Oltre i Led

Gli Oled (Organic Light-Emitting Diode) sono diodi Led che utilizzano materiale organico (invece che semiconduttore) in grado di emettere radiazione elettromagnetica in risposta ad un impulso di corrente opportunamente applicatovi. Le prime osservazioni dei fenomeni di elettroluminescenza nei materiali organici risalgono agli anni '50 ma è solo sul finire degli anni '80 che la tecnologia inizia a uscire dal mondo accademico. Minore tempo di risposta, consumi inferiori, più elevata brillantezza, angolo di visione più ampio, ingombri inferiori sono solo alcuni dei vantaggi che hanno determinato il crescente interesse verso questa nuova tecnologia, prevalentemente per la realizzazione di schermi in dispositivi consumer. Più di recente si è iniziato a guardare anche alle possibilità di impiego degli Oled per scopi di illuminazione. La previsione (stilata da Lux Research) sull'evoluzione del mercato degli Oled da qui al 2017 attende sostanzialmente una crescita costante, segnata da un Cagr del 34%, fino a raggiungere una quota di mercato di 11 bilioni di dollari nel 2017. Il settore trainante sarà certamente quello degli smartphone mentre la diffusione su larga scala dei televisori Oled dovrebbe, ancora per qualche anno, essere frenata dai costi elevati (che crescono significativamente con le dimensioni dello schermo). Più problematica appare invece l'adozione su larga scala nel mondo dei tablet, visto che in questo settore il brand dominante è certamente Apple ma la tecnologia Oled è in buona parte nelle mani di Samsung, principale competitor dell'azienda di Cupertino (ed è quindi difficile immaginare che nel breve periodo Apple decida di sostituire con Oled gli schermi Led dei propri tablet). Di seguito sono riportati alcuni spunti di interesse e novità tecnologiche segnalatisi nell'ultimo periodo nel mercato degli Oled.

Oled microscopici per applicazioni di image fusion
Alla conferenza Spie 'Defense, Security and Sensing' tenutasi a Grenoble nell'Aprile 2012, MicroOled, azienda francese specializzata nella realizzazione di micro display ad elevate prestazioni per applicazioni near-to-eye, ha presentato uno dei display Oled più piccoli oggi disponibili. Il dispositivo ha dimensione diagonale di soli 0,61 pollici (1,55 cm circa) e dispone di 5.4 milioni di dot, con architettura quad-pixel. Il display è realizzato nelle versioni bi-colore e tri-colore; i sub-pixel hanno geometria quadrata e pitch di 4,7 µm, richiedendo 0,2 W di potenza in normale funzionamento. I nuovi modelli succedono alla versione monocromatica che la stessa azienda francese aveva annunciato ad inizio 2012 e che era stata accolta con significativo interesse dai principali produttori di macchine professionali e sistemi di visione notturna. Si basano sulle soluzioni innovative sviluppate dalla MicroOled in collaborazione con i laboratori di ricerca della Thomson e del Cea-Leti (Laboratory for Electronics & Information Technology) di Grenoble e che consentono, ad esempio, una riduzione (rispetto a soluzioni analoghe allo stato dell'arte) della tensione operativa di un fattore 2 ed un incremento dell'efficienza energetica di un fattore fino a 4. I nuovi micro-display sono espressamente pensati per applicazioni di image fusion, che stanno trovando rapida diffusione soprattutto negli ambienti militari e nel settore della chirurgia medica. La versione bicolore è in grado di fondere, ad esempio, l'immagine di risoluzione fino a 4 Mpixel da un sensore di visione notturna con quella da un sensore termico da 1,3 Mpixel. Il modello tricolore consente invece la fusione di fino a 3 immagini ad elevata risoluzione o di due immagini con grafica sovrapposta generata digitalmente; supporta immagini in bianco e nero di risoluzione fino a 2,6 Mpixel e in gradazioni di rosso e ciano di risoluzione fino a 1,3 Mpixel. I microdisplay di MicroOled implementano image fusion direttamente a livello ottico riducendo così dimensioni, consumi e pesi dei sistemi, come richiesto dalle tipiche applicazioni in ambito militare. Le tecniche di image fusion digitale, diversamente, pur implementando funzionalità di compressione e trasmissione dei dati e processing in tempo reale, supportano risoluzioni inferiori (tipicamente fino a 1000 linee per frame) e richiedono maggiore potenza elettrica e maggiori ingombri.

