Il mercato dei Pcb: quali prospettive?

La crisi economica, sotto gli occhi di tutti, sta avendo un grosso impatto sull'industria dei pcb, soprattutto in Europa. Nel corso del 2007, la sola azienda produttrice di pcb in Europa a rientrare nella top 20 a livello mondiale è stata l'austriaca AT&S, contro le 6 giapponesi, i 6 produttori taiwanesi, i 4 coreani e i 2 taiwanesi.
Il mercato europeo dei pcb, soprattutto dopo il 2000, si sta contraendo progressivamente. Verso la fine degli anni '90, diverse grandi aziende europee producevano in massa prodotti consumer come i cellulari, usando tecnologie avanzate come quella microvia. Queste includevano, per citarne alcune,  AT&S, Aspocomp, Multek, Microser, SAT/Sagem, l'italiana Lares-Cozzi, Philips Evreux. Avendo i clienti trasferito la produzione in Cina, una dopo l'altra queste aziende hanno abbandonato la produzione di schede per cellulari in Europa. Oggi Aspocomp sta intraprendendo delle misure di ristrutturazione, la tedesca  Photo Print Electronics (PPE) è stata acquisita nel 2003 da  WürthElectronics, Multek ha spostato la produzione in Cina, Lares ha ampliato le proprie attività in Asia, Philips Evreux è stata acquisita da Aspocomp, mentre la spagnola Microser è stata assorbita da Tyco Pcb e, successivamente, ha chiuso fra le proteste nel febbraio 2007. Anche il leader europeo dei pcb, AT&S, ha sofferto pesantemente della delocalizzazione della produzione dei Pcb. Quando il principale cliente di AT&S, Nokia, ha trasferito la produzione in Romania chiudendo il proprio stabilimento a Bochum, in Germania (in cui lavoravano circa 2300 dipendenti), verso la metà di quest'anno, AT&S ha dovuto ridimensionare la propria forza lavoro e ulteriori misure di contenimento dei costi sono previste per l'immediato futuro.
La produzione di schede per telefoni cellulari in Europa è ancora sopravvissuta, ma in quantità molto piccole. Secondo N.T. Information, una società di consulenze specializzata nell'industria dei pcb, la prossima grande produzione di pcb a lasciare l'Europa sarà proprio quella automotive. Un indizio di questa tendenza, già in atto, è dato dall'acquisizione da parte del produttore di pcb tedesco Ruwel dello stabilimento di Lantek in Cina. Gli analisti prevedono che Ruwel, Fuba e Schweizer Electronic si troveranno a breve a fronteggiare gli stessi problemi di delocalizzazione che hanno interessato AT&S nel campo della telefonia cellulare. Le differenze fra i costi di produzione in Cina e in Europa sono decisamente troppo allettanti.
In più, la recessione in corso sta colpendo in modo accentuato il mercato automotive, un comparto strategico per il nostro continente. I produttori di automobili stanno chiudendo i propri stabilimenti per settimane, imponendo la cassa integrazione a rotazione ai propri dipendenti. Questo ovviamente si ripercuote direttamente su tutta la supply chain. Gli OEM possono tuttavia sperare in una boccata di ossigeno, a causa della riduzione del prezzo delle materie prime, come le paste di saldatura, lo stagno e il rame, anche a causa dell'alto livello di scorte in magazzino, effetto questo legato a sua volta alla crisi.

