Architettura a zone per l’auto del futuro

Nuove soluzioni di connettività a bordo del veicolo e la disponibilità di gateway zonali potenti e veloci offrono l’opportunità di progettare vetture configurabili, flessibili, intelligenti e attente all’ambiente

Siamo in una fase storica in cui le automobili vengono re-inventate praticamente da zero” commenta Francesco Sindaco, direttore per le strategie e lo sviluppo del business della linea di prodotti in-vehicle networking di NXP. “La disponibilità di nuovi circuiti integrati e soluzioni microelettroniche permette ai progettisti dei nuovi modelli di dare libero sfogo alla fantasia. Di osare cose in passato impensate. Le vetture non sono più solo uno strumento per andare da un luogo a un altro, ma diventano oggetti capaci di offrire servizi di mobilità avanzata.” Proviamo ad approfondire, con Sindaco il significato di questa affermazione.

Quali sono i macro trend che influenzano il settore?

La prima cosa che viene in mente è la necessità di ridurre al massimo l’impatto sull’ambiente. Che non vuol dire semplicemente pensare di produrre veicoli elettrici. Bisogna tenere conto di tutta la catena della fornitura, fare in modo di ottimizzarne il bilancio energetico complessivo. Di auto elettrica o ibrida si parla ormai da parecchio tempo. Fino ad oggi la vera barriera da superare era (e in parte lo è ancora) la chimica delle batterie e i problemi connessi. La microelettronica giocava un ruolo marginale, anche dal punto di vista dei costi. Molti dei chip montati a bordo erano al servizio del complesso meccanismo di gestione delle batterie e del loro dialogo con gli organi di potenza e trasmissione della vettura. Ormai però non si parla più solo di elettrificazione del motore. Anche le periferiche sono diventate sempre più sofisticate, con un contenuto elevato di elettronica. Questo ha permesso un nuovo approccio concettuale che prevede il passaggio da un’architettura dell’auto che definirei piatta a una struttura basata su diversi domini nei quali la microelettronica gioca un ruolo essenziale.

Cosa intende per struttura a domini?

Quella a domini non è ancora la soluzione finale, ma è certamente un passo intermedio importante. È un’architettura nella quale le macro-funzioni dell’auto vengono accorpate in gruppi omogenei, organizzati in modo logico e rigorosamente gerarchico. I domini di cui sto parlando sono essenzialmente quattro. Il primo è il cosiddetto Drive, che comprende la gestione del motore, della trasmissione, del servosterzo. C’è poi il Body & Comfort che raggruppa per esempio il controllo degli alza-cristalli, dei tergicristalli, dell’automazione dei sedili: insomma, tutto ciò che non ha un impatto diretto e immediato sulla sicurezza ma è fondamentale perché il guidatore si senta a suo agio, al volante. Il terzo dominio è l’Infotainment: informazione e intrattenimento. Per esempio l’autoradio, il navigatore satellitare… Ultimo, ma certo non meno importante, è l’ADAS: i sistemi avanzati di assistenza alla guida, quelli che ci stanno portando verso la guida completamente autonoma. Ogni dominio non è concentrato in una posizione fisica ma ha ramificazioni in tutto il corpo della macchina.

Quali sono le caratteristiche di questi domini?

Hanno caratteristiche ed esigenze diverse, sia come prestazioni che come potenza di calcolo necessaria. Ogni dominio fa capo a un suo specifico controllore. E ogni controllore è diverso dagli altri, perché deve rispondere a richieste particolari. A livello superiore è collocato un macro controllore, un gateway, che comunica con i controllori di dominio, anche se con interazioni relativamente limitate. In questo modo si realizza un’architettura razionale e ordinata, in cui ogni diversa macro-funzione è ben presidiata. Ma ci sono dei problemi risolvere.

Quali?

A livello fisico il sistema non è ottimizzato perché ogni dominio ha il suo network, la sua rete di collegamento che va a toccare molteplici punti della vettura. Queste reti differenti spesso parlano lingue diverse tra loro. Ciò significa, concretamente, che esistono cablaggi sovrapposti che girano per tutta l’automobile e adottano protocolli diversi, creando problemi fisici di peso e spazio. Il tutto è ordinato dal punto di vista logico, ma fisicamente pesante e sovradimensionato.

Qual è il passo successivo?

Una soluzione diversa, che tiene conto di come è fatta l’auto. Si abbandona il concetto di un singolo gateway che parla con i diversi controllori di dominio, e si passa a suddividere l’auto in zone. Spesso si parla di ottanti: otto spicchi fisici. Ciascuno dotato di un gateway che controlla tutte le funzioni di quella zona. Si passa da un sistema con un singolo gateway centrale che dialoga con i controllori di dominio, a uno in cui i gateway si moltiplicano: uno per zona. Ovviamente, in ogni zona sono presenti tutte le funzioni necessarie di Drive, Body & Comfort, Infotainment e ADAS. Ciascuna con i suoi protocolli di comunicazione e con le sue specificità. Ciascuna isolata dalle altre, capace di garantire la qualità di servizio che le è indispensabile. Tutta questa complessità, a livello di singola zona, viene coordinata dal gateway zonale che traduce tutta la pletora di diversi protocolli in un linguaggio comune: l’IP (Internet Protocol). Per esempio, fornendo l’interfaccia e la traduzione necessaria da CAN e Ethernet. Il tutto poi confluisce verso uno o più cervelli centrali.

Cosa significa tutto ciò, dal punto di vista dei chip e dei produttori di semiconduttori?

Ci sono molti dispositivi complessi, differenti potenze di calcolo in gioco e molto software. Nella struttura a domini, il gateway centrale gestisce un traffico relativamente modesto e i controllori di dominio sono specializzati. In quella a zone, i diversi gateway zonali devono essere potenti e veloci per armonizzare tutte le diverse lingue in cui parlano i sistemi che a loro fanno riferimento. Ma non è tutto qui. La mia esperienza mi dice che sta modificandosi profondamente il rapporto tra noi, fornitori di chip, e le società automobilistiche.

In che modo?

Oggi i produttori di auto dialogano molto più direttamente e attivamente con noi, spesso senza l’intermediazione di quelli che in gergo si chiamano Tier 1, cioè le società che progettano e producono sottosistemi elettronici per l’auto. E poi l’hardware ha la tendenza a diventare sempre più standard, mentre è il software che fa davvero la differenza.

Anche l’hardware sembra continuare ad avere la sua importanza. Altrimenti non si spiegherebbero gli investimenti massicci in sensoristica o nelle soluzioni di potenza basate sul carburo di silicio.

Vero. In questa chiacchierata ci siamo concentrati sulla connettività, che è il mio specifico settore di competenza. La connettività e l’architettura sono un tassello fondamentale della strategia per l’automobile, ma non sono l’unico strumento per creare valore aggiunto. Bisogna anche rendere disponibili sensori sempre più intelligenti, componenti di potenza sempre più efficienti… questo è tutto un altro capitolo.

Per terminare, qual è la sua visione dell’auto del futuro?

Stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione. L’automobile, organizzata in un’architettura a zone come quella che abbiamo già descritto, diventa molto più flessibile. Configurabile e aggiornabile. Intelligente e consapevole dell’ambiente che la circonda. Semplice ed efficiente. Tutte caratteristiche rese possibile da nuove soluzioni di connettività e da processori innovativi. I semiconduttori e il software sono la chiave di volta. I produttori di chip hanno la grande responsabilità di fornire concretamente gli elementi per trasformare questo sogno in realtà. Noi di NXP siamo convinti di essere all’avanguardia di questa rivoluzione.

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