Sensori: dal micro al nano e oltre

Il settore di ricerca e di sviluppo dei sensori è uno tra i più dinamici nello scenario attuale e interessa diversi campi applicativi, in primis quelli industriale, medico, ambientale, dei trasporti e delle comunicazioni. Le tecnologie derivate dalla microelettronica hanno permesso di realizzare sensori con elevati livelli di miniaturizzazione, consumi ridotti e funzionalità complesse ma ha anche messo in evidenza limiti connessi al rispetto di vincoli stringenti sulla tipologia dei materiali adottati e sui processi di lavorazione. Nuovi microsistemi di trasduzione hanno comportato l'individuazione di soluzioni diversificate basate su tecnologie dedicate, ad esempio uso combinato di tecniche di micromachining e del film spesso per il deposito di film spessi piezoelettrici su una struttura microlavorata in silicio, realizzando una struttura risonante.
Sensori e sistemi o meglio, microsensori e i microsistemi stanno quindi evolvendo dall'ambito specifico del silicio a quello più vasto delle tecnologie di microfabbricazione e microingegnerizzazione in generale, affrontando problematiche quali la robustezza dei dispositivi sviluppati rispetto ai parametri di processo e le difficoltà di interconnessione e compatibilità con i dispositivi elettronici. Capita infatti che le caratteristiche dell'ambiente in cui si deve eseguire la misura risultino incompatibili con il funzionamento di circuiti microelettronici, e siano richieste soluzioni in cui l'elemento sensibile sia a contatto con il misurando mentre il dato di misura viene trasferito altrove, con tecniche contactless o wireless. Il sensore diventa dunque un sistema a due zone, una di acquisizione ed un'altra di condizionamento ed elaborazione del dato acquisito e poiché spesso nell'area di misura può mancare la sorgente di alimentazione elettrica, l'elemento di trasduzione dovrà essere alimentato esternamente: sono state proposte microstrutture a risonanza elettrica o meccanica che permettono di misurare diverse grandezze fisiche, quali pressione, forza, accelerazione, temperatura.
In questa prospettiva l'elettronica di condizionamento e di elaborazione gioca un ruolo significativo; spesso è necessario migliorare le caratteristiche dell'elettronica di condizionamento per ovviare adeguatamente al basso livello dei segnali disponibili, alla loro eventuale breve durata o alla compresenza di forti interferenze. Nel caso dei sensori magnetici, in particolare quelli a fluxgate, oltre alla tecnica classica che si basa sul principio della seconda armonica, altre sono state utilizzate negli ultimi anni, alla ricerca di soluzioni nuove tendenti alla semplicità circuitale.

L'intelligenza entra nei sensori
Altre proposte recenti, anziché concentrarsi sulla misura di una risonanza elettrica, propongono l'utilizzo di tecniche ottiche, per esempio laser, o magnetiche, che sfruttano la legge di Lorentz o l'effetto magnetostrittivo, ovvero la generazione di deformazioni, torsioni o flessioni in microstrutture in silicio. La magnetostrizione è un fenomeno noto da oltre 150 anni e consiste nella deformazione di materiali, come il ferro, in risposta a campi magnetici applicati. Tuttavia, a causa dell'esiguità della deformazione, il fenomeno non ha avuto significative applicazioni, fino all'avvento, negli anni '70, dei primi materiali artificiali, caratterizzati da magnetostrizioni migliaia di volte superiori a quelle dei materiali fino allora conosciuti. Tali materiali, detti a magnetostrizione gigante, hanno stimolato moltissimo la ricerca tecnologica in questo settore. Infatti, la disponibilità, dagli inizi degli anni '80, di materiali a magnetostrizione gigante, come il Terfenol-D, o più recentemente, altri materiali con accoppiamenti magneto-elastici ancora più consistenti, ma fondati su processi fisici diversi dalla classica magnetostrizione (le leghe a memoria di forma controllate in campo magnetico, Ni-Mn-Ga) e la possibilità di realizzare efficienti algoritmi di controllo, ha dato luogo a un crescente interesse applicativo per questi materiali.

