quell’occasione l’importanza di continuare a lavorare con l’azienda taiwanese, soprattutto ora che la decisione di gettare radici stabili e durature sul territorio americano è ormai un fatto compiuto.

Ma quello che è interessante di questa manovra, oltre alle ricadute interne, è stata e sarà il riflesso sulle relazioni internazionali nell’area asiatica, in quel crescendo di tensioni geostrategiche che stanno da tempo facendo salire la temperatura nello stretto di Formosa.

Vincolando l’azienda taiwanese, al territorio americano, con produzioni tecnologiche avanzatissime (l’impianto inaugurato da Biden sfornerà semiconduttori con tecnologia produttiva a 3 nm), il governo americano, lasciando a TSMC parte della produzione comunque in patria, si è garantito in un colpo solo la sicurezza degli approvvigionamenti futuri, presentando dall’altra parte una buona scusa per intervenire nell’area dello stretto di Taiwan nel caso in cui i vicini cinesi decidessero di optare per la soluzione più dolorosa alla questione di Taiwan: un’invasione militare che, in queste ore, sembra essere la minaccia più concreta sempre più vicina. 

Una grande vittoria a tavolino per l’amministrazione Biden, dunque. Un semplice, ma sicuramente fondamentale tassello di quell’attività politica complessa che sta modellando la diplomazia futura dello scacchiere orientale. La leva è soprattutto quell’alta tecnologia elettronica non ancora a disposizione della Cina, un paese che – con le sempre più aggressive dimostrazioni di forza – fa capire che le rivendicazioni territoriali vanno al di là della semplice riconquista della provincia ribelle.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome