Conoscere lo stato di carica di una batteria contando i coulomb

Un tempo considerata obsoleta, la tecnologia delle celle di batterie non ricaricabili (o “primarie”) sta conoscendo una rinascita. Anche se non sono ricaricabili, tali celle, come quelle al litio-cloruro di tionile, possono ancora offrire vantaggi agli utenti: elevata densità di energia, disponibilità istantanea, autoscarica lenta, durate ragionevoli e rispetto per l’ambiente (è relativamente facile smaltirle). Queste celle sono spesso presenti in un’ampia gamma di applicazioni dove sostituire le batterie è scomodo o costoso oppure quando l’accesso non è facile: impianti militari, rilevazione di beni, monitoraggio in remoto e reti di sensori wireless. Le batterie di questo tipo vengono offerte di norma in varie composizioni chimiche; le due tipologie più diffuse sono le batterie alcaline e quelle al litio. In confronto, le celle ricaricabili offrono una serie differente di vantaggi (anche se hanno un costo iniziale superiore) e sono disponibili in varie composizioni chimiche, come piombo-acido, nichel e agli ioni di litio. I loro vantaggi sono la riutilizzabilità, l’economicità d’uso (poiché il costo di un sistema di carica può essere distribuito su molti cicli di utilizzo) e la buona densità di potenza (ossia la capacità di erogare l’energia velocemente). Tuttavia, queste celle non sono considerate ecologiche e presentano il possibile svantaggio di una bassa densità di energia (a cui si può pensare come la quantità di energia immagazzinata), secondo la configurazione del sistema. Le applicazioni in luoghi remoti offrono una serie di condizioni che favoriscono l’uso delle celle primarie, come l’utilizzo di una piccola corrente di carica nel corso di un lungo periodo di tempo, quando sostituire la batteria è sia costoso che scomodo.

Considerazioni sull’autonomia delle celle primarie
Nonostante tutti i loro vantaggi, le celle primarie hanno alcune caratteristiche sfavorevoli in determinate applicazioni, particolarmente quelle in cui non si può accettare nessun tempo di fermo causato da una batteria completamente scarica. In questi casi, è importantissimo determinare l’autonomia residua della batteria in base al suo stato di carica. Alcune celle primarie tendono ad avere curve di scarica decrescenti in modo quasi impercettibile, come le celle al litio-cloruro di tionile. Un andamento di questo tipo rende molto difficile determinare o prevedere la capacità rimanente delle celle.
In un caso ideale, una semplice misura della tensione della cella dovrebbe essere sufficiente per stimare lo stato di carica della batteria; e questo metodo, frequente, è adeguato per molte composizioni chimiche, ma non per le batterie al litio-cloruro di tionile o di altro tipo con curva di scarica quasi costante, poiché in tal caso è quasi impossibile inferire alcunché misurando la tensione della batteria finché la cella non è scarica quasi al 99%. Un altro metodo di stima dello stato di carica richiede l’applicazione di un carico e la misura della caduta di tensione; successivamente si confrontano i dati con quelli di una tabella delle cadute di tensione ai capi di una resistenza in serie equivalente che varia secondo il tipo di batteria. Un fattore che porta complicazioni in questo metodo è la tendenza della Esr della batteria a variare notevolmente in funzione della temperatura; quindi, per adottare questo approccio allo scopo di ottenere risultati anche minimamente validi, occorre conoscere o misurare con precisione la temperatura della batteria, altrimenti le variazioni della Esr osservate, causate da variazioni dello stato di carica, saranno indistinguibili da quelle causate da variazioni della temperatura. Un altro metodo indiretto per “misurare” lo stato di carica consiste nel caratterizzare molto bene le condizioni del carico e quindi misurare il tempo di funzionamento totale di ciascuna batteria. Per esempio, molti utenti sostituiscono tutte le batterie a intervalli costanti, corrispondenti al 40% - o un altro livello predeterminato - dello stato di carica. Ma ciò non massimizza l’autonomia della batteria; inoltre, in caso di guasto alla scheda di circuiti o in presenza di altre condizioni tali che il carico sia 2 - 3 volte maggiore di quello previsto, questo metodo ad “anello aperto” non è più valido poiché l’autonomia della batteria diminuisce rapidamente. Si può invece ricorrere a un metodo più preciso, detto “conteggio dei coulomb”: la carica viene misurata mentre lascia la cella. Finora, il costo di attuazione di questo metodo era elevato, per cui il metodo veniva applicato raramente, anche se è molto efficace e offre la sola misura precisa della carica consumata da una batteria. Se la capacità iniziale della batteria è nota e/o specificata, è possibile determinare con precisione la capacità residua sulla base del conteggio dei coulomb.

Altri problemi concernenti le celle primarie
Le celle primarie non tollerano correnti di spunto eccessive, ma questa limitazione può essere ridotta mediante un regolatore CC/CC con corrente d’ingresso di picco programmabile. Inoltre, le celle primarie hanno un’elevata resistenza interna, una caratteristica che causa l’annullamento della tensione sotto carico, per cui carichi minori sono più adatti per queste celle. Non solo: queste celle tendono ad avere bassa densità di potenza e non possono erogare l’energia disponibile molto velocemente. Sono più adatte, pertanto, per situazioni con carichi leggeri, di lunga durata e non quando occorrono burst di energia di grande intensità o veloci. Infine, un regolatore CC/CC realizzato con un circuito integrato che assorba una corrente di riposo eccessiva per il funzionamento riduce la capacità della batteria, influendo negativamente sull’autonomia –- un altro possibile svantaggio del sistema. Per mitigare questi effetti, si potrebbe impiegare un regolatore a micropotenza, o ancora meglio, a nanopotenza, per ridurre al minimo l’assorbimento di corrente e massimizzare l’autonomia della batteria.

