Il test elettrico non tramonta

Da anni l'utilizzo dei sistemi Ate non è più l'unica strategia disponibile per controllare il livello qualitativo delle schede elettroniche alla fine del ciclo produttivo. In particolare, il perfezionamento dei sistemi AOI ne consigliano l'affiancamento al test elettrico nella verifica dei pcb a fine linea. Siccome la sovrapposizione non è totale, la domanda fondamentale è quando c'è la maggiore convenienza nell'usare l'uno o l'altro. Se oggi le molte soluzioni disponibili sia a livello di test elettrico che di ispezione automatica danno una maggior possibilità di scelta, è altrettanto vero che la situazione rende più difficile cogliere la combinazione ottimale. Il periodo che va dagli anni sessanta agli anni novanta ha visto predominante la corrente di pensiero che voleva il controllo eseguito nell'apposita area di test dove in ingresso arrivava il lotto di schede da verificare e in uscita c'erano le schede conformi da una parte e quelle da riparare dall'altra. Questo creava di fatto due reparti distinti per funzioni e obiettivi. All'inizio degli anni novanta si è cominciato a ripensare il contesto produttivo all'interno dell'azienda in funzione dell'ottimizzazione dei flussi di processo e dell'impiego delle risorse umane. I sistemi di test elettrico sono usciti da un reparto dedicato per entrare a integrare il flusso di processo. Attraverso questa integrazione si è arrivati a definire la qualità del processo piuttosto che il livello di difettosità dei Pcb. Di questa nuova concezione hanno fatto parte anche i sistemi AOI che, con la loro impennata tecnologica, sono entrati a pieno titolo nel controllo del processo.
Le informazioni generate dal dispositivo di test sono state utilizzate per migliorare il processo, traducendo le informazioni sulle difettosità del prodotto in informazioni sulla difettosità del processo. I dati collezionati in produzione sono utilizzati per affinare la messa a punto del ciclo produttivo con l'obiettivo di prevenire in tempo reale ogni sua possibile deriva, causa dell'insorgere delle difettosità.
I vantaggi risiedono nel risparmio economico dovuto sia all'azione di prevenzione (che evita il lavoro di riparazione), sia all'ottimizzazione dei flussi di processo; parallelamente si evitano verifiche ridondanti e che un grande patrimonio di esperienza vada dispersa o parcellizzata tra i vari reparti. La conoscenza costituisce un patrimonio di riferimento; sebbene non possa essere contabilizzata tra i beni tangibili dell'azienda, è fondamentale quando si tratta di prevenire i difetti e abbatterne l'incidenza fino a ridurli al minimo fisiologico.

I sistemi Ate
Entrato nel linguaggio corrente col significato generico di sistema di test elettrico, Ate è l'acronimo abbreviato di (General Purpose) Automatic Test Equipment. In origine rappresentava la soluzione più flessibile per soddisfare un'ampia gamma di necessità di test funzionale.
Nati oltre trent'anni fa, erano sistemi con un'architettura progettata direttamente sulle necessità di test specifici.
Oggi il tema portante dei sistemi di test è costituito da prodotti con architettura software e hardware di tipo standard, dove imperano i concetti di plug and play e di open system che usualmente offrono i vantaggi di un'architettura aperta verso la strumentazione esterna. I canali digitali sono uno dei punti forti di un sistema Ate, dove velocità, controllo, complessità dei dati, completa flessibilità di timing e un'ampia gamma di tensioni sono alcune delle caratteristiche da tenere in considerazione per adattare il sistema alle proprie necessità. Il test digitale seriale, con un'ampia gamma di protocolli, viene generalmente fornito da strumentazione dedicata e integrata nell'architettura del sistema principale; questo è per esempio il caso specifico della tecnologia Boundary Scan. Ulteriore strumentazione può essere integrata nell'architettura del sistema per fornire prestazioni analogiche di test. Debug e utilizzo richiedono funzionalità di stop su errore, di test ciclico, di salti condizionati, cambiamenti in real time e la possibilità di rilevare mediante apposite sonde sia segnali analogici che digitali su net non direttamente accessibili del circuito sotto test.

Sul significato di integrazione
Un termine sempre più ricorrente in ambito elettronico è “integrazione”. Un modo molto semplice per lavorare con uno strumento può essere quello di stabilire una comunicazione bi-direzionale tra computer e lo strumento stesso, così che l'operatore possa interagire. Questa non è integrazione, ma un semplice interfacciamento. Creare la documentazione dei programmi così come lavorare sulle operazioni di cambiamento o debug dei programmi, richiede abilità e pazienza; parimenti programmare gli strumenti scambiando stringhe di caratteri o richiamando procedure in vari linguaggi, rimane noioso e complesso. Inoltre quando uno strumento diventa obsoleto e deve essere rimpiazzato , tutti i programmi di test dovranno essere aggiornati. L'integrazione degli strumenti include questi livelli operativi di comunicazione, ma crea anche una demarcazione netta a livello di programmazione e di debug, dove istruzioni ad alto livello semplificano notevolmente le operazioni.
I driver software forniti con la strumentazione assieme ad un ulteriore livello di interfaccia verso i linguaggi ATE, garantiranno un'effettiva integrazione dello strumento. Se per esempio si dovesse cambiare il DMM perché obsoleto, sarà necessario installare un nuovo driver software, ma tutti i programmi di test rimarranno identici. Oltre all'enorme vantaggio di piena integrazione con la strumentazione, l'ATE deve offrire una soluzione facilmente percorribile per l'indirizzamento del segnale e il cablaggio. I backplane di svariati modelli di ATE possono includere un bus analogico che consente l'indirizzamento diretto della strumentazione a qualsiasi pin, senza cablaggio interno ed esterno aggiuntivo. In questi casi si possono anche combinare canali analogici e canali digitali (canali ibridi) offrendo così all'operatore la possibilità di connettere stimoli digitali e analogici nonché la misurazione tramite qualsiasi pin dell'adattatore. Come conseguenza non solo i costi delle fixture sono di molto ridotti, ma anche i programmi di test diventano più semplici da realizzare. La progettazione dei sistemi ATE richiede una estesa modularità perché possano essere utilizzati per numerosi progetti condivdendo HW e software, stessa operatività, stessa documentazione e stesse fasi di training.
Sia che venga utilizzato in progettazione che in produzione, oppure nell'area manutenzione, un ATE sarà comunque parte di un processo strutturato, finalizzato a un'utilizzazione ottimale.

