Elettronica sostenibile: sfide e opportunità per le aziende

Negli ultimi anni, si sono registrati sforzi intensi da parte dei legislatori, finalizzati a rendere la produzione, l’uso e lo smaltimento dei prodotti elettronici più rispettoso dell’ambiente e della salute umana. Chi non si adegua alle direttive, rischia di perdere la possibilità di commercializzare i prodotti in alcuni mercati. La conformità alle direttive rappresenta di certo una grossa sfida e un onere per le aziende, ma anche una grossa opportunità. Con la crescente commoditizzazione di molti prodotti elettronici, la capacità di offrire prodotti rispettosi dell’ambiente diventa un elemento di differenziazione molto importante.
La conformità alle direttive per l’ambiente può quindi essere per le aziende un importante vantaggio competitivo se queste ultime non lo considerano come un semplice obbligo, ma come un’occasione per migliorare i processi aziendali e la qualità dei prodotti. La conformità ha un’influenza profonda sulla progettazione: quest’ultima è infatti la fase del ciclo di sviluppo di un prodotto in cui le decisioni prese possono impattare maggiormente sulla capacità di rispondere ai requisiti per l’ambiente. Dato che circa l’80% dell’impatto ambientale attribuibile a un prodotto è predeterminato in fase di progettazione, questo comporta le maggiori sfide per i progettisti e per gli sviluppatori.
Questi processi decisionali possono anche essere automatizzati usando tool software in grado di valutare le sostanze usate nei progetti ai fini della compatibilità alle direttive ambientali. Ne costituiscono un esempio i tool di Dca (Design Chain Associates) o di SigmaQuest.
La conformità alle direttive per l’ambiente comporta inoltre una riorganizzazione della supply chain. Le aziende devono infatti stabilire le procedure per assicurare una fornitura adeguata di componenti e per gestire il flusso di informazioni corretto dal fornitore al cliente. Le aziende devono pensare all’intero ciclo di vita dei propri prodotti, per rendere più efficaci le attività di conformità alla direttiva. Le società che usano prodotti Plm (Product Lifecycle Management) hanno per questo motivo un importante vantaggio competitivo riguardo alla conformità alle direttive ambientali, perché sono già orientate a trattare il prodotto dalla sua concezione al fine vita. Questo aspetto è molto importante, dal momento che il rispetto delle normative ambientali richiede di intraprendere azioni lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti: durante la progettazione, nella specifica dei componenti; in produzione, dato che i processi di fabbricazione e di assemblaggio devono essere ottimizzati ai fini dell’efficienza energetica; nel supporto post-vendite, essendo necessarie delle misure per il ritiro e lo smaltimento dei prodotti.
Le direttive europee sull’ambiente come la Rohs (Restrictions on the Use of Hazardous Substances) o 2002/95/EC, la Weee (Waste Electrical and Electronic Equipment) o 2002/96/EC, recepita in Italia dal Decreto Raee (d.lgs 151/2005) sul trattamento e riciclo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; la Reach (Registration, Evaluation and Authorization of Chemicals) o 2006/1907/EC; le linee guida JIG-101, la direttiva EuP o 2005/327EC, la direttiva Voc (Volatile Organic Compounds) o 1999/13/EC dell’11 Marzo 1999 (recepita in Italia nel 2004), che regola e mette in atto la riduzione delle emissioni dei composti organici volatili costituiscono, se ben sfruttate, delle grandi opportunità di mercato per i produttori e i distributori europei di componenti e di sistemi elettronici.