Convertitori buck-boost
Il numero di linee di alimentazione presenti negli attuali dispositivi elettronici, dotati di molteplici funzioni, è aumentato, mentre le tensioni di funzionamento continuano a diminuire. Tuttavia, molti dei sistemi odierni richiedono ancora tensioni di 3, 3,3 o 3,6 V per l’alimentazione di vari elementi a basso consumo di potenza: sensori, memorie, core di microcontrollori, circuiti I/O e circuiti logici. Finora, queste linee di tensione sono state ottenute mediante regolatori a commutazione in discesa (buck) o regolatori a bassa caduta di tensione ovvero low-dropout. Tuttavia, i circuiti integrati di questo tipo non sfruttano l’intera gamma di funzionamento delle celle, riducendo quindi la possibile autonomia della batteria del dispositivo. Pertanto, impiegando un convertitore buck-boost (che può incrementare o ridurre le tensioni) risulta possibile utilizzare l’intera gamma di funzionamento della batteria, aumentando il margine operativo e prolungandone l’autonomia poiché si ottiene una percentuale maggiore della capacità della batteria stessa, specialmente quando ci si avvicina all’estremità inferiore dell’andamento della scarica.

Convertitore buck-boost con contatore di coulomb
È evidente che una soluzione basata su un convertitore CC/CC che risponda ai requisiti applicativi di un sistema di celle primarie, oltre ai corrispondenti problemi già discussi, deve avere i seguenti attributi:

  • architettura CC/CC buck-boost con ampio intervallo delle tensioni d’ingresso per regolare Vout attraverso un’ampia gamma di generatori alimentati a batteria e dei relativi intervalli di tensione;
  • corrente di riposo ultrabassa, sia nella modalità di funzionamento che in quella di arresto, per prolungare l’autonomia della batteria;
    capacità di alimentare con efficienza le linee del sistema;
  • funzione di conteggio preciso dei coulomb senza influire notevolmente sulla corrente di riposo del circuito integrato (consumo della batteria), per determinare lo stato di carica residua della batteria;
  • funzione di limitazione della corrente per attenuare le correnti di spunto e quindi proteggere le celle;
  • ingombro ridotto, leggerezza e profilo ribassato della soluzione;
  • contenitore avanzato per offrire migliori prestazioni termiche ed efficienza nello spazio disponibile.

Un prodotto Linear Technology di recente introduzione, il convertitore buck-boost LTC3335 a nanopotenza con contatore di coulomb integrato, presenta già tutti queste caratteristiche. Il dispositivo è stato pensato per applicazioni con batterie primarie che richiedono corrente di riposo significativamente bassa e che inoltre hanno bisogno di “sapere” qual è la capacità residua della batteria, o anche per i casi in cui sia possibile rilevare, mediante il contatore di coulomb, una possibile perdita di carico o del componente della batteria per individuare un guasto al sistema. L’LTC3335 è un convertitore buck-boost sincrono ad alta efficienza e a nanopotenza che integra un contatore di coulomb di precisione, in grado di fornire sino a 50mA di corrente di uscita continua. Con una corrente di riposo pari a soli 680nA e correnti d’ingresso di picco programmabili che possono andare da valori bassissimi - anche 5 mA - fino a 250 mA, il dispositivo è ideale per un’ampia gamma di applicazioni con batterie a bassa potenza, come quelle presenti nei dispositivi indossabili e in quelli utilizzati in ambito IoT. Grazie all’intervallo di tensioni d’ingresso del dispositivo, da 1,8 a 5,5 V, e alle otto uscite selezionabili dall’utente, fra 1,8 e 5 V, si ottiene un alimentatore a uscita regolata con tensione d'ingresso superiore, uguale o inferiore a quella di uscita. Inoltre, il contatore di coulomb di precisione integrato (precisione della misura della scarica della batteria pari a ±5%) assicura il monitoraggio preciso della scarica della batteria in applicazioni alimentate a batteria non ricaricabile di lunga durata, che in molti casi presentano curve di scarica della batteria con variazione quasi impercettibile. Sono applicazioni tipiche: sensori wireless, sistemi di monitoraggio in remoto e i sistemi Dust Networks SmartMesh di Linear Technology. L’LTC3335 include quattro Mosfet a bassa RDSON interni e può raggiungere un’efficienza pari al 90%. Altre funzioni: soglia programmabile di allarme da scarica, interfaccia I2C per programmare il dispositivo e accedere al conteggio dei coulomb, uscita di funzionalità dell’alimentazione e scelta di otto correnti d’ingresso di picco, da 5mA sino a 250 mA, per l’uso con un’ampia gamma di tipi e capacità di batterie. L’LTC3335 è disponibile con intervallo della temperatura di giunzione durante il funzionamento da -40 °C a +125 °C in un contenitore Qfn da 3 x 4 mm a 20 conduttori dotato di dissipatore avanzato.

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