Un test inossidabile
Nonostante il proliferare di nuove tecnologie di ispezione ottica automatica e di test elettrico a sonde mobili, il test funzionale rimane un caposaldo per assicurare il funzionamento corretto del prodotto una volta posto nel suo ambiente operativo. Questo tipo di test è comunque costituito da una procedura complessa e richiede competenza ed esperienza. È un test indispensabile ogniqualvolta la criticità dell'applicazione oppure il rapporto costo/complessità del prodotto finale richieda un'elevata garanzia di affidabilità nel tempo. Il test funzionale è utilizzato per verificare un misto di circuiti digitali e analogici, di memoria e di potenza, che lavorano a volte in RF, e che spesso richiedono strategie di test differenziate. L'utilizzo sempre crescente di prodotti elettronici contenenti un'auto diagnosi (built-in self test) dovrebbe essere incoraggiato visto che riduce, ma non elimina, il costo del test funzionale. Il test funzionale può essere utilizzato in diverse fasi della vita di un prodotto; il primo impiego è a livello di progettazione, per verificare il funzionamento di nuovi prodotti prima della loro introduzione sul mercato, ma è altrettanto utile inserito in produzione, come parte integrante di un processo strutturato.
Si rivela uno strumento di indagine indispensabile anche per il servizio tecnico, per ridurre il costo di riparazione delle schede di rientro dal campo e di conseguenza per certificare la loro funzionalità prima che vengano riutilizzate.
In ambito produttivo il funzionale può essere applicato sia a livello di scheda (terzo livello) che a livello di sottosistema (secondo livello). Spesso nell'elettronica odierna, caratterizzata da un'alta integrazione, i due concetti si fondono tendendo ad unire schede e sottosistemi in un unico modulo sostituibile. Comprende il test di un elevato numero di circuiti funzionali critici, così come quello della verifica strutturale (assenza di errori hardware), svolge inoltre funzioni di complemento nella ricerca di quei guasti eventualmente non rilevati nelle precedenti fasi di test. Il tutto richiede un elevato numero di stimoli analogico/digitali che devono essere continuamente applicati all'unità sotto test contemporaneamente al monitoraggio di un altrettanto elevato numero di risposte analogico/digitali, con il pieno controllo della loro esecuzione. Il test funzionale può essere implementato in molte forme, ognuna della quali offre vantaggi e svantaggi in termini di costi, tempi ed efficacia.
Concettualmente il metodo più semplice per verificare se un'unita' (scheda oppure sottosistema) funzioni correttamente è di inserirla in un sistema campione (in gergo muletto). Se tutto funziona c'è un'alta probabilità che il dispositivo testato sia buono, ma non è una sicurezza totale perché non è sufficiente inserire l'unità da verificare nel muletto, è necessaria un'adeguata sequenza operativa per certificare un funzionamento corretto o per diagnosticare il non funzionamento. Questo approccio di tipo plug and play ha usualmente diversi svantaggi e poca efficacia, anche perché il costo del muletto potrebbe superare quello di una tradizionale piattaforma di test, in particolare se questa è condivisa con altre applicazioni.
Un ambiente più convenzionale è il classico “banchetto di prova” che include un'interfaccia per la generazione dei segnali di stimolo e per la ricezione delle risposte, con sequenze e controlli guidati da una specifica procedura. Stimoli e risposte vengono generalmente creati da alimentatori standard e dai classici strumenti di laboratorio, da commutatori, da carichi, ed eventualmente anche da dispositivi custom.

La questione costi
La realizzazione della fixture per l'indirizzamento dei segnali e la connessione hardware con l'unità sotto test è la parte critica del dispositivo di test. Usualmente è dedicata alla singola applicazione e richiede una messa a punto manuale. Le fixture sono spesso complesse e il loro costo per un progetto completo, che potrebbe includere più moduli, è piuttosto elevato. Più in generale l'investimento richiesto per un ATE comprende la progettazione, la documentazione e l'obsolescenza della piattaforma, mentre i costi operativi (oltre alle fixture) includono la manutenzione, le parti di ricambio e di consumo. A questi si aggiungono il costo dello sviluppo del programma di test e il debug specifico per ogni PCB o dispositivo da collaudare. Si possono accettare dei compromessi nella scelta dell'hardware, ma il costo viene inevitabilmente spostato sullo sviluppo del programma, con l'ingegneria di collaudo che dovrà far fronte a prestazioni limitate del sistema. Adattare l'architettura hardware alla standardizzazione dei prodotti comporta conseguenze negative anche sulla flessibilità, limita l'interfaccia utente e gli strumenti di debug e più in generale, rende l'architettura software molto povera, con conseguente impatto negativo sui tempi e sui costi dello sviluppo del test.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome