La video rivoluzione

Con l’imminente spegnimento degli ultimi trasmettitori televisivi analogici, il processo di digitalizzazione di tutte le applicazioni video potrà dirsi sostanzialmente completato. Più che di un traguardo si tratta di un giro di boa, l’inizio di una nuova evoluzione verso scenari che oggi è difficile immaginare. È però possibile fare il punto della situazione, esaminare gli ultimi sviluppi, passare in rassegna le soluzioni disponibili e i problemi aperti.

La nuova televisione
Sembra ragionevole iniziare questa ricognizione dalla televisione, la prima e la più importante tra le applicazioni elettroniche riguardanti le immagini in movimento. Le tecnologie televisive stanno vivendo una trasformazione radicale, o forse si dovrebbe parlare di tre trasformazioni parallele strettamente legate tra loro: non solo il già citato passaggio dalla trasmissione analogica alla trasmissione digitale, ma anche l’affermazione di un nuovo standard di qualità dell’immagine e l’adozione di nuove tecnologie di visualizzazione. Si tratta di cambiamenti che sono sotto gli occhi di tutti, ma che tuttavia meritano di essere sottolineati perché stravolgono totalmente un settore che era pressoché fermo da mezzo secolo. Se si esclude l’introduzione del colore, infatti, dagli anni cinquanta in poi la televisione analogica è rimasta sempre uguale: invariata la risoluzione, invariato il formato dell’immagine, invariata la tecnologia di visualizzazione (il tubo catodico). Oggi (di colpo, si potrebbe dire, almeno in relazione a decenni di immobilità) il segnale televisivo diventa digitale, il tubo catodico esce di scena in modo definitivo (rimpiazzato dai display Lcd o al plasma), il formato dell’immagine passa da 4:3 a 16:9 e la risoluzione sale da 625 a 1080 righe. Più che di una trasformazione si dovrebbe parlare forse di una rivoluzione. Com’è noto, attualmente solo una parte dei programmi televisivi impiega il nuovo formato o il nuovo livello di risoluzione (la flessibilità tipica delle tecnologie digitali rende possibile un passaggio graduale, una convivenza tra vecchio e nuovo), ma tuttavia è evidente che la cosiddetta “alta definizione” non è altro che il nuovo standard di qualità dell’immagine. In altri termini, è nata una nuova televisione in formato 16:9 a 1080 righe. È facile prevedere che ben presto questi parametri rappresenteranno la norma. Parallelamente alla nuova televisione è nato il nuovo televisore, un terminale totalmente digitale comandato tramite menù e dotato di porte digitali. L’ingombrante connettore Scart si accinge finalmente ad andare in pensione, sostituito dalla porta Hdmi. Nel frattempo la filiera di distribuzione dei contenuti video off-line si sta attrezzando a sfruttare le 1080 righe dei nuovi display tramite i dischi Blu-ray. La trasformazione del mezzo televisivo è importante non solo in se stessa, ma anche per il suo prevedibile impatto su tutte le altre applicazioni video. Ad esempio, anche nella videosorveglianza si parla già di telecamere ad alta definizione.

Stato dell’arte della “convergenza”
Una ricognizione delle attuali tecnologie consente di fare il punto anche sulla cosiddetta “convergenza” tra computer e Tv, concetto di cui si parla da una ventina d’anni. Nonostante la completa digitalizzazione dei contenuti video, attualmente i due apparecchi rimangono del tutto distinti. A dividerli è soprattutto la differenza tra le loro funzioni prevalenti e tra le rispettive condizioni d’impiego: il computer è uno strumento interattivo collocato su una scrivania, il televisore è un mezzo di infointrattenimento piazzato di fronte a un divano. Sembra improbabile che questo stato di cose possa cambiare. Oggi l’aspetto più interessante della “convergenza” è rappresentato probabilmente dalla nascita di una nuova categoria di prodotti consumer: i player multimediali. Si tratta, com’è noto, di piccoli apparecchi che consentono di visualizzare sullo schermo del televisore i file video contenuti in un disco rigido - compresi quelli in formati tipici del mondo Pc, come Windows Media Video. I contenuti scaricati da Internet possono essere salvati su un disco esterno e quest’ultimo può successivamente essere staccato dal Pc e connesso al televisore, per mezzo del player multimediale. Se collegato tramite la porta Hdmi, l’apparecchio consente di visualizzare anche immagini a 1080 righe Avere un disco rigido vicino alla Tv, insieme al lettore Dvd e al ricevitore satellitare, è un bell’esempio di “convergenza” alla portata di tutti i consumatori. Tra le società che fabbricano prodotti di questo tipo sono comprese Emtec e Western Digital, che impiegano rispettivamente chip di Realtek e di Sigma Designs. Un aspetto che rimane da chiarire relativamente ai futuri rapporti tra il computer e la nuova Tv digitale è il modello evolutivo che sarà adottato da quest’ultima. La digitalizzazione apre la strada a un modello simile a quello del personal computer: rincorsa continua tra le prestazioni dell’hardware e le funzioni del software, rapida obsolescenza dei prodotti, necessità di aggiornamento continuo da parte dell’utilizzatore. Viceversa è possibile che lo standard a 1080 righe rimanga stabile per qualche decennio e che i progressi tecnologici si concentrino sulla facilità d’uso.

