Quando l’efficienza fa la differenza

I progettisti di sistemi motore sono sommersi da specifiche dedicate, standard di sicurezza e normative sui consumi energetici. L'aumento dei costi dell'energia e la crescente enfasi posta sulla riduzione dei consumi sono aspetti ormai predominanti, facendo del termine efficienza la parola d'ordine di oggi. Come molti altri parametri prestazionali, l'efficienza è una questione complessa legata a filo doppio alla prospettiva dalla quale si analizza il problema. Troppo spesso progettisti e legislatori si dibattono nell'incertezza su come interpretare la miriade di dichiarazioni di efficienza dei vari componenti di un dato sistema. Una brochure riguardante un motore può riportare un'efficienza dell'85%, la scheda prodotto della trasmissione può indicare un valore del 90%, e il controllo motore può riportare una "efficienza elevata". Tutte queste indicazioni di efficienza tipicamente sono indicative della modalità di funzionamento in condizioni ideali, che non rispecchiano necessariamente l'utilizzo effettivo di ciascun componente nell'applicazione di destinazione.

L’efficienza di un motore
Per ogni dato motore e schema di modulazione, l'efficienza operativa è funzione della tensione fornita, della velocità di rotazione, della coppia di carico e della temperatura. Poiché le specifiche di efficienza saranno valide solamente per una data combinazione di questi parametri, il progettista può essere costretto a richiedere al produttore del motore ulteriori dati sull'efficienza applicabili alle condizioni operative richieste. Nelle applicazioni a velocità variabile, l'efficienza del motore cambierà in relazione alle modalità operative. Regole simili si applicano anche alle altre componenti meccaniche associate al motore nell'ambito di un sistema (cinghie di trasmissione, pulegge, trasmissioni, ecc.).
L'efficienza di un motore AC è dettata principalmente dalle perdite del nucleo, dalle perdite nel rame di rotore, dalle perdite nel rame di statore e dalle perdite da resistenza aerodinamica/attrito. Le perdite del nucleo sono provocate dalle correnti parassite indotte e dagli effetti dell'isteresi nello statore e nel rotore in ferro del motore. Poiché le perdite nel rame di rotore e statore sono generate dalla resistenza elettrica del rame secondo la formula Ploss = I2 * R, incrementando le dimensioni della barra in rame del rotore e il diametro dei cavi dello statore è possibile ridurre le perdite nel rame. Le perdite del nucleo possono essere mitigate utilizzando acciai laminati di qualità più elevata e ricorrendo a variazioni dimensionali in modo tale da diminuire la densità di flusso. Incrementando la quantità di rame aumentano però i costi e si riduce il numero di spire dell'avvolgimento nello statore. Il motore opera nella maniera più efficiente quando le perdite del nucleo e le perdite nel rame si equivalgono. Ciò avviene tipicamente tra il 75% e il 90% del carico nominale del motore. Alcune topologie di motori sono meno soggette a perdite di altre.
Per esempio, i motori DC senza spazzole (brushless) non risentono di perdite nel rame di rotore in quanto quest'ultimo è basato su magneti permanenti. I motori commutati o a riluttanza variabile rappresentano un'altra tipologia di motore caratterizzata da un'efficienza elevata, derivante in parte dall'assenza di perdite nel rame di rotore, in quanto non viene passata corrente attraverso di esso.

L’efficienza del controllo
Nonostante l'elettronica di controllo con algoritmi avanzati consenta di accrescere considerevolmente l'efficienza di un motore generando forme ottimali dell'onda di alimentazione, i progettisti devono sempre tenere presente che anche il controllo motore incide in una certa misura sulle problematiche legate all'efficienza. L'efficienza del controllo è determinata da diversi fattori, tra cui perdite del circuito di soft-start, perdite nel raddrizzamento, perdite di conduzione e commutazione nel power bridge e perdite nella correzione del fattore di potenza. I circuiti soft-start attivi presentano perdite significative soltanto per un secondo circa dopo che è stata applicata corrente al drive. Dopo quel momento, tipicamente le perdite V*I sono minori in quanto la potenza è shuntata attraverso lo switch attivo attorno al limitatore di corrente del circuito soft-start. In genere i controlli di potenza frazionali sono in grado di utilizzare un relay per ridurre virtualmente a zero le perdite prolungate caratteristiche del circuito di soft-start. Le perdite nel raddrizzamento sono responsabili di una porzione significativa del riscaldamento di un drive. Queste perdite V*I derivano dalla corrente che dalla linea AC passa attraverso una coppia di diodi all'interno di un circuito full bridge per caricare il link DC, il quale fornisce potenza al motore e al controllo. Poiché un tipico raddrizzatore bridge presenta un parametro Vf pari a 1V, le perdite su un controllo motore da 1kW possono raggiungere facilmente i 15W. Per ridurre tali perdite sono disponibili costosi raddrizzatori caratterizzati da valori Vf inferiori. Per controlli motore AC a induzione e DC di tipo brushless, il power bridge tipicamente incorpora un bridge trifase contenente sei diodi e altrettanti Mosfet/Igbt. Le perdite nel power bridge consistono in perdite di conduzione e perdite di commutazione. Nei drive basati su Mosfet le perdite di conduzione vengono calcolate tramite la formula I2*Rds(on), mentre nei drive basati su Igbt la formula utilizzata è I*Vce(sat). Le perdite di commutazione nel power bridge dipendono dallo schema di modulazione e sono proporzionali alla frequenza di commutazione. Le perdite di conduzione e commutazione possono essere ottimizzate attraverso la scelta accurata dei Mosfet, degli Igbt e dei relativi diodi di recupero, oltre che riducendo la frequenza di commutazione.

