Arriva in un momento delicato per l'intero comparto industriale la notizia della nomina a Presidente dell'Associazione componenti elettronici di Confindustria Anie di Gabriella Meroni, persona di grande esperienza, ben conosciuta nel settore dei circuiti stampati. Il nuovo presidente dell'associazione è infatti direttore amministrativo e finanziario di Omr Italia Spa, azienda di famiglia che opera da anni nella produzione di pcb. Un incontro con Gabriella Meroni è stato dunque inevitabile sia per il momento non dei più facili in cui vive il comparto elettronico nella sua globalità, sia soprattutto per la “vicinanza” di interessi che la lega alla nostra testata. Ne emerso un quadro interessante in cui la prima impressione che ne consegue è di grande forza e solida determinazione.
A causa della crisi, il comparto dei componenti elettronici sta attraversando un passaggio difficile. Com'è assumere proprio in un momento delicato come questo la presidenza dell'Associazione Componenti Elettronici di Anie? Cosa porterà delle sue esperienze passate nel nuovo incarico?
È certamente un impegno importante in uno dei tanti momenti difficili degli ultimi anni. Cercherò di mettere a disposizione di Anie l'esperienza maturata nel corso di questo periodo di lavoro in OMR. Si tratta di un'azienda con una grande propensione all'export (OMR esporta circa il 98% del suo fatturato) e quindi posso dire di avere una buona conoscenza dei mercati internazionali. Il concetto sul quale mi piace comunque insistere è soprattutto quello della necessità, per le piccole e medie imprese, di fare sistema. È l'unico modo di sfidare il mercato globale e le crisi che siamo costretti ad affrontare sempre più spesso vista la frequenza sempre più elevata dei cicli economici. Un altro aspetto strategico è legato alla propensione all'investimento dell'azienda. Bisogna investire in ricerca e sviluppo e in nuovi macchinari per essere sempre più innovativi e competitivi.
Nello specifico, quali sono attualmente le maggiori problematiche che il comparto dei componenti elettronici vive in Italia?
Il settore dell'elettronica, in Italia come in Europa, soffre da ormai oltre un decennio di una crisi strutturale avviata dopo la bolla speculativa delle telecomunicazioni di fine anni novanta. Da allora moltissime realtà industriali, si pensi per esempio alle aziende italiane e straniere che producevano in Italia apparati per telecomunicazioni, computer ed elettronica di consumo, si sono ridimensionate o hanno dismesso la produzione. Questo processo di deindustrializzazione di alcuni settori tecnologici ha ovviamente avuto una ricaduta sui produttori di componenti elettronici, venendo a mancare una parte consistente della domanda interna. Nel frattempo si è fatta più forte la concorrenza del Far-East e quindi anche nei settori, dove la domanda interna sarebbe ancora interessante, come ad esempio l'automotive o recentemente, il fotovoltaico, si fatica a vendere poiché prevale la logica del ribasso dei prezzi fine a se stessa e, soprattutto, non vi sono adeguate misure per proteggere la fornitura locale, anzi si introducono regole sempre più stringenti: si pensi alle normative ambientali, senza però assicurarsi che vengano rispettate anche da chi non produce localmente. A questo si aggiungono le crisi recenti, quella di natura finanziaria del 2009 e quella attuale, più legata ai consumi interni.
È quindi sempre più “avventuroso” produrre in Italia poiché anche le condizioni al contorno sono difficili, a partire dal regime fiscale, per arrivare al costo dell'energia e del lavoro. Il nostro Paese non è assolutamente accogliente per l'imprenditore che voglia investire in una produzione locale così com'è poco accogliente per il giovane e brillante ricercatore che porterebbe l'innovazione ed è invece costretto a esportarla.
Costi dell'energia, fuga dei cervelli, assoluta mancanza di una difesa della fornitura locale: sono solo alcuni dei limiti da lei citati del sistema Italia. Secondo la sua opinione, come potrebbero essere effettivamente superati? Quali provvedimenti potrebbe o dovrebbe prendere il Governo per sostenere il settore?