Le ancore di salvezza
Ai produttori di Pcb Europei non resta che concentrarsi sulle produzioni caratterizzate da tempi di consegna molto stretti, mix elevato, bassi volumi, e nella prototipazione in campo militare, aerospaziale, industriale e medicale.
Un'altra carta da giocare per i produttori europei è quella dell'innovazione. Lo dimostra, ad esempio, il buon andamento riportato dal mercato dei pcb flessibili, a dispetto della crisi.
I Pcb flessibili (FPC) sono diventati la tecnologia Pcb preferita dai produttori, in particolare dai produttori di schede a montaggio superficiale in grossi volumi e di prodotti che fanno uso di package flip-chip e BGA. I pcb flessibili sono infatti più sottili, più leggeri dei supporti rigidi, e sono inoltre in grado di piegarsi per trovare posto in spazi limitati, rispondendo così all'esigenza pressante dell'industria di ridurre l'occupazione di spazio degli assemblaggi elettronici. Nel 2008, il mercato degli FPC è cresciuto quattro volte più rapidamente del mercato delle schede tradizionali rigide. Anche se rappresentano ancora una porzione ridotta del mercato complessivo dei pcb, lo sviluppo del comparto dei pcb flessibili ha radicalmente riplasmato l'industria dei pcb. Secondo una stima di IPC, consegne di FPC nell'ottobre 2008 le vendite di schede flessibili hanno subito un aumento dell'8,8% rispetto a ottobre 2007, rispetto a una contrazione del 4,8% del mercato delle schede rigide. Anche i pcb “rigid-flex” sono interessati da tassi di crescita interessanti, trainati soprattutto dalle applicazioni in campo medicale e militare/aeronautico, ma anche nei comparti industriale e consumer. Ne costituiscono un esempio gli auricolari, i pacemaker, i cellulari e i lettori Mp3: nel 2012 costituiranno il 33% del mercato dei pcb flessibili.
 
I produttori per conto terzi di fronte alla crisi
Un'altra tendenza positiva arriva dal settore dei CEM (Contract Equipment Manufacturer).
La società di analisi iSupply prevede che il mercato dei contract manufacturer crescerà più rapidamente in Europa che in America o in Asia. Quello del contract manufacturing, o produzione conto terzi, è un mercato di grandi dimensioni e crescerà più rapidamente dell'industria elettronica nel suo complesso. La crisi tuttavia spingerà verso il consolidamento e verso un maggiore sforzo di differenziazione. Ad esempio, gli EMS scandinavi, come Partnertech, Note o Kitron, hanno adottato da anni, con successo, una strategia di specializzazione in mercati di nicchia in aree come quelle medicale, industriale, della difesa e aerospaziale. Tuttavia, le realtà più grandi del settore, come Foxconn o Flextronics, perseguono una strategia di business più “generalista”.
Il mercato globale dei produttori per conto terzi non sarà certamente immune all'impatto dell'attuale crisi economica ma, secondo iSupply, continuerà a reggere bene e persino a subire una moderata ripresa nel corso dei prossimi tre anni. Il mercato mondiale degli EMS è cresciuto, secondo le stime, dell'8,3% nel 2008, rispetto al risultato di un + 16,1% riportato nel 2007; nel corso dell'anno iSupply ha dovuto rivedere al ribasso le stime di crescita per il 2008, previste inizialmente pari al 9,1%. Nel 2009, la crescita rallenterà ancora al 6,1% per effetto della recessione su scala globale e del conseguente calo della domanda da parte delle aziende e dei consumatori. Nel 2010, la domanda si stabilizzerà e il mercato dei contract manufacturer sarà interessato da un aumento del 7,6%. Per il 2011, la crescita si porterà al 9%, mostrando dei segnali di ripresa. iSupply sostiene inoltre che la stretta creditizia non abbia effetti particolarmente pesanti. I principali EMS sono infatti caratterizzati da una buona solidità finanziaria. Il mercato globale degli EMS varrà 257 miliardi di dollari nel 2012.
La regione Asia-Pacifico rappresenta il mercato caratterizzato dai tassi di crescita più alti, con un giro d'affari stimato di 107 miliardi di dollari entro il 2010, mentre l'Europa si attesta al secondo posto con il 22% del market share. Gli Stati Uniti, per contro, saranno caratterizzati da un CAGR negativo di circa il 2%.
Per quanto riguarda le applicazioni finali, l'elettronica consumer rappresenta il mercato finale più grande per la produzione in conto terzi, con un valore stimato di 50 miliardi di dollari nel 2008. Quello dei computer e delle periferiche, il secondo segmento per dimensioni, raggiungerà un fatturato di circa 55 milioni di dollari nel 2013. Mentre gli Stati Uniti continueranno ad assistere a una contrazione del volume di affari, altre regioni come Europa, Giappone, Asia-Pacifico e America Latina saranno interessate da una robusta espansione, secondo la società di analisi Global Industry Analysts. In particolare, le aree a basso costo della mano d'opera come l'Asia-Pacifico, l'America Latina e l'Europa dell'Est sono emerse come centri per la delocalizzazione delle attività produttive.
 