L’efficienza di assorbimento
Ultimo aspetto, anche se non certo per importanza, è l'efficienza con la quale la corrente viene assorbita dalla linea AC, ovvero il fattore di potenza PF (Power Factor). Quando un sistema assorbe corrente dalla linea AC, parte di essa viene utilizzata per altre operazioni (ad esempio, alimentare la circuiteria di controllo, pilotare un motore, ecc.). La potenza associata a tale corrente viene indicata come potenza reale. Le componenti induttive e capacitive lineari all'interno del sistema possono produrre correnti circolanti ripetitive che fluiscono da e verso la linea AC. La potenza associata a questo tipo di correnti viene indicata come potenza reattiva. I circuiti non lineari nel drive del motore, inoltre, possono provocare distorsioni armoniche nella corrente di alimentazione. Il raddrizzatore che supporta il link DC del controllo motore è un esempio perfetto di tale fenomeno. La potenza reattiva e le correnti armoniche richiedono che l'alimentazione AC sia in grado di fornire una potenza superiore a quella effettivamente utilizzata dal sistema. Questa superiore capacità richiesta è indicata come potenza apparente. Il parametro PF indica il rapporto tra potenza reale e potenza apparente ed è compreso tra 0 e 1. Questo parametro indica l'efficacia con la quale il sistema utilizza la potenza fornitagli. Un valore PF uguale a 1 è l'ideale, in quanto sta a indicare che il sistema assorbe corrente dalla linea AC nella maniera più efficiente. Un valore PF di 0,65 comporta una potenza apparente pari a 1,5 volte circa la potenza reale dell'applicazione, con maggiori costi conseguenti in quanto le aziende elettriche addebitano la corrente consumata in chilowattora (kWh). Questa è la ragione in base alla quale le utility generalmente addebitano un sovrapprezzo ai clienti industriali che vantano un basso valore PF.

La correzione del fattore di potenza
La correzione del valore di potenza (Pfc) è il termine utilizzato per descrivere le varie tecniche impiegate per migliorare il fattore PF di un sistema. Nonostante siano disponibili diverse topologie Pfc, la tecnica boost-Pfc è probabilmente quella più diffusamente utilizzata nei controlli motore. I convertitori boost-Pfc vengono preferiti per la loro facilità d'implementazione, la convenienza e le capacità di innalzare la tensione. I circuiti boost-Pfc permettono ai drive di supportare facilmente un'ampia gamma di tensioni di entrata (100-250VAC) e di correggere le situazioni di bassa tensione. In una configurazione boost-Pfc, il link DC avrà tipicamente un valore di 370-400VDC. L'aggiunta di un circuito Pfc a un drive comporta anche altri vantaggi. Il principale beneficio consiste nel miglioramento del valore PF, che generalmente sale fino a 0,95 o a livelli superiori. Anche considerato singolarmente si tratta di uno dei miglioramenti più cospicui dell'efficienza di un sistema. Un altro vantaggio è costituito dalla minore capacità richiesta al link DC a causa dell'energia trasferita dall'induttore del circuito Pfc al condensatore alla frequenza di commutazione del circuito Pfc (> 20kHz nominali) anziché alla frequenza tipica di 100-120Hz della corrente raddrizzata. Condensatori più piccoli portano a vantaggi superiori! Le perdite nel circuito Pfc derivano da tutta una serie di fattori, tra cui le perdite di conduzione e di recupero del diodo, le perdite di conduzione e commutazione del Mosfet e le perdite dell'induttore. Questi fattori possono essere ridotti al minimo selezionando un diodo fast appropriato, scegliendo un Mosfet a bassa RDS(ON) e utilizzando un induttore di alta qualità.
La perdita tipica di un circuito Pfc nel caso di un motore da 1kW è attorno al 5%. Un'altra alternativa è offerta da una configurazione del circuito Pfc nella quale due Mosfet Pfc sostituiscono altrettanti diodi raddrizzatori, diminuendo le perdite di raddrizzamento in considerazione del valore RDS(ON) del Mosfet più basso rispetto al valore Vf del raddrizzatore bridge. In conclusione, da quanto esposto dovrebbe risultare chiaro come l'efficienza di sistema sia l'unico parametro significativo per i progettisti di sistemi motore. Bisogna tenere conto infatti che il motore medio consuma nell'arco della sua vita utile una quantità di elettricità che arriva fino a 75 volte il costo di acquisto del motore stesso. Per fortuna, oggi i produttori di semiconduttori hanno reso notevolmente più semplice risolvere molti dei problemi di efficienza visti sinora. Per esempio, Fairchild Semiconductor offre una linea integrata di dispositivi SPM (Smart Power Module) per applicazioni Pfc e di controllo motore. Tali moduli incorporano gate driver, Mosfet/Igbt, diodi e altre componenti di supporto in un package dalle dimensioni contenute, abbreviando il time-to-market.

