Secondo i dati pubblicati da una recente indagine svolta dalla società di consulenza manageriale Accenture, sembra che nell'anno scorso in Europa siano stati spesi 7,34 miliardi di euro (circa 11,5 miliardi di dollari) per ri-confezionare, re-immagazzinare e rivendere i beni di elettronica ritornati, a fronte dei 13,8 miliardi di dollari spesi per lo stesso motivo negli Stati Uniti. In base alle stime stilate da Accenture, il tasso medio secondo cui i dispositivi di elettronica consumer ritornano indietro si aggira in Europa tra il 2 e il 9%, mentre negli Stati Uniti tale valore si attesta tra l'11 e il 20%. E la ragione principale di questo divario consisterebbe nel fatto che negli Stati Uniti i venditori sono disponibili ad accettare un dispositivo indietro anche quando semplicemente il cliente ha cambiato idea, mentre in Europa, a parte rare eccezioni, si è meno inclini a questa disponibilità: diversamente, si tende ad accettare la merce solo nei casi in cui essa non soddisfi le specifiche richieste dal cliente, oppure nei casi di dispositivi fallati. Forse a causa di questo diverso atteggiamento, si può allora comprendere perché in Europa la percentuale dei consumatori che lamenta un danno al prodotto acquistato è molto più alta che negli Stati Uniti (si tratterebbe rispettivamente del 59 e del 26%), sebbene poi la gran parte dei dispositive resi (tra il 62 e l'85%), dopo essere stati sottoposti ai test di verifica di funzionamento, non presentino problemi facilmente rilevabili e vengano dunque riclassificati come Ntf (No Trouble Found), non riscontrato alcun danno.