Esternalizzazione a tutto campo

Inoltre, le società EMS hanno ampliato il proprio spettro di servizi offerti, dalla semplice fabbricazione di componenti fino ai servizi produttivi più complessi, che hanno incoraggiato la delocalizzazione di una porzione crescente delle attività produttive da parte di un numero sempre maggiore di OEM. Il fenomeno dell'esternalizzazione sta investendo in misura maggiore anche i settori “non tradizionali”, come quello medicale, industriale, aerospaziale e della difesa, offrendo agli EMS delle prospettive future di mercato molto remunerative.
Esistono degli sviluppi macroeconomici in determinate aree che eserciteranno un'influenza significativa sul settore EMS, soprattutto nei prossimi 6-12 mesi. Le ragioni potrebbero essere legate, ad esempio, alla disponibilità di capitali, necessari per mantenere e ammodernare le attività produttive in-house, o la necessità di focalizzarsi sulle proprie competenze di base. Nel 2007, il mercato degli EMS è stato interessato da una crescita del 19,2%. D'altro canto però, le fusioni, acquisizioni e disinvestimenti in corso stanno cambiando profondamente i modelli di business degli EMS. Ciò nonostante, le prospettive per gli EMS rimangono positive, anche in aree ad alto costo della mano d'opera. Sanmina, ad esempio, opera ancora in Svezia, Finlandia, Regno Unito, Irlanda, Germania e Israele. Questo perché, tuttavia, nel corso degli ultimi sette anni le attività produttive degli EMS sono state delocalizzate in aree a basso costo di mano d'opera come Asia, Europa dell'Est e Messico e, quindi, i dati positivi riguardanti le aree ad alto costo come l'Europa occidentale sono in realtà una conseguenza della stabilizzazione del fenomeno di delocalizzazione che ha riguardato negli anni scorsi i paesi occidentali.
 
Crisi e globalizzazione
I Paesi a basso costo della mano d'opera dell'Europa dell'Est, come l'Ungheria e la Repubblica Ceca, sono diventati, soprattutto negli ultimi 4-5 anni, degli importanti centri di produzione in conto terzi. In queste aree, però, il costo del lavoro sta gradualmente crescendo, spingendo i produttori a cercare altre aree a basso costo sia nell'Europa orientale, sia in Asia e in Africa. Ungheria e Repubblica Ceca tuttavia mantengono la loro importanza grazie ai vantaggi strategici quali la logistica, la disponibilità di personale ben preparato e la presenza di infrastrutture adeguate.
Ad oggi, oltre il 40% della produzione mondiale di pcb è concentrata in Cina e a Taiwan. Taiwan da solo detiene oltre il 60% del mercato mondiale dei pcb per cellulari .
Si parla ormai da qualche tempo dell'aumento del costo del lavoro in Cina. Quest'ultimo, per almeno gli ultimi sei trimestri, è aumentato molto più velocemente del tasso netto d'inflazione locale. Come Paese a basso costo della mano d'opera, la Cina è stata ormai eclissata da altre nazioni asiatiche come l'India o il Vietnam. Alcuni sono convinti che i tempi d'oro della delocalizzazione selvaggia in Cina siano prossimi alla fine, altri invece ritengono che sia ancora lontano il momento in cui la Cina non sarà più un'area a basso costo della mano d'opera, e che trasferire le attività produttive in Cina rimarrà conveniente almeno per il prossimo decennio. Come già osservato in altri articoli pubblicati su questa rivista, queste affermazioni tengono conto solo di un aspetto, quello del costo del lavoro, senza invece considerare gli oneri complessivi legati alla delocalizzazione, che includono i costi logistici e i tempi necessari per il trasporto dei prodotti, per non parlare poi della piaga del “mercato grigio”. Inoltre, considerando i costi complessivi di produzione e di gestione sostenuti dagli OEM che delocalizzano la propria produzione, quelli sostenuti in Paesi come Messico e Europa dell'Est ora non si discostano di molto da quelli della Cina, ad eccezione dei prodotti in volumi molto grandi, come quelli degli apparecchi consumer.
A causa dell'aumento progressivo del costo del petrolio e della maggiore coscienza ambientale a livello mondiale, è inevitabile che la tendenza a spostare la produzione in Paesi lontani come la Cina cederà il posto a soluzioni di delocalizzazione all'interno della stessa regione geografica (il cosiddetto 'near-shoring').
Questo però non significa che l'effetto legato ai miliardi di dollari investiti in Cina svanirà di colpo: al contrario, queste tendenze saranno molto graduali.