Normative, linee guida e progettazione sostenibile

L’Unione Europea è fortemente determinata a promuovere e a imporre l’elettronica sostenibile, soprattutto negli ultimi 5 anni. Ne costituiscono un esempio le già citate direttive Raee, Rohs, EuP e Reach. Tutte queste iniziative vanno sotto il nome di Ipp (Integrated Product Policy), che costituisce uno dei pilastri di base della politica ambientale europea, finalizzata a minimizzare l’impatto ambientale nei vari stadi attraverso il ciclo di vita dei prodotti.
Le direttive Weee e Rohs dovrebbero essere modificate entro la fine di quest’anno, e le modifiche entreranno in vigore prevedibilmente a partire da giugno 2008. La Comunità Europea prevede infatti di adattare periodicamente i testi delle due direttive. La direttiva Rohs, in particolare, deve essere rivista per estendere le esenzioni riguardo alle sostanze proibite negli apparecchi medicali (la categoria numero 8) e nei monitor e nei sistemi di sorveglianza (la numero 9). La Comunità Europea prevede inoltre di estendere la lista di sostanze proibite. Alle sei sostanze previste nella versione iniziale, ossia piombo, cadmio, cromo esavalente, mercurio, difenili brominati ed eteri di difenile brominato, si aggiunge, a partire dal primo luglio di quest’anno, il DecaBde (un brominato ritardante di fiamma) a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea che rimuove una esenzione precedentemente fissata. Il Deca-Bde è usato comunemente nei componenti di plastica dei dispositivi elettronici dal rischio di incendi. In particolare, è impiegato nella composizione degli alloggiamenti dei televisori e degli apparecchi elettronici alimentati a cavo.
La Reach è entrata in vigore il primo luglio del 2007. Secondo i suoi fautori, si tratta della legislazione sulle sostanze chimiche più ambiziosa nel mondo. La Reach infatti, per la prima volta, impone un controllo sistematico dell’impatto sull’ambiente e sulla salute umana di tutte le sostanze chimiche usate nell’Unione Europea. Questo, a differenza delle direttive Raee, Rohs ed EuP, che si applicano solo all’industria elettronica, impatta su ogni settore industriale. Ad esempio, entro il 2019 tutte le 10.000 sostanze chimiche usate in cosmetica devono essere testate per verificare se possono irritare la pelle.
Il documento JIG-101 (acronimo di Joint Industry Guide), dal titolo “Material Composition Declaration for Electronic Products”, pubblicato dall’Electronics Industry Association nell’aprile del 2005, rappresenta non una normativa, bensì una serie di linee guida. Queste ultime si distinguono in due categorie: una di livello A, che proibisce l’uso di alcuni materiali, e fissa delle concentrazioni analoghe tollerate, analogamente a quanto avviene con la Rohs. Queste sostanze includono il piombo, l’amianto, il mercurio, il cromo esavalente, i clorofluorocarburi, i difenili polibrominati, le sostanze radioattive, i naftaleni policlorinati, alcuni coloranti azoici, alcuni tipi di paraffine clorinate, il tributile e il trifenile di stagno e l’ossido di tributile di stagno. La categoria B invece include una lista di sostanze che possono essere usate nei prodotti, ma la cui presenza deve essere dichiarata se la loro concentrazione massima supera una soglia predeterminata. Queste comprendono l’antimonio, l’arsenico, il berillio, il bismuto, i ritardanti di fiamma brominati, il nickel, alcuni ftalati, il selenio, il cloruro di polivinile e relativi composti. Per sviluppare queste linee guida, l’Eia (Electronic Industries Alliance) e il Jedec (Joint Electron Device Engineering Council) negli Stati Uniti, l’Eicta (European Information, Communications and Consumer Electronics Technology Industry Association) in Europa e la Jgpssi (Japan Green Procurement Survey Standardization Initiative) in Giappone hanno collaborato strettamente per oltre tre anni.
La direttiva EuP o 2005/327EC del 6 luglio 2005, nota anche come direttiva EcoDesign, è stata emanata dalla commissione europea nel 2005, allo scopo di promuovere la progettazione di prodotti elettronici più rispettosi dell’ambiente e che usano meno energia per il funzionamento e meno risorse per la fabbricazione. Le categorie di prodotti interessate dalla direttiva includono i prodotti elettronici, in particolare gli apparecchi domestici e per l’ufficio, l’elettronica consumer, i motori elettrici e i sistemi di illuminazione, e anche i componenti e i sottosistemi venduti singolarmente. La direttiva è entrata in vigore l’11 agosto 2005. Essa si applica al momento solo ai prodotti commercializzati in massa per più di 200.000 unità all’anno. Il suo scopo è di incoraggiare l’integrazione degli aspetti ecologici nell’intero ciclo di vita dei prodotti, riducendone il più possibile l’impatto ambientale, principalmente per quanto riguarda i consumi di potenza. Fra gli obiettivi nel lungo termine della comunità europea, rientra infatti il cosiddetto “20-20-20”, ossia quello di diminuire di almeno il 20% le emissioni di anidride carbonica entro il 2020. Per la stessa data, almeno il 20% del fabbisogno energetico in Europa dovrà essere coperto dalle risorse rinnovabili, e i consumi energetici dovranno anch’essi essere ridotti del 20%.
Gli stati membri hanno l’obbligo di recepire la direttiva entro l’11 agosto 2007, determinando l’entità delle sanzioni da comminare in caso di mancato rispetto. È ragionevole prevedere che la direttiva non andrà a pieno regime prima del 2010. Essa copre al momento solo i prodotti venduti in volumi superiori a 200.000 unità all’interno della Comunità Europea. La conformità alla direttiva EuP sarà valutata nell’ambito della marcatura CE, assieme alla verifica della conformità alle normative per la sicurezza e per la compatibilità elettromagnetica. La direttiva EuP si affianca alle Eco-label, alla certificazione volontaria Emas (Eco-Management and Audit Scheme), e alle altre direttive per l’ambiente.
La direttiva 1999/13/EC regola e mette in atto la riduzione delle emissioni dei composti organici volatili o Voc. Questi composti tendono ad essere rilasciati rapidamente nell’aria in relazione alla pressione del vapore e possono avere un impatto doppio sulla qualità dell’aria, contribuendo sia allo smog, sia all’assottigliamento dello strato di ozono nell’atmosfera terrestre. L’applicazione della direttiva dovrebbe contribuire a ridurre le emissioni di Voc di 280.000 tonnellate fino al 2010. Ad oggi circa il 52% su un milione di tonnellate di solventi che sono attualmente emessi ogni anno non sono interessati da questa normativa. Di questi, circa il 18% cade al di sotto dei valori di soglia della normativa. La soglia di emissioni di 5 tonnellate sarà ridotta nel tempo e perciò interesserà un numero sempre maggiore di produttori. La direttiva ha un profondo impatto sulla fabbricazione dei Pcb. Molte aziende hanno dovuto e dovranno investire in nuovi metodi e tecnologie di rivestimento delle schede per ridurre le proprie emissioni di solventi.