Il ruolo dei materiali
Poiché nei materiali si manifestano forze di notevole intensità, con elevato rapporto potenza/peso e una rilevante rapidità di risposta in termini dinamici, è possibile realizzare sensori/attuatori "intelligenti" che costituiscono un'area di ricerca per una promettente gamma di applicazioni, quali la misura di microspostamenti e di accelerazioni, il micro-posizionamento, il controllo attivo di strutture vibranti (vibrazioni strutturali e rumore acustico), l'azionamento di elettrovalvole ultra veloci (iniettori, stampanti), il controllo attivo di forma, la realizzazione di freni e smorzatori, le applicazioni robotiche e biomediche (muscoli e protesi artificiali). I materiali utilizzati per la costruzione di dispositivi "intelligenti" sono, oltre ai magnetostrittivi, i piezoelettrici, le leghe e i polimeri a memoria di forma, i fluidi elettroreologici e magnetoreologici, o le leghe Ni-Mn-Ga (Msma, magnetiche a memoria di forma).
Ma un diverso punto di vista gli stessi materiali possono anche costituire la parte attiva di sensori di campo dalle caratteristiche innovative. Un aspetto cruciale nello sviluppo di dispositivi di questo tipo è la rilevazione accurata della deformazione, necessaria per chiudere la catena di reazione o per risalire al campo magnetico, a seconda che si tratti di un attuatore intelligente o di un sensore di campo, rispettivamente. Negli ultimi anni la tecnologia dei sensori in fibra ottica e dei reticoli di Bragg in particolare, ha permesso di disporre di sensori di deformazione con elevate prestazioni, in termini di sensibilità, immunità ai disturbi elettromagnetici, bassa intrusività ed elevate caratteristiche di multiplexing, grazie ai quali promette di realizzare sensori di campo "Smart" realmente integrati.
Diversamente dai materiali piezoelettrici (di gran lunga i più studiati), quelli magnetostrittivi e quelli a memoria di forma sembrano essere più promettenti, in termini d'applicabilità a breve termine, come confermato dal crescente numero di aziende sorte negli ultimi anni e impegnate nella loro produzione. Il maggior problema di sensori/attuatori realizzati con questi materiali, consiste nel comportamento intrinsecamente non lineare e con isteresi, che complica in modo rilevante il progetto del sistema di controllo del dispositivo stesso. La compensazione dell'isteresi potrebbe facilitare la progettazione dei dispositivi e migliorarne le prestazioni complessive, ma richiede una capacità di modellare accuratamente tali sistemi con isteresi e i modelli presuppongono a loro volta accurate caratterizzazioni sperimentali dei materiali e adeguati sistemi di misura delle grandezze coinvolte (campo magnetico e deformazione). Inoltre, lo sviluppo del dispositivo necessita della definizione di procedure d'identificazione e di efficienti algoritmi di compensazione e controllo, dell'analisi elettromagnetica e meccanica dei dispositivi.

Il controllo e l'elaborazione
Lo specifico problema del controllo di dispositivi "smart" e le prestazioni richieste, (attuatori a larga banda, sensori con capacità di elaborazione dati embedded, ecc.), impongono lo sviluppo di architetture di controllo e di elaborazione e filtraggio dati dalle prestazioni molto elevate, ricorrendo all'impiego di tecnologie elettroniche o informatiche mature che possano permettere di realizzare sistemi di controllo embedded e distribuito di elevate prestazioni. In questo caso le tecnologie più utilizzate sono quelle basate su controllori a logica programmabile, che permettono di usare protocolli di comunicazione standard per le reti di controllori impiegate in ambito industriale, come ad esempio le reti Can o Foundation Fieldbus.
Per realizzare attuatori "smart" e sensori di campo basati su materiali magnetostrittivi o Msma è fondamentale la scelta di sensori di deformazione aventi una minima influenza sulle proprietà magneto-elastiche e meccaniche del materiale attivo. La tecnologia dei sensori in fibra ottica permette di integrare il dispositivo di acquisizione all'interno di strutture alterandone al minimo le caratteristiche meccaniche anche monitorando punti inaccessibili ad altri tipi di sensori. Sono anche in grado di effettuare misure simultanee multiparametro, resistendo bene in condizioni operative ostili e hanno il vantaggio di poter utilizzare il medesimo supporto fisico (la fibra stessa), sia per la trasmissione che per la trasduzione del segnale, con eccellenti proprietà d'immunità alle interferenze elettromagnetiche. I sensori a reticolo di Bragg presentano anche eccellenti proprietà di sensibilità, risoluzione, banda passante e, cosa che non guasta, costi competitivi. Tali sistemi sono ampiamente impiegati in reti di dispositivi, particolarmente utili per sensori di campo multipunto e distribuiti. Recentemente è stata proposta una soluzione di sensore di campo e corrente elettrica a un solo punto di misura, basato sull'utilizzo di materiali magnetostrittivi e reticoli di Bragg, che dimostra le potenzialità di tale approccio.

