Come manipolare il futuro


Celle solari oltre il 20% di efficienza, stimolatori elettronici cerebrali, elettronica organica, Dram a 32 nm: ecco solo alcuni dei progetti seguiti da Imec presso la sua sede di Lovanio, in Belgio. Si parla di un ente di ricerca di tutto rispetto, da fare invidia ai più quotati centri americani: 1550 fra ricercatori e personale amministrativo presenti in un complesso formato da quattro edifici in un campus di di 24.400 mq, un fatturato che per il 2007 si è attestato intorno ai 240 milioni di euro, più di 1600 pubblicazioni scientifiche nel solo 2006, un numero di brevetti internazionali che si aggira intorno ai 100 all'anno. Insomma Imec (che possiede una sister company in Olanda - l'Imec Nederland - e rappresentanze negli Stati Uniti, Cina e Giappone) è senz'altro la più importante organizzazione di ricerca e sviluppo indipendente del mondo, una realtà che collabora attivamente con i suoi progetti con tutte le più importanti aziende dell'elettronica: da National Semiconductor a Infineon, da STMicroelectronics a Panasonic, da IBM a Renesas, per citarne solo alcune.

Progetti a tutto spiano

Tutto il mondo è presente nei laboratori dell'Imec. I ricercatori di 56 nazioni affollano i laboratori di Lovanio e la stessa Italia è presente in forze con ben 36 ricercatori. Le lingue ufficiali sono l'inglese e l'olandese, anche se lungo i corridoi del complesso, più americano per stile che non europeo, non è difficile imbattersi in capannelli di persone che parlano qualsiasi tipo di lingua possa venire in mente. Sembra proprio di trovarsi in un grande aeroporto internazionale, anche se gli argomenti discussi non sono certo alla portata dei semplici viaggiatori in transito in uno scalo aeroportuale. Già, complessità; è questa la costante degli argomenti trattati all'Imec, una complessità che è tale da lasciare anche a chi si occupi di tecnologie avanzate da tutta la vita con un senso di vago imbarazzo e con la certezza di trovarsi in uno dei pochi luoghi al mondo dove parlare del futuro, anzi, vivere quello che sarà il futuro dell'industria e della ricerca, sia argomento di discussione quotidiana. Un po' come trovarsi in una bolla temporale a due anni nel futuro rispetto alla data attuale.
A 25 anni dalla sua fondazione, le funzioni di Imec sono rimaste quelle di sempre: rappresentare - oltre che un centro d'eccellenza nei progetti di ricerca e sviluppo e un battistrada tecnologico di supporto alle organizzazioni accademiche - un elemento di correlazione forte fra il mondo delle dell'università e quello delle aziende, operando come un vero e proprio sistema di trasferimento di conoscenze tecnologiche, ma anche come centro di preparazione di personale altamente qualificato. Naturalmente, il tutto soprattutto nel settore in cui l'Imec è maggiormente coinvolta fin dalle sue origini: le applicazioni elettroniche più avanzate al servizio della medicina, dell'ambiente e dell'industria.

Più di Moore...

Ma qual è la piattaforma tecnologica su cui opera Imec per quello che riguarda la microelettronica? I laboratori di Lovanio operano in due differenti direzioni: quella della progressiva miniaturizzazione (more Moore) e quella delle applicazioni dedicate (more then Moore). Nel primo caso si tratta di programmi avanzati relativi ai Cmos del futuro, a programmi che vedono il coivolgimento delle più importanti realtà del settore della microelettronica; dall'altra tutta quella serie di sviluppi tecnologici che vanno sotto la denominazione generica di "Integrazione Eterogenea", dai sistemi nomadici embedded al fotovoltaico, dall'elettronica di potenza alle applicazioni integrate della biomedicina.

Dall'elettronica organica al packaging più avanzato

Uno dei punti di forza del centro che ha sede in Belgio è, come indicato, l'elettronica organica: un'elettronica basata su strutture polimeriche con cui ci interfacceremo spesso nel prossimo futuro. Non si parla naturalmente solo di sistemi output già largamente diffusi sul mercato (vedi gli Oled, per fare un esempio), ma di memorie di concezione avanzata, tessuti elettronici indossabili (si veda l'articolo che segue), sistemi a radiofrequenza implantabili a livello di tessuti, sensori chimici, biosensori che ancora oggi sembrano tratti dalla letteratura cyberpunk, più che dai report di un laboratorio di ricerca realmente attivo.
Numerosi sono gli sforzi che si stanno compiendo a Lovanio su transistor e circuiti basati su pentacene, ma altrettanto onerosi sono gli impegni presi dalle autorità scientifiche del centro nei confronti delle tecnologie di packaging e di interconnessione più avanzate: dalle tecnologie basate su film sottili multistrato agli studi più avveniristici di integrazione fra elementi biologici e strutture elettroniche a base di silicio. Insomma, fra le mura dell'Imec si parla di quelli che saranno i percorsi futuri dell'industria delle tecnologie avanzate, ma anche di quelle che sono le frontiere delle integrazioni tecnologiche che domineranno il secolo in corso. Un esempio fra tutti i processi compiuti dalla bioelettronica al servizio della medicina, al momento studiati con risultati di tutto rilievo fra le mura di Imec (dai sistemi di identificazione di cellule tumorali e, comunque, anomale basati su visualizzazioni 3D estremamente avanzate, ma anche quegli esperimenti di integrazione biologica ed elettronica che - in un futuro non troppo remoto - scardineranno i limiti delle attuali competenze medico-diagnostiche).
Un centro importante dunque, i cui tecnici specializzati, in un'atmosfera internazionale, con strumenti avanzatissimi e seguiti da uno staff dirigenziale di livello mondiale, precedono di qualche anno conoscenze che diverranno nel futuro di uso comune.

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