Alcune conseguenze della direttiva Rohs

Poche direttive hanno attirato tanta attenzione da parte dell’industria elettronica quanto la Rohs, che è entrata in vigore il primo luglio 2006. Essa limita l’uso di 6 sostanze ritenute nocive per l’ambiente e per la salute delle persone (essendo tossiche e cancerogene): il piombo, il cadmio, il mercurio, il cromo esavalente (Cr6+), e due ritardanti di fiamma comunemente usati nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, ossia il difenile polibromurato (Pbb) e l’etere di difenile polibromurato (Pbde). La limitazione riguarda concentrazioni superiori allo 0,01% (100 ppm) in peso per quanto riguarda il cadmio, e allo 0,1% (1000 ppm) per gli altri materiali.
Chi non si adegua rischia una multa e la proibizione al commercio dei propri prodotti all’interno dell’Unione Europea.
La direttiva presenta delle eccezioni, che riguardano i prodotti automotive medicali, militari e aerospaziali, nello storage, le applicazioni in ambienti ostili e le applicazioni che usano leghe ad alto tenore di piombo. Secondo Elfnet (European Lead Free soldering NETwork), circa il 75% dell’industria manifatturiera non deve ufficialmente conformarsi alla direttiva. Anche i settori esclusi tuttavia saranno interessati in futuro dalla direttiva, anche per via della maggiore consapevolezza ambientale e del fatto che i maggiori produttori di componenti elettronici hanno convertito ormai da tempo la loro produzione verso il lead-free. Conformarsi alla Rohs significa non soltanto eliminare le sostanze pericolose elencate nella direttiva, ma comporta per le aziende modifiche strutturali profonde ai processi produttivi. Nel campo dell’assemblaggio elettronico, questo equivale grosso modo ad affermare che ogni prodotto debba essere privo di piombo.
Questo rappresenta una grossa sfida per l’industria elettronica, dal momento che il piombo è stato da circa 50 anni il materiale più usato nell’industria elettronica, in particolare nelle paste saldanti, nel supporto delle schede e nei componenti.
Numerosi gruppi industriali, come Inemi (International Electronics Manufacturing Initiative), Ipc (Institute of Printed Circuits), e l’Ncms (National Contract Manufacturing Service) negli Stati Uniti; Ideals in Europa ed il Jeita (Japan Electronics and Information Technology Industries Association) in Giappone, hanno compiuto studi approfonditi per la caratterizzazione di diversi tipi di materiali lead-free.
La direttiva Rohs è al momento la più restrittiva in materia ambientale: tuttavia anche nel resto del mondo sono state intraprese iniziative simili. La Cina ha emanato una propria direttiva Rohs nel primo marzo 2007. Essa si applica a tutti i prodotti elettronici nell’industria Ict che sono fabbricati o importati in Cina, inclusi i processi manifatturieri ed i materiali per i package, inclusi anche dei prodotti che sono attualmente soggetti ad esenzione in Europa, come i sistemi medicali, di monitoraggio e di sorveglianza. Sono specificati anche i requisiti riguardo l’efficienza energetica, il riciclaggio e la compatibilità ambientale.
In Giappone, per contro, non esistono al momento leggi che proibiscano espressamente l’uso del piombo o dei composti del piombo nei prodotti elettronici. Nel 2000, il Giappone ha approvato la “Law for the Promotion of Effective Utilization of Resources”, che è entrata in vigore nell’aprile del 2001. Essa è stata emendata nel novembre 2005 con l’aggiunta dell’obbligo di certificazione delle stesse sei sostanze chimiche proibite dalla RoHS. La legge è diventata effettiva il primo Luglio 2006. Questa tuttavia, a differenza della RoHS, si tratta semplicemente di una normativa che impone la dichiarazione da parte dei produttori sull’uso di determinate sostanze, ma non ne proibisce espressamente l’uso. Gli Stati Uniti si stanno lentamente adeguando alla direttiva Rohs. A guidarli è la California. La normativa Health And Safety Code, nota comunemente come Rohs californiana, è in vigore dal primo gennaio 2007; la legge è molto simile alla Rohs Europea, e proibisce l’uso del piombo, del mercurio, del cadmio e del cromo esavalente.