La Iptv e il futuro del broadcasting
Per concludere questa panoramica sullo stato della televisione è opportuno ricordare che la digitalizzazione ha consentito anche la nascita della Iptv (Internet Protocol Television), la tecnologia che consente agli operatori telecom di fornire ai loro abbonati anche i canali televisivi tramite lo stesso cavo utilizzato per il traffico voce e per Internet. In Italia un servizio di questo tipo è offerto da Telecom Italia, Fastweb e Wind, ora riunite in una specifica associazione. Com’è noto, questa applicazione non ha niente a che fare con l’uso del WorldWideWeb per diffondere contenuti video: nella Iptv il protocollo Internet è semplicemente uno strumento che consente agli operatori di fondere in un unico flusso di pacchetti i tre tipi di traffico (Tv, voce, dati). La Iptv pone certamente una serie di problemi tecnici, ad esempio per quanto riguarda l’invio di canali ad alta definizione su cavi abbonato di banda limitata, ma si tratta di difficoltà superabili. Ciò induce a porsi alcuni interrogativi sul futuro del broadcasting tradizionale, che consiste nell’usare una selva di trasmettitori per riversare continuamente su tutto il territorio energia elettromagnetica in gran parte inutilizzata. Un singolo spettatore può guardare un solo canale per volta, ma è continuamente immerso in campi elettromagnetici che gliene offrono centinaia. Oggi nei paesi industrializzati i collegamenti wireless hanno senso solo se l’utilizzatore è in movimento oppure se si desidera espressamente fare a meno di un cavo; ma nel caso di utenze fisse la Iptv sembrerebbe essere il modo più razionale ed economico per distribuire il singolo programma televisivo al singolo spettatore. È evidente comunque che oggi la cessazione del broadcasting tradizionale non è nemmeno ipotizzabile.

La “banalizzazione” del video
Allargando l’orizzonte oltre i confini della televisione, uno degli aspetti che caratterizzano la situazione odierna è la “banalizzazione” dell’uso del video. Ormai si può che dire che ovunque ci sia una sorgente di energia elettrica (batteria compresa) c’è anche un dispositivo che consente di acquisire o trasmettere o visualizzare immagini in movimento. I telefoni cellulari incorporano piccole telecamere, possono essere utilizzati per le videochiamate e ricevere programmi Tv nel formato Dvb-H. Le strade e gli edifici sono disseminati di telecamere per la videosorveglianza, una tecnologia che da qualche tempo ha fatto il suo ingresso anche in molti taxi (ad esempio tramite i sistemi di società come Microtek e Scatola Verde). Mentre il web è ormai utilizzato prevalentemente per diffondere contenuti video, sia tramite siti come YouTube sia tramite strumenti come Skype. Tutto lascia pensare che questo processo continuerà fino a saturare gli spazi applicativi disponibili. Telecamere ovunque, magari anche sui fornelli per tenere d’occhio la cottura dei cibi. Del resto, tutti noi abbiamo sempre un display a portata di mano: quello del telefono cellulare. Le capacità di visualizzazione del terminale mobile, inoltre, possono oggi essere aumentate incorporando nell’apparecchio un piccolissimo proiettore televisivo. Quello prodotto da Microvision, ad esempio, misura 7x20x42 millimetri ed è in grado di proiettare un’immagine a colori della dimensione massima di cento pollici con risoluzione Wvga (848x480 pixel).

Sovrabbondanza tecnologica
Un secondo aspetto da considerare è l’attuale sovrabbondanza di tecnologie legate al video digitale. Ad esempio esiste una molteplicità di formati per i file video: flv, avi, mpeg, H.264, vob, iso, mkv, wmv, dat, ecc. ecc. In alcuni casi la differenza tra i formati riflette esigenze applicative diverse, in altri è semplicemente uno strumento per tenere legati gli utilizzatori o imporre royalty. La situazione è resa ancora più complessa dalla convivenza tra livelli di definizione diversi e formati di immagine diversi (nel senso del rapporto tra altezza e larghezza). La disponibilità di potenza di calcolo a buon mercato consente di aggirare il problema tramite conversioni di vario tipo, ma resta un dato di fatto: la complessità serve solo se crea valore, in caso contrario costituisce uno spreco di risorse. Anche per quanto riguarda questo aspetto sarà interessante vedere che piega prenderanno i rapporti tra il mondo dei computer e quello dell’elettronica di consumo. Quest’ultimo ha sempre cercato di definire standard universalmente accettati, anche a costo di lunghe guerre tra aziende concorrenti: è successo per le videocassette, per i Dvd e recentemente per i supporti ottici ad alta definizione, con la vittoria di Blu-ray.

L’inizio di una nuova evoluzione
Come si è detto, l’avvento del digitale terrestre non deve essere considerato un punto di arrivo bensì il punto di partenza di una nuova evoluzione del video digitale. La situazione attuale non può certamente essere considerata matura, né stabile; molte applicazioni hanno ancora una natura pionieristica (ad esempio le immagini di YouTube a bassa risoluzione), la convivenza tra più tecnologie confonde i consumatori, i modelli evolutivi non si sono ancora delineati con chiarezza. Le novità non mancheranno; non resta che stare a vedere.

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