Al recente meeting CDNLive organizzato da Cadence sono state evidenziate le problematiche emergenti del mondo della progettazione elettronica in considerazione delle proiezioni di sviluppo e di diffusione di dispositivi elettronici di uso personale della prossima generazione. Tutti gli esperti sono d’accordo sul fatto che la principale problematica che il mondo dell’elettronica, e in particolare quello dei sistemi embedded, dovrà affrontare nel breve termine è da ricercarsi nella complessità di sistema. Illuminante a questo proposito la relazione del Prof. Alberto Sangiovanni-Vincentelli dell’Università di Berkley, che ha analizzato in maniera molto acuta, la situazione tecnologica, metendo a fuoco le opportunità per affrontarla in maniera adeguata.
Strategie di progettazione innovative
La complessità richiede strategie di progettazione innovative e soprattutto ad elevata integrazione. L’Eda (Electronic Design Automation) è il presupposto fondamentale per affrontare la complessità dei sistemi e la relativa problematica di progettazione. I risultati ottenuti nella rivoluzione dell’elettronica degli ultimi dieci anni sono stati resi possibili dalla tecnologia Eda, cioè da quell’insieme di tecnologie software, di servizi e di proprietà intellettuale che consentono di affrontare la progettazione di sistemi ad elevata complessità come i dispositivi di uso personale e portatili di cui disponiamo oggi. Il futuro dei sistemi embedded però prospetta una complessità crescente in modo esponenziale e l’attuale approccio Eda non è adeguato ad affrontarla, se non attraverso una nuova filosofia che, con una emblematica definizione, è stata connotata “Eda a 360”. Se si analizzano le esigenze dell’elettronica di consumo, emergono necessità funzionali che portano necessariamente a un aumento esponenziale della complessità:
• applicazioni multiple e concorrenti;
• mobilità completa e senza limiti;
• informazione multimediale.
Tutta questa complessità però non deve però portare all’aumento del costo dei dispositivi, né tanto meno all’aumento delle dimensioni, anche perché i nuovi dispositivi consumer saranno prevalentemente destinati, e anche prodotti, nei Paesi emergenti, in particolare Cina e India.
Complessità e costo di sviluppo
La legge di Moore per circa trent’anni è stata confermata nella sua enunciazione fondamentale: il numero dei transistor integrabili in un circuito integrato raddoppia ogni due anni. Da alcuni anni questa legge sembra però non essere più applicabile, in quanto l’intervallo temporale di raddoppio sembra allungarsi e tendenzialmente questa legge sembra avere davanti a sè un muro quasi insormontabile: il costo di sviluppo. La legge di Moore basa principalmente sulla riduzione della geometria di integrazione l’aumento delle prestazioni e la corrispondente riduzione delle dimensioni. L’elevata densità di integrazione ha portato anche all’aumento della complessità dei dispositivi. L’architettura SoC (System-on-Chip) è emblematica di questa evoluzione, soprattutto negli ultimi cinque anni. Lo sviluppo del software per tali sistemi è diventato estremamente complesso e conseguentemente uno dei costi maggiori nella realizzazione delle applicazioni. Di conseguenza, i vantaggi dell’aumento della densità di integrazione, tra l’altro rallentata anche a causa dei raggiunti limiti di geometria di integrazione, vengono annullati o addirittura peggiorati da tali costi. Per essere economicamente vantaggioso lo sviluppo di semiconduttori deve portare per lo meno alla vendita di almeno 80 milioni di dispositivi. Se si considera che Apple fino a tutto il 2009 ha venduto circa 40 milioni di dispositivi iPhone, 80 milioni di dispositivi elettronici sono un obiettivo quasi irraggiungibile, considerando i tempi previsti dalla legge di Moore in fatto di integrazione. Le industrie di semiconduttori si basano ancora sulla legge di Moore per pianificare lo sviluppo dei loro prodotti, ma per essere profittevoli, devono essere estremamente innovative nel proporre i componenti, spendendo di conseguenza un’enorme quantità di energie e di risorse. Poche industrie di semiconduttori, in generale le più grosse, sono effettivamente ancora in grado di affrontare la crisi della legge di Moore. Le altre hanno una sola alternativa; trasformarsi da industrie di sviluppatori di dispositivi elettronici in industre di integratori. Questa alternativa è valida per l’industria dell’elettronica in generale, ma in particolare è di vitale importanza per l’industria dei semiconduttori. L’integrazione a livello di silicio significa integrazione al livello di sistema e la tecnologia SoC è a tal fine la tecnologia abilitante. Il silicio SoC viene progettato da altri specializzati in questa complessa tecnologia e il software, nella forma di proprietà intellettuale, viene progettato a sua volta da terze parti specializzate anche queste nelle relative aree di competenza. Le industrie elettroniche devono quindi essere application-oriented, non più fornitori di chip.