Il mondo cinese dei pcb
In Cina esistono oltre 1200 produttori di pcb, gran parte dei quali è impegnato nella produzione di schede a singola faccia o multistrato con un basso contenuto tecnologico, e nell'assemblaggio di prodotti che comprendono in genere schede madri di computer e sistemi elettronici consumer di bassa fascia. Nel settore pcb tradizionale, la competizione è molto serrata, e spinge i produttori a diversificarsi in settori più redditizi. Ne costituisce un esempio il mercato delle schede IC, che però richiede grossi investimenti e competenze sia nel packaging, sia nella progettazione di schede. Per questi motivi sarà soprattutto oggetto di interesse da parte dei grandi produttori. Un altro settore è quello delle schede per cellulari, per PC laptop e dei moduli di memoria. Abbiamo già detto che Taiwan è il maggiore fornitore al mondo di schede per cellulari, con oltre il 60% della produzione mondiale. Un'altra strategia di differenziazione intrapresa dai produttori asiatici consiste nel diventare produttori EMS (Equipment Manufacturing Services). Questi produttori assemblavano in passato principalmente LCD-TV, DVD e PDP-TV e, successivamente, hanno iniziato a farlo per conto terzi.
Un altro fenomeno molto evidente legato alla globalizzazione riguarda l'emergere dell'India come regione per la fabbricazione a basso costo di pcb. I produttori europei di pcb stanno infatti trasferendo in India parte della propria produzione e persino parte delle attività di progettazione. La regione attorno a Mysore, nello stato del Karnataka (nell'India Sud-Occidentale) sta diventando un hub per la produzione dei pcb in India. Aziende Europee quali AT&S, CIPSA-RIC India (una joint venture Indo-Spagnola-Italiana), Ruwel e Würth Electronics stanno guardando all'India per la produzione a basso costo di pcb, secondo la società di analisi Tech-on. Secondo alcune indiscrezioni, Würth Electronic ha intenzione di costruire un nuovo stabilimento a Mysore, oltre a quello che ha già aperto. L'Austriaca AT&S ha investito 57 milioni di dollari in un secondo impianto a Nanjangud, altra città dello stato del Karnataka, destinato alla produzione di pcb multilivello per applicazioni automotive, mediche e industriali. La produzione commerciale è prevista per la seconda metà del 2009. CIPSA-RIC India ha intenzione di investire 20 milioni di dollari in un altro impianto produttivo a Tumkur.