Innanzi tutto vedo il problema su scala europea e non solo italiana. È ovvio che non si possono e vogliono erigere barriere all'ingresso come si faceva un tempo, ma è altrettanto evidente che se non si interviene a livello comunitario, chi si approvvigiona di componenti sarà “costretto” a farlo solo al di fuori dell'Europa. Questo è poco conveniente per tutti. Si possono comunque fare delle attività anche locali, per esempio nella nuova strategia energetica nazionale (SEN) uno degli obiettivi principali è la riduzione del costo dell'energia: cioè tagliare in modo sensibile la nostra dipendenza energetica dall'estero e puntare sulle rinnovabili, sul gas e sulla riqualificazione degli impianti nazionali. È importante che le aziende produttrici di componenti elettronici facciano sistema mettendo a fattor comune le competenze, magari con il sostegno del mondo creditizio per le attività di ricerca e di sviluppo, una soluzione per diventare più competitivi e ridurre il gap di costi che ci divide dalla Cina. Dobbiamo poi comunicare a chi ci governa l'importanza del ruolo strategico delle tecnologie pervasive dell'elettronica per l'Europa. Lo scopo è quello di adottare misure incentivanti nei Paesi europei per l'impiego di componentistica prodotta localmente. Per questo stiamo pensando di trovare alleanze nelle altre associazioni europee che si occupano di elettronica e di portare a quel livello la discussione incontrando anche i responsabili in seno alla Commissione.
Per quanto riguarda la domanda di componenti, quali sono i settori che più stanno tenendo? E, se ci sono, quali sono quelli in cui la crisi si riflette più negativamente? Lei viene dal mondo dei circuiti stampati. Qual è lo stato di salute di questo settore nel nostro Paese?
La domanda nazionale è in netto calo per tutti i settori. Come dicevo ciò che ci permette di sopravvivere è l'export diretto o indiretto che sia. Uno dei comparti più significativi in termini di volume di fatturato è quello dei semiconduttori che dopo due anni di crescita abbastanza sostenuta è nuovamente in difficoltà in Italia: nel 2012 chiuderà abbastanza negativamente con un calo sul 2011 intorno al 20%. Anche la componentistica passiva sta vivendo un anno complicato e nei circuiti stampati, ormai in Italia la penetrazione dell'import è la maggiore d'Europa; vendere qui, per le poche imprese rimaste a produrre localmente, è diventato quasi impossibile. Sono poche le aziende di questo tipo in Italia, ne ricordo al massimo cinque, per il resto si tratta di importatori. È sopravvissuto chi ha investito sull'innovazione e ha puntato molto sui mercati esteri internazionalizzando l'azienda.
Il 2013 è alle porte. Cosa si deve attendere il comparto dei componenti elettronici dal nuovo anno? Si comincerà a intravedere la famosa luce in fondo al tunnel o sarà un altro anno di passione?
Attenendosi alle principali analisi macroeconomiche il 2013 sarà un anno flat rispetto al 2012. Probabilmente anche per i componenti elettronici è prevedibile un andamento simile, anche se alcuni forecast parlano di un buon recupero, per esempio, nel mondo dei semiconduttori. Queste previsioni sono però su scala mondiale e per l'Italia restano valide tutte le considerazioni appena fatte circa la mancanza di un corretto approccio industriale di sistema che mi rendono meno ottimista. Con Anie-Componenti Elettronici lavoreremo per creare dei presupposti migliori nel nostro Paese per la ripartenza del settore, sia per quanto riguarda i temi già espressi sia nella ricerca di nuovi stimoli alla domanda nazionale. Penso in particolare al fenomeno della smart community, reti, città e fabbriche intelligenti dove le tecnologie elettroniche svolgono un ruolo primario. Su questi temi l'associazione è molto attiva e continuerà a operare affinché vi siano presto delle ricadute positive anche sul sistema delle imprese dei fornitori di componenti elettronici.