L’editoriale di Aprile 2010

La crisi del 2009 ha lasciato il segno. Un segno, però, che in pochi si aspettavano: i produttori di semiconduttori hanno chiuso il quarto trimestre del 2009 con profitti record. Secondo iSuppli, dopo i deludenti risultati economici del primo trimestre in media i fabbricanti di chip hanno fatto registrare un utile operativo del 21,4% negli ultimi tre mesi dell'anno. Un valore superato solo nell'ormai lontano 2000, quando si arrivò addirittura al 24,7%.

I motivi sono molti. Innanzitutto la ripresa, a livello mondiale, è stata brusca e molto più repentina del previsto con crescite percentuali che sono balzate subito a due cifre. Soprattutto, però, i produttori hanno effettuato energiche azioni di razionalizzazione della propria struttura dei costi. E hanno ridotto (in alcuni casi addirittura azzerato) gli investimenti in macchine e stabilimenti per la produzione. Questo è, forse, positivo per i conti economici dei semiconduttorari ma lo è un po' meno per il mercato. Lo si vede in questi giorni: si stanno allungando i tempi di consegna di alcuni componenti, c'è scarsità di materiale e i prezzi di alcune famiglie di circuiti integrati iniziano ad aumentare. Le fabbriche di silicio, drasticamente ridimensionate nei periodi di vacche magre, faticano a riprendere a marciare a pieno regime o, addirittura, si rivelano insufficienti a tenere il ritmo richiesto dal mercato. L'offerta di componenti non riesce, in alcuni casi, a rispondere adeguatamente alla domanda.

Diventano sempre più importanti le cosiddette “fonderie”: società alle quali i grandi marchi della microelettronica mondiale subappaltano la loro produzione. Di fonderie di buon livello al mondo ce ne sono molto poche: meno delle dita di una mano. Tre o quattro società attraverso le quali passa una quota molto importante della produzione mondiale di chip. Per farla breve e chiudere il ragionamento: i fabbricanti di chip hanno fatto pulizia in casa, ridotto la struttura di costi e snellito le fabbriche ottenendo profitti da record. Per raggiungere l'obiettivo, però, hanno consegnato il mercato mondiale della microelettronica (per buona parte) nelle mani di pochi produttori taiwanesi. Forse la semplificazione che ho appena fatto è eccessiva… ma non troppo. E poi non tutti si sono comportati così. Qualcuno ha aggiustato i costi in modo ragionato focalizzando la propria attività su settori a valore aggiunto, su segmenti specifici di mercato ad alta crescita, tenendo in casa e strettamente sotto controllo la fabbricazione di tecnologie strategiche e delegando ai soliti taiwanesi solo le linee più semplici e di minore importanza.

Ora però la ripresa obbligherà i produttori a investire ancora in risorse manifatturiere. Lo faranno? Se continuassero a essere troppo parsimoniosi correrebbero il rischio di perdere il controllo della tecnologia e mettere un freno all'innovazione.

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