La direttiva RoHS a due anni dall'applicazione: quali sono le conseguenze?
Le conseguenze nel breve termine della direttiva RoHS non sono certo positive, soprattutto alla luce della crisi attuale. Secondo una recente indagine condotta dalla società di analisi Technology Forecasters per conto della Consumer Electronics Association (CEA), l'applicazione della direttiva RoHS (Restriction of Hazardous Substances Directive) è costata all'industria elettronica circa 32 miliardi di dollari, pari all'1,1% dei ricavi totali. Il costo medio sostenuto da una singola società, con fatturato compreso fra 100 milioni di dollari e 1 miliardo di dollari, per adeguarsi alla direttiva, è di circa 2,6 milioni di dollari. Le aziende con un fatturato superiore a 1 miliardo di dollari sono arrivate a spendere 6,5 milioni di dollari ciascuna. All'investimento iniziale per la conversione verso la produzione “lead free”, si devono aggiungere 420.000 dollari all'anno di costi aggiuntivi necessari per mantenere i nuovi standard di qualità dei prodotti. La ricerca è stata condotta da Technology Forecasters sottoponendo un questionario a oltre 200 fra OEM, EMS e distributori di componenti. Circa il 29% di questi ha ammesso di aver subito delle perdite come conseguenza degli oneri sostenuti per l'adeguamento alla direttiva RoHS, quantificabili in una media di 1,85 milioni di dollari. Questi oneri sono imputabili alla gestione delle scorte di magazzino, aumentate del 21%, ai costi di produzione, cresciuti dell'11,6% e alla necessità di avere delle persone dedicate alle tematiche RoHS, in media 5-10 per ogni azienda di dimensioni medio-grandi. Tuttavia, il 25% delle aziende intervistate è convinta che la direttiva RoHS porterà in futuro vantaggi per la propria azienda e il 15% è convinto di ottenere importanti aumenti di market share come conseguenza della direttiva RoHS. Si tratta di un segnale incoraggiante, che tuttavia riguarda una minoranza, seppur significativa, degli intervistati. Gli effetti positivi della direttiva quindi si avvertiranno nel tempo, aspetto questo non certo positivo in un periodo di profonda crisi come quello che stiamo vivendo. I benefici della direttiva sono riconosciuti dalle aziende (almeno da una minoranza seppur significativa di esse), ma al momento prevale purtroppo il pessimismo.
Gli effetti positivi della direttiva non si sono fatti ancora sentire anche perché i controlli esercitati a livello Europeo sul rispetto della direttiva non sono stati sufficienti.
Da quando la direttiva RoHS è entrata in vigore, nel luglio 2006, i governi sono stati criticati per non aver monitorato in modo efficace l'applicazione della direttiva stessa, incoraggiando così alcune aziende a continuare a vendere prodotti contenenti quantità di sostanze proibite ben superiori ai limiti fissati. Molti Paesi della comunità Europea stanno pensando di seguire il modello dei Paesi nordici, che hanno messo a punto con successo una strategia di monitoraggio della conformità alla direttiva. Dal 2007, questi Paesi hanno deciso di istituire controlli transfrontalieri, condividendo fra uno Stato e l'altro i dati relativi alla produzione in un determinato settore. Le autorità governative dei Paesi nordici hanno compiuto, all'inizio del 2008, un'indagine su 152 prodotti elettronici: in Svezia, sono stati esaminati  60 prodotti, dei quali ne sono stati trovati 3 non conformi. In Danimarca, su 63 prodotti controllati, 6 non erano conformi. In Finlandia, su 64 prodotti analizzati 13 non erano conformi; si trattava, per la maggior parte dei casi, di prodotti importati dalla Cina.
In questo modo è stato possibile identificare i prodotti non conformi in tutti i Paesi che hanno collaborato all'iniziativa, colpendo con maggiore efficacia le aziende non conformi.
I governi Europei stanno anche considerando di rafforzare le collaborazioni internazionali al di fuori dei confini Europei, in particolare con la Cina e con gli Stati Uniti, che hanno introdotto delle normative sotto molti aspetti simili alla direttiva RoHS.
Le ulteriori revisioni della direttiva RoHS, in programma per il prossimo futuro, avranno ovviamente un forte impatto sulle aziende europee. Tali revisioni estenderanno le limitazioni ad altre sostanze, come il tetrabromiobisfenonlo a (TBBPA), un ritardante di fiamma usato per proteggere oltre l'80% dei pcb in commercio, gli esabromociclododecani (HBCDD), diversi agenti plastificanti a base di ftalati e tutti i composti organici che contengono cloro e bromo. Inoltre, su proposta dell'IPC, è in programma un tentativo di uniformare la direttiva RoHS con la nuova direttiva REACH. La Commissione Europea sta inoltre riesaminando le esenzioni alla direttiva, che riguardano gli apparecchi medicali e gli strumenti di monitoraggio e controllo. Le conseguenze, in particolare per il settore medicale, sono profonde: i progettisti di apparecchi medicali non dovranno più preoccuparsi solo delle prestazioni tecniche e dell'affidabilità dei prodotti, ma anche del loro impatto ambientale in conformità alla direttiva RoHS. Inoltre, dati i lunghi cicli di sviluppo dei progetti medicali, che durano in media 4 anni, un'eventuale revisione futura delle esenzioni potrebbe impattare immediatamente sul settore medicale. Per lo stesso motivo, questa tendenza ha già influenzato altri settori non direttamente toccati dalla RoHS, come il comparto automobilistico e quello aerospaziale.

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