Un esempio pratico di applicazione
Armati di una nuova consapevolezza nei confronti dell'efficienza di sistema, ora possiamo addentrarci nella disamina di un'applicazione pratica, nella circostanza un sistema di ventilazione per stalle. Nell'edificio è installato un sistema comprendente 60 ventole, ognuna delle quali utilizza una pala da 1,3 metri circa. Ogni ventola muove 793 metri cubi d'aria al minuto. Per azionare la pala sono richiesti approssimativamente 2kW all'albero alla velocità richiesta di 780Rpm. Nell'applicazione pratica le ventole funzionano fino a 8.500 ore all'anno. Tradizionalmente, in questo tipo di applicazione viene utilizzato un motore/starter trifase a induzione da 2,5kW collegato tramite un relay alla linea di alimentazione, un sistema caratterizzato da un'efficienza dell'80% circa e da un valore PF pari a 0,88 nelle condizioni tipiche di carico. Poiché la velocità nominale di questo tipo di motori si aggira sui 1.750 Rpm, viene impiegato un sistema a cinghia e puleggia per ridurre i giri al livello richiesto dalle ventole. In questo tipo di sistema il complesso cinghia-puleggia ha un'efficienza attorno all'85%, richiedendo una potenza effettiva all'albero motore di 2,35kW per poter soddisfare i requisiti di carico. La mediocre efficienza del motore impone l'erogazione di 2,94 kW. Il fattore di potenza PF, invero modesto, costringe l'azienda elettrica a fornire fino a 3,34 kW di corrente. Al di sotto della soglia rappresentata dal valore PF di 0,9, l'azienda elettrica calcola l'addebito relativo in chilowattora secondo la formula 0,75%/(0,9-PF)*utilizzo. Il risultato è un consumo annuo di 8500h*2,94kW*101,5%Pfc = 25.365 kWh per ciascuna ventola.

La soluzione proposta
La soluzione proposta prevede invece l'uso di un motore brushless da 2kW di potenza con un'efficienza del 92% a 780 Rpm. Il controllo motore richiesto avrà in questo caso un'efficienza del 97% con un valore PF prossimo a 0,95 all'interno di un'ampia gamma di velocità e carichi. Poiché in questo caso la ventola può essere collegata direttamente all'albero motore senza bisogno di un riduttore, non si producono perdite meccaniche esterne al motore eccetto quelle associate alla pala della ventola. In questo caso al controllo motore è richiesta una potenza di 2,17 kW.
Le perdite nei circuiti Pfc e power bridge del controllo richiedono alla linea elettrica una potenza di 2,38 kW. Il valore PF più elevato non comporta l'addebito di costi extra da parte dell'azienda elettrica, pertanto il consumo annuo per ventola è pari a 8500h*2,38 kW = 20.230 kWh. Confrontando le due soluzioni, risulta evidente come la seconda assicuri un risparmio energetico annuo di ben 5.135 kWh per ciascuna ventola, equivalenti a 24.648 dollari all'anno, ovvero a un risparmio del 20% circa. Il controllo motore avanzato che caratterizza la soluzione proposta offre inoltre altri vantaggi impossibili da ottenere attraverso l'approccio convenzionale, tra cui la possibilità di variare la velocità, il sistema integrato di diagnosi e monitoraggio dei guasti, cui si aggiungono benefici a livello ambientale quali la bassa rumorosità in situazioni di carico leggero. Il ritorno sull'investimento nell'upgrade di sistemi di questo tipo è generalmente realizzato in un tempo inferiore a due anni. Con il costante aumento dei prezzi dell'energia, la tendenza vertente sull'implementazione di soluzioni ad alta efficienza energetica dal punto di vista sistemico è destinata dunque a prendere sempre più piede.

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