L'evoluzione della sensoristica chimica e biologica
Del tutto peculiare è l'evoluzione della sensoristica nel settore chimico e biologico. La disponibilità di sistemi affidabili per analisi selettive effettuabili in tempo reale è ormai una necessità in svariati campi come quelli medico, ambientale, di controllo dei bio-processi. Auspicabile è anche l'avvento di strumenti analitici miniaturizzati e integrabili capaci di fornire uno screening veloce, ad alte prestazioni, efficiente e "multiplex" dei campioni. Attualmente la ricerca industriale è indirizzata verso lo sviluppo di sistemi analitici per la rivelazione di vapori/gas organici e per analisi in flusso su sistemi biologici. La rivelazione di un partner legante su di un chip o su un array di sensori può essere effettuata per mezzo di sistemi a fluorescenza ottica, ma con prestazioni non eccelse, soprattutto in termini di qualità, riproducibilità e sensibilità del responso.
Parecchi vantaggi possono essere immaginati nell'utilizzo di sensori capaci di fornire una risposta elettrica (chemiresistori) e un ruolo chiave in questo campo può essere giocato da resistori e transistori ad effetto di campo basati su film sottili organici, un tipo di dispositivi che diventano sempre più importanti nell'ambito della sensoristica di tipo chimico e biologico. Il vantaggio più attraente di questa classe di sensori è quello di fornire responsi veloci verso sostanze biologiche e chimiche che interagiscono direttamente con lo strato attivo organico del dispositivo elettrico. In questo scenario i transistor a film sottile organico possono giocare un ruolo chiave. Il loro primo utilizzo come sensori chimici risale in realtà alla fine degli anni ottanta, quasi contemporaneamente alla loro comparsa come dispositivi elettronici, ma lo studio sistematico come sensori chimici è iniziato molto più tardi e solo negli ultimi anni sono stati ottenuti importanti risultati. Il livello delle prestazioni di questi sensori è caratterizzato da un'eccellente ripetibilità di risposta, una buona sensibilità e da un limite di rivelabilità nell'intervallo 10-50 ppm. Quest'ultimo valore tuttavia potrà probabilmente essere ulteriormente migliorato.

I transistori organici
I sensori a base di transistori organici offrono il vantaggio di un responso amplificato dall'effetto di campo così come avviene per la corrente che scorre nel canale fra sorgente e collettore. Inoltre un sensore OFET integra in sé il trasduttore chimico con il dispositivo elettronico, che realizza anche la funzione di commutazione, facilitando in questo modo la realizzazione e il funzionamento di sistemi a matrice. Inoltre, un FET organico fornisce un responso che è facilmente processabile ed è un dispositivo sicuramente integrabile in sistemi a matrice, mutuando la tecnologia già sviluppata per i circuiti di dispositivi organici anche flessibili sviluppati per applicazioni nel campo dei display. I transistori ad effetto di campo a base di polimeri conduttori sono stati impiegati sia come sensori di sostanze organiche volatili che come sensori di ioni in soluzione. Questi dispositivi sono rispettivamente conosciuti come transistori organici a film sottile o (OTFT) e ion-selective Fet (ISFET). Anche se individuati nella stessa classe, di tratta di dispositivi completamente diversi sia nella struttura che nelle proprietà chimiche. Dal punto di vista strutturale negli OTFT il layer sensibile è anche il semiconduttore organico nel quale avviene il trasporto di carica (regione di canale), mentre nell'ISFET la parte sensibile è il materiale organico che costituisce il contatto di gate. Da un punto di vista delle proprietà chimiche, gli OTFT lavorano per lo più con sostanze volatili mentre gli ISFET rivelano generalmente ioni in soluzione.

Sensori completamente flessibili
Recentemente, è stata proposta una particolare struttura di transistor organico dotata di caratteristiche molto interessanti, specialmente in vista del possibile sviluppo di sensori completamente flessibili: invece che essere assemblata su un substrato (sia rigido che flessibile), tale struttura è basata su un film isolante adattato ad una cornice plastica e meccanicamente stabile per tutta la durata del processo di costruzione del dispositivo. Questo strato isolante ha due funzioni: è il supporto meccanico della struttura e ha una funzione elettronica, ovvero è lo strato isolante della struttura a effetto di campo. A causa di queste caratteristiche, ed essendo inoltre completamente flessibile, permette di costruire una struttura a sua volta flessibile, che può essere applicata ad un substrato qualunque dopo la sua completa costruzione. Tale dispositivo ha costituito la base per la realizzazione del primo esempio di dispositivo a effetto di campo "ion sensitive" realizzato su un film plastico che è in grado di misurare il pH di una soluzione posta su una pellicola completamente flessibile.

Mems e Nems i sensori del futuro
Merita infine di essere citata anche l'applicazione di sistemi micro- e nano-elettromeccanici (Mems e Nems) al riconoscimento molecolare, una soluzione che ha costituito un'importante svolta per la biologia ed ha suscitato grandi aspettative nella comunità scientifica, per le sue prospettive di base ed applicative. Le principali applicazioni sono previste nello studio delle forze inter e intramolecolari di biomolecole a livello di singola molecola con applicazioni nel campo del controllo qualità, della diagnostica medica, della proteomica, della ricerca biomedica e della biosensoristica in generale. La tecnica permette di osservare interazioni piccolissime trasformando il segnale in perturbazioni nanomeccaniche al moto di un microcantilever usato come sonda. Tipicamente i cantilever sono spessi da 200 nm a 3 mm, larghi 20 a 100 mm e lunghi da 50 a 500 mm, possono avere diverse geometrie, ma la più diffusa è rettangolare, rassomigliante a quella di un trampolino di piscina. I biosensori basati su microcantilever presentano una serie di sfide che la comunità scientifica ha appena incominciato ad affrontare: la più importante è l'estrazione delle informazioni dalla risposta meccanica del cantilever.

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