Integrazione, la nuova opportunità
Integrare implica conoscenze e capacità diverse da quelle richieste dalla creazione di dispositivi. La prima capacità è quella di individuare e valutare le Intellectual Property necessarie all’integrazione. A questa capacità va aggiunta quella dell’integrazione sulla piattaforma hardware di riferimento, di verifica della funzionalità e di test. La natura embedded di questa integrazione rende particolarmente difficile la fase di verifica funzionale di test, soprattutto nella componente software. La difficoltà cresce ulteriormente quando entra in gioco l’informazione e l’interazione con il mondo analogico. Le problematiche nei sistemi mixed-signal sono particolarmente complesse nell’integrazione di IP. Queste sono certificate dal fornitore relativamente alle prestazioni, ma non necessariamente l’integratore riesce a verificarle, a causa della variabilità delle condizioni al contorno tipiche del mondo analogico.
Verso la prossima generazione di Eda
L’automazione del processo di sviluppo è senza dubbio un requisito necessario per superare la crisi dell’elettronica conseguente alla crescente complessità dei sistemi. L’Eda tradizionale non è però sufficiente per superare questa crisi. Lo spostamento dell’attenzione dallo sviluppo del componente all’integrazione delle IP richiede un’estensione del concetto di Eda tradizionale ad ambiti prima considerati estranei al processo di progettazione. Cadence ha quindi introdotto una nuova concezione dell’Eda, detta Eda360, intesa proprio a coprire sotto tutti gli aspetti il processo di progettazione, includendo quindi anche quello dell’integrazione. Eda360 prevede che lo sviluppatore inizi con la comprensione dell’applicazione software che dovrà far girare su una specifica piattaforma, diversamente dall’approccio Eda tradizionale che focalizza tutta l’attenzione sugli aspetti strettamente ingegneristici. Il software embedded, potendo pesare fino al 50% del costo totale dello sviluppo di un SoC, deve meritare un’attenzione particolare. Lo sviluppatore deve disporre di strumenti di integrazione e di verifica avanzati, oltre a strumenti di gestione del progetto e del business ad esso collegato. Nella concezione Eda360 non è solo il gruppo ingegneristico coinvolto nel processo di sviluppo, ma anche il gruppo di gestione del progetto e gli stessi leader della società che finanzia il progetto stesso.
Eda360 di Cadence supporta in particolare tre processi di sviluppo: realizzazione di sistemi, realizzazione di SoC e realizzazione di silicio. Il cuore di Eda360 è focalizzato sulla creazione di IP, sul riutilizzo e sulla fornitura, quindi si applica in ognuno dei tre processi di sviluppo. Dal cuore del processo Eda360 è possibile raggiungere i diversi livelli di complessità del sistema finale, avendo come riferimento le IP e tutti i relativi strumenti per gestirle. La complessità viene quindi governata attraverso un processo coerente di sviluppo in cui la componente di automazione svolge un ruolo fondamentale nel gestire la complessità.