Un’assicurazione sulla vita del circuito

In generale, i dispositivi per la protezione dei circuiti elettronici sono componenti opportunamente inseriti in un sistema o su una scheda a circuito stampato che hanno il compito di proteggere i circuiti a valle da una varietà di eventi dannosi o distruttivi. Per descrivere la tipologia dei circuiti di protezione li si suddivide in base al tipo di protezione che possono offrire. In teoria, la protezione è necessaria per due tipi di rischi, le sovracorrenti e le sovratensioni, cioè improvvisi aumenti del valore di queste variabili che raggiungono valori di picco tali da superare abbondantemente il limite massimo tollerabile dal circuito a valle; nell'ambito dei transitori di tensione rientrano anche i fenomeni Esd, ovvero le scariche elettrostatiche, caratterizzate da elevati valori di tensione abbinati però a correnti ridotte, cioè a una basa energia. Inoltre, in molte applicazioni occorre considerare anche la necessità di proteggere il circuito da interferenze elettromagnetiche (Emi) o a radiofrequenza (Rfi). In risposta a questi differenti tipologie di requisiti, le soluzioni sono molteplici: si va dai classici fusibili, ai termistori Ptc o Ntc, a varistori, diodi, tubi a scarica di gas, soppressori polimerici fino a vari tipi di circuiti integrati.

L'importanza della protezione

La varietà di proposte non deve stupire: la protezione è una vera e propria assicurazione sulla vita per i sistemi elettronici e diventa sempre più importante. La sensibilità dei circuiti digitali ai picchi di tensione cresce man mano che aumenta la frequenza di funzionamento e a danneggiare un CI basta un breve transitorio di tensione da soli 2kV, che non viene in pratica neppure avvertito al tocco, mentre la maggior parte delle scariche elettrostatiche raggiungono gli 8 kV e oltre. Si consideri inoltre che la semplice caduta di un fulmine durante un temporale può causare transitori di tensione negli apparati elettronici nel raggio di vari chilometri. In molti casi poi, in particolare per picchi di corrente o fenomeni Esd, la protezione è resa obbligatoria da precise normative internazionali. I dispositivi di protezione sono dunque componenti con un notevole valore aggiunto che, anche se prodotti in alti volumi, hanno ancora prezzi unitari remunerativi per le numerose aziende attive in questo segmento che anzi è stato contrassegnato negli ultimi cinque o sei anni da varie acquisizioni e alleanze. Il mercato complessivo, che viene stimato valere oltre 5 miliardi di dollari è diviso in quote praticamente uguali tra dispositivi per la protezione di corrente e dispositivi per la protezione in tensione; varistori e termistori sono i componenti più venduti, mentre altri prodotti, come i tiristori e i tubi a scarica di gas, più legati ad un singolo settore applicativo (le telecomunicazioni) risentono maggiormente dell'andamento fluttuante del mercato finale.

La protezione da sovracorrenti

La tipica difesa contro questo tipo di rischio è il classico fusibile, che interrompe il circuito in caso di valore troppo alto di corrente in ingresso e che deve poi essere sostituito per ripristinare le condizioni operative. Semplici e poco costosi, i fusibili sono ormai disponibili in moltissime versioni da tutti produttori di dispositivi di protezione (AVX, Bourns, Littelfuse, Murata, Panasonic, Raychem, Vishay, KOA e altri); comunemente utilizzate sono le versioni SMT in chip di dimensioni fino a 0603 e 0402 per correnti fino a 3 A e oltre (Panasonic ERB, Vishay MFU, ecc.) in contenitore ceramico per una maggiore robustezza. Nelle situazioni in cui è necessario l'immediato ripristino dopo una eventuale interruzione del circuito (ad esempio apparati di rete o sistemi di telecomunicazioni), una possibile opzione sono i componenti ad autoripristino PPtc come i Polyswitch di Raychem (divisione di Tyco Electronics). Si tratta sostanzialmente di termistori non lineari cioè dei resistori variabili la cui resisteva cresce al variare della temperatura, realizzati in materiale polimerico (Pptc = Polymeric Positive Temperature Coefficient) e quest'ultima caratteristica è quella che determina la ripristinabilità perché al cessare della sovracorrente scende anche la temperatura del materiale resistivo che si contrae e ritorna al valore di resistenza iniziale.
Ad esempio, il modello LVR con valore nominale 240 Vca, consente tensioni massime fino a 265 Vca ed è disponibile per correnti nominali da 50 a 400 mA. Il dispositivo limita l'afflusso di corrente in caso di corto circuito dal lato del carico, di sovracorrente o di errata tensione in ingresso ma ha la peculiarità di proteggere anche dall'aumento di temperatura se installato in prossimità di componenti che generano calore. Altri tipi di termistori Ptc che replicano lo stesso tipo di funzionamento vengono proposti da Littelfuse, sia in versione Smt che radiale, anche per alte correnti, fino a 30 o 60 Vcc, da Murata con la famiglia Posistor di dispositivi in titanato di bario (BaTiO3), da Vishay e altri. Gli stessi produttori propongono anche termistori Ntc cioè con coefficiente di temperatura negativo, ma questi componenti sono più destinati a circuiti di misura piuttosto che ad applicazioni di protezione. Una ulteriore alternativa potrebbero essere gli interruttori bimetallici, ma sicuramente le soluzioni Pptc hanno il vantaggio di avere tempi di risposta più rapidi e una maggiore affidabilità.

La protezione dalle sovratensioni

Anche per le sovratensioni i fusibili possono essere una soluzione per scollegare un circuito in caso di guasto ma questa potrebbe non essere la strategia preferibile in vari tipi di apparati. I prodotti attualmente più utilizzati sono piuttosto i varistori a ossidi metalli (Mov) e la versione radiale degli stessi componenti (Rov) insieme ai tiristori e ai tubi Gdt.
Mov e Rov sono dispositivi non lineari, la cui resistenza diminuisce all'aumentare della tensione ai capi del dispositivo e sono in genere utilizzati per applicazioni con alte tensioni e alte correnti (ad esempio la protezione dai transitori causati da fulmini) ma loro relativamente bassa velocità di intervento li rende meno adatti alla protezione Esd. I materiali con cui sono realizzati spaziano dal carburo di silicio (SiC), al selenio (Se), ma l'ossido di zinco (ZnO), e quello utilizzato più comunemente (perché permette di realizzare dispostivi con una maggior precisione della soglia di intervento. Un tipico dispositivo è costituito da ossido di zinco (con piccole quantità di altri ossidi metallici come bismuto, cobalto, manganese) in grani compressi tra due superfici metalliche circolari (gli elettrodi a cui sono saldati i reofori di connessione). La superficie di contatto tra ciascun grano e quello adiacente forma un diodo che permette alla corrente di fluire in una sola direzione (giunzione polarizzata in diretta). L'insieme dei grani disposti in modo casuale è equivalente ad una rete di diodi connessi in antiserie. Quando tra gli elettrodi viene applicata una bassa tensione si ottiene una corrente moderata dovuta ai diodi connessi con polarità diretta. Quando si applica una tensione elevata i diodi polarizzati in modo inverso vanno in breakdown (effetto valanga) e la corrente che scorre tra gli elettrodi diventa molto alta. Il varistore viene collegato tra i terminali della linea che si vuole proteggere resta inattivo fino a quando la tensione ai suoi capi resta al di sotto della tensione di bloccaggio. Quando questo valore viene superato, per la presenza di un transitorio di sovratensione, il varistore interviene bloccando il disturbo senza restare danneggiato dal sovraccarico purché si resti nei limiti delle caratteristiche del componente.
Da notare che i varistori Mov (come d'altra parte i semplici diodi Zener) funzionano in effetti come veri e propri limitatori di tensione, ma non intervengono sulla corrente generata dalla sovratensione stessa, cosa che invece fanno, ad esempio, alcuni soppressori di tensione a stato solido che in genere agiscono come veri e propri circuiti di crowbar, limitando cioè la tensione e scaricando a terra la corrente.
Un esempio di dispositivo a stato solido, utilizzato per proteggere da sovratensioni gli apparati di telecomunicazioni sono gli SCR (ovvero, più in generale i tiristori) che sono caratterizzato di alta impedenza e sono quindi trasparenti quando non sono in conduzione. Il tiristore e è costituito da un quadruplo strato di semiconduttori p-n-p-n, con l'anodo collegato allo strato p esterno, il catodo allo strato n opposto ed il gate al p intermedio. La conduzione diretta avviene solamente in seguito all'applicazione di un opportuno segnale di innesco sul gate, segnale che deve superare un valore di corrente minimo dipendente dal tiristore e dalla tensione anodo-catodo di interdizione. La conduzione permane anche alla cessazione del segnale e fino a che la corrente diretta non scende sotto un valore minimo di mantenimento, anche in seguito all'inversione della polarità della tensione.
Tra i produttori di Scr si possono citare tra l'altro International Rectifier, On Semiconductor, Ixys, Raychem (tiristori SiBar) Bourns (la famiglia TSP) e Littelfuse; quest'ultima, ad esempio, offre una serie completa di tiristori a marchio Teccor di protezione contro transitori causati da fulmini e i SIDACtor, disponibili in package TO assiale o Smt e anche in package QFP da 3,3x3,3 mm, particolarmente adatto per proteggere le interfacce Slic e disponibile con diversi livelli di tensione di soglia.

Una reale alternativa

Un tipo di dispositivo che non è a stato solido, ma si comporta praticamente come tale, e che è una reale a alternativa per proteggere linee di trasmissione è lo scaricatore a gas (detto anche Gdt, Gas Discharge Tube) che è in pratica un tubo a vuoto con anodo e catodo metallici ai due capi separati da un gas inerte. Quando la tensione è bassa il gas non conduce, ma quando viene raggiunto il valore di innesco il gas si ionizza e si trasforma in un mezzo a resistenza bassissime permettendo la generazione di un arco elettrico tra gli elettrodi, in pratica cortocircuitando le sovratensioni a massa. Un esempio di dispositivi di questo tipo sono i GreenTube GDT di Littelfuse che pur in ridottissime dimensioni (anche Smd) sopportano correnti fino a 10.000 A con minime capacità (circa 2 pF) e altissima resistenza (fino a 1 Gohm) di non conduzione.
Altro esempio di dispositivi di protezione a stato solido sono invece il Transil e il Trisil, entrambi proposti da STMicroelectronics. In pratica questi circuiti integrati hanno un comportamento simile ad un diodo zener in quanto bloccano la tensione ai suoi capi al valore per cui sono progettati ma con tempi di intervento più rapidi (picosecondi) rispetto ad uno zener. Hanno però un tempo di riapertura, dopo che il transitorio di sovratensione è trascorso, maggiore. Il Transil è disponibile anche in versione bidirezionale per circuiti dove è presente una tensione alternata (il componente è costituito da due Transil connessi in serie ma con polarità opposta). Il Trisil è simile al Transil, ma si differenzia perché in presenza di una tensione superiore al valore di soglia, va in cortocircuito e vi rimane fino a quando la tensione applicata ad esso non viene rimossa. A monte del Trisil andrebbe quindi previsto un dispositivo che limiti la corrente (fusibile, Ptc, ecc.) per non determinare la distruzione del Trisil e non generare pericolose sovracorrenti. A parità di dimensioni il Trisil può sopportare delle potenze di disturbo e quindi delle correnti maggiori del Transil in quanto, quando interviene, la tensione ai suoi capi si riduce a circa un volt. Rispetto ad un varistore, un Transil offre il vantaggio della possibile bidirezionalità e inoltre ha una minore corrente di dispersione e una maggiore rapidità di intervento, ma soprattutto non presenta fenomeni di deterioramento da invecchiamento; infatti nei varistori in caso di interventi ripetuti, la tensione di bloccaggio tende a peggiorare nel tempo. Prodotti analoghi concettualmente a Transil e Trisil sono proposti anche da Bourns, Vishay e altri.

La protezione Esd

La specificità della protezione Esd consiste nel fatto che si deve annullare gli effetti sui circuiti a valle di transitori di tensione di elevata intensità ma con tempi di salita e discesa molto rapidi, cioè di breve durata e che quindi coinvolgono una potenza abbastanza limitata. In questi casi la scelta cade solitamente su dispositivi di protezione come diodi zener, diodi Tvs, diodi Schottky, varistori multistrato (MLV) o anche semplici condensatori ceramici. I limitatori di corrente non sono efficaci per questo tipo di problemi, proprio a causa delle basse correnti coinvolte, così come non sono adatti i dispositivi con alta impedenza; La scelta tra le varie soluzioni deve tener conto del valore di tensione a cui si vuole limitare gli eventuali picchi, della rapidità dei fronti di salita delle sovratensioni e anche di fattori strettamente connessi alla tipologia dell'apparato da proteggere, spesso di ridotte dimensioni, in tecnologia Smt ecc.
I varistori multistrato sono progettati per la soppressione di transitori di vario tipo, inclusi i disturbi Emi. Sono caratterizzati da un tensione di funzionamento che varia in un intervallo piuttosto ampio e hanno una alta capacità che li mette in grado di filtrare le interferenze elettromagnetiche, per cui possono spesso sostituire efficacemente i vari tipi di diodi soppressori, specie quando i fattori di scelta sono le dimensioni o il costo unitario. Varistori multistrato vengono offerti da AVX (le famiglie TransGuard e StaticGuard), Littelfuse (famiglie MLE, MHS, MLN ecc.) e altri.

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