L’editoriale di Giugno 2010

Ormai nessuno degli esperti ha dubbi. Il 2010 sarà un anno da ricordare per il mercato della microelettronica. L'aumento globale del fatturato delle aziende del settore dovrebbe collocarsi tra il 25% e il 30% e superare il traguardo psicologico dei 300 miliardi di dollari. L'ultima volta che il mondo dei chip aveva vissuto un momento così euforico è l'ormai lontano 2000. Ma allora l'economia era drogata dall'improvvisa crescita esponenziale di Internet, con tutti gli annessi e connessi. Una bolla speculativa che poi scoppiò, lasciando sul campo morti e feriti.

Oggi la situazione è molto più solida. I produttori hanno approfittato della crisi per ristrutturarsi, ridurre i costi, consolidare la struttura finanziaria, alleggerire il portafoglio di prodotti da un sacco di cose inutili. E il mercato sta aumentando velocemente, trainato da applicazioni di grande successo. Laptop e netbook, telefoni intelligenti e ricchi di funzioni, televisori a schermo piatto e decoder di vario tipo sono tra i prodotti di elettronica di consumo che stanno spingendo il mercato della microelettronica.

Si stanno aprendo anche nuovi mercati: sistemi per il risparmio energetico intelligente, applicazioni nel settore della salute e del wellness, soluzioni avanzate per l'automazione industriale e di fabbrica. Insomma, l'elettronica ha ripreso nuova vita. È pur vero che è facile crescere dopo un anno disastroso come il 2009. Ma il settore aumenta in modo robusto anche rispetto al 2008. Secondo iSuppli, una delle società di previsioni di mercato più ascoltate e più affidabili, il volume d'affari delle aziende di semiconduttori dovrebbe aumentare in modo consistente (+15,4%) anche se raffrontato ai numeri del 2008.

Un unico neo, in questo orizzonte positivo. La ripresa ha colto molti di sorpresa: soprattutto i produttori che non sono sufficientemente attrezzati per rispondere alla domanda. Così in questi giorni si fa fatica a trovare sul mercato i dispositivi che servono. E qualche produttore di sistemi elettronici ha le linee ferme. Qualche giorno fa un industriale biellese del tessile mi confessava che non può consegnare i suoi macchinari perché gli mancano i chip per l'attuazione di potenza.

I grandi produttori (quelli che hanno fatto la corsa a disfarsi delle fabbriche di silicio perché troppo costose e poco remunerative) hanno il fiato corto e stanno riaprendo i cordoni della borsa, per investire in strutture manifatturiere. Samsung, per esempio, sta per mettere sul tavolo 18 miliardi di dollari (avete letto bene: 18 miliardi!!!). Nel frattempo le fonderie, le società che producono in subappalto per conto dei grandi nomi, si stanno fregando le mani per la soddisfazione. Il loro fatturato, quest'anno, aumenterà del 40% secondo le valutazioni di iSuppli. Una situazione molto pericolosa. Le fonderie sono poche, molto poche, e quasi tutte in estremo oriente. Rappresentano una quota fondamentale della produzione microelettronica mondiale. Siamo proprio sicuri che sia giusto lasciare in mano a uno sparuto gruppetto di società taiwanesi le chiavi dello sviluppo di un settore strategico come la microelettronica?

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