La direttiva Weee o Raee

La direttiva 2002/96/CE, nota anche come Weee o Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) è entrata in vigore 13 agosto 2005 e rende i produttori di apparecchiature responsabili finanziariamente della raccolta e del riciclaggio di tutti i prodotti elettronici nell’Unione Europea che sono giunti a fine vita. I produttori hanno l’obbligo di provvedere al finanziamento delle operazioni di raccolta, stoccaggio, trasporto, recupero, riciclaggio e del corretto smaltimento delle proprie apparecchiature, una volta giunte a fine vita.
L’obiettivo principale della direttiva Raee è proteggere la salute umana e l’ambiente. Tuttavia, grazie al riciclaggio dei rifiuti elettronici sarà anche possibile ottenere risparmi di energia pari a circa 2,8 milioni di tonnellate di petrolio all’anno. I vantaggi economici si avranno anche dalla possibilità di recuperare le materie prime di rifiuti elettronici. Basti pensare che è possibile recuperare 250 Kg di argento, 24 Kg di oro, 9 Kg di palladio, e 9000 Kg di rame da un milione di telefoni cellulari, tutti in forma i minerali puri. Per i grandi elettrodomestici, come i frigoriferi e i forni a microonde, il tasso di recupero è almeno dell’80% e il tasso di reimpiego/riciclaggio dei relativi componenti, materiali e sostanze è del 75%. Per i piccoli elettrodomestici, le apparecchiature di illuminazione, gli strumenti elettrici ed elettronici, i giocattoli, gli attrezzi per il tempo libero e lo sport e gli strumenti di controllo e monitoraggio il tasso di recupero è del 70%, mentre la possibilità di reimpiego/riciclaggio dei relativi componenti, materiali e sostanze è del 50% Di conseguenza, l’impatto negativo sull’ambiente dovuto all’utilizzo delle risorse diminuirà. Inoltre, l’applicazione della direttiva permetterà di ridurre i costi di produzione per i materiali vergini e per lo smaltimento.
Il costo globale dell’adeguamento alla direttiva Raee è stimato a 500-900 milioni di euro all’anno in tutta l’UE. Di questo importo, una somma compresa fra 300 e 600 milioni di euro sarà spesa per la raccolta, mentre 200 o 300 milioni saranno investiti nel recupero, nel reimpiego e nel riciclaggio. Si calcola che l’aumento dei prezzi sarà compreso fra l’1% per quasi tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche e il 2-3% per i frigoriferi, i televisori ed i monitor. Visti i benefici che le due direttive apporteranno, i costi e gli aumenti dei prezzi sembrano giustificati.
La legislazione italiana sul nuovo Sistema Raee entrato in vigore dal primo gennaio 2008. Lo smaltimento dei rifiuti elettronici in Italia, come in altri grandi Paesi Europei quali Germania, Francia e Spagna, è gestito da un sistema di più Consorzi (chiamati anche Sistemi Collettivi) che si occupano dei Raee domestici. Essi sono una quindicina e sono coordinati da un organismo previsto dal decreto legislativo 151/05, ossia dal Centro di Coordinamento Raee. Tali consorzi includono Ecolamp (che si occupa del riciclaggio delle moderne lampade a scarica), Ecodom (specializzato nel riciclaggio di grandi elettrodomestici del bianco) e il Consorzio Remedia. Quest’ultimo costituisce più importante sistema collettivo multifiliera italiano, con una quota di mercato media del 40% nei settori dell'elettronica di consumo, dei piccoli elettrodomestici, dell’Ict e della climatizzazione. Il consorzio ha ritirato ad oggi 1967 tonnellate servendo 1141 centri di raccolta.

La direttiva Reach: un progetto ambizioso

Ogni attore della supply chain potrebbe esserne interessato dalle conseguenze della direttiva Reach, la cui versione finale è stata approvata nel Giugno 2007: produttori, distributori, Oem, indipendentemente dalla quantità di sostanze potenzialmente pericolose che acquistano o trattano all’interno dei prodotti negli Stati Europei ed extra-europei, avranno l’obbligo di registrare tutte le sostanze chimiche che sono fabbricate o importate nell’Unione Europea in volumi di almeno una tonnellata all’anno.
La direttiva ha conseguenze sia sulla produzione, sia sull’uso di sostanze chimiche. La cooperazione fra tutti i soggetti della catena del valore è quindi essenziale, come pure la trasparenza nello scambio delle informazioni fra i medesimi. L'associazione della distribuzione tedesca, ha attivato un gruppo di studio per assistere i propri membri nelle procedure di conformità alla direttiva e per promuovere la collaborazione e la trasparenza fra gli attori della filiera. La Reach sostituirà oltre 40 normative esistenti, e la sua piena applicazione avverrà per fasi successive. Inizialmente saranno registrate tutte le sostanze usate da un’azienda in quantità superiori a 1000 tonnellate annue, oltre quelle ritenute più dannose per la salute: sostanze cancerogene, mutagene e le tossine che impattano sull’apparato produttivo. In seguito la normativa sarà estesa ad altri materiali prodotti in quantità inferiori. Il periodo transitorio previsto per la certificazione durerà complessivamente 11 anni, ma sarà di soli 3 anni per le sostanze più pericolose e per quelle prodotte in quantità superiori alle 1.000 tonnellate annue.
L’applicazione della Reach vedrà la fine della distinzione fatta fra le sostanze vecchie (presenti sul mercato prima del 1981) e le sostanze nuove (lanciate sul mercato a partire dal 1981). Anche oggi, le nuove sostanze devono essere controllate e verificate per accertare eventuali rischi per la salute umana e sull’ambiente prima che possano essere ammessi per la commercializzazione. A differenza della nuova lista di circa 4.000 sostanze, il cui rischio potenziale è reso noto in questo modo, spesso si conosce molto poco circa le 100.000 sostanze “vecchie”. Si stima che la direttiva riguarderà una lista di 30.000 sostanze chimiche contenute in diversi prodotti presenti sul mercato. Esse dovranno essere registrate presso la neo-costituita Echa (European Chemicals Agency) ad Helsinki. Solo le sostanze registrate potranno essere messe in circolazione nell’Unione Europea.
La lista di sostanze potenzialmente pericolose non è prevista per la pubblicazione da parte dell’Unione Europea prima della fine dell’anno. Solo allora sarà possibile determinare quale prodotto scomparirà dal mercato, e quali effetti ci si potranno attendere per l’industria rispetto alla sicurezza negli investimenti e alla disponibilità sul lungo termine.

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