Oled spintronici
Gli Oled tradizionali utilizzano tipicamente polimeri organici o materiali organici fosforescenti per generare luce; la radiazione elettromagnetica viene emessa a seguito del decadimento degli eccitoni, gli stati legati in cui elettroni e lacune ricombinano quando viene applicata la corretta tensione di polarizzazione all'Oled. La cella è direttamente controllata dalla tensione applicata agli elettrodi dell'Oled e l'informazione è legata alla carica elettrica presente nella giunzione a semiconduttore. Recentemente alcuni ricercatori dell'Università di Utah hanno invece provato ad applicare le nuove tecnologie spintroniche alla realizzazione di Oled controllati mediante campi magnetici. Tali tecniche spintroniche, nate negli anni '80, sfruttano le proprietà di trasferimento di carica dipendenti dallo spin degli elettroni nei dispositivi a stato solido. I nuovi Oled spintronici si basano sull'architettura delle spin valvole organiche inventate dagli stessi ricercatori dell'Università di Utah nel 2004. Tali valvole consistono di un semiconduttore organico (tipicamente un composto a base di idrogeno) racchiuso tra due elettrodi ferromagnetici, di cui uno realizzato in cobalto e l'altro in un ossido di manganese. Orientando opportunamente lo spin degli elettroni presenti nello strato di materiale organico è possibile regolare il trasferimento di carica lungo la valvola. Negli Oled spintronici come materiale organico è utilizzato un polimero basato sul deuterio (al posto dell'idrogeno) e viene inoltre depositato sull'elettrodo in cobalto un sottile film di fluoruro di litio. Ciò rende possibile iniettare contemporaneamente nella valvola elettroni e lacune, dai due opposti elettrodi, opportunamente polarizzati mediante bassa tensione; un campo magnetico è quindi utilizzato per controllare, direttamente, l'orientamento dello spin degli elettroni e, indirettamente, il flusso di carica. La formazione degli eccitoni, come conseguenza della ricombinazione elettroni-lacune all'interno del polimero, e il successivo decadimento di questi determinano l'emissione di luce. Nel prototipo realizzato dai ricercatori dell'Università di Utah, la luce emessa è di colore arancione, ma secondo gli stessi ricercatori sarà possibile entro un paio di anni arrivare alla capacità di controllare la frequenza della radiazione emessa mediante il campo magnetico applicato; negli Oled tradizionali, invece, il colore della luce dipende soltanto dalle proprietà del materiale semiconduttore utilizzato. Oltre a ciò, tra i vantaggi degli Oled spintronici rispetto alle soluzioni tradizionali, si possono annoverare la capacità di lavorare con minore tensione di polarizzazione agli elettrodi e la possibilità di controllare l'intensità di luce mediante lo stesso campo magnetico (invece che in base alla intensità di corrente iniettata). Tuttavia saranno necessari ancora alcuni anni di ricerca prima che la tecnologia diventi matura al punto da essere commercializzata e soprattutto dovranno essere risolti ancora alcuni nodi da questo punto di vista. Uno di questi è, ad esempio, la temperatura di lavoro di tali dispositivi; il prototipo funziona attualmente alla temperatura di -33° C mentre l'impiego in ambito consumer richiederà il funzionamento a temperatura ambiente.

Standardizzazione
Come sempre accade, affermazione e diffusione di una nuova tecnologia sono fortemente legati agli sforzi ed alle attività di standardizzazione in quel settore. Nel mercato degli Oled si segnala in questo senso la recente pubblicazione nel Gennaio 2012 dello standard Iec, Oled displays - Measuring methods of visual quality and ambient performance. Lo standard specifica le condizioni ambientali e di illuminazione e i metodi di misura da applicare per la determinazione della qualità visiva dei pannelli Oled. Indica l'ispezione visuale come il metodo principale per la classificazione dei difetti visivi e fornisce quindi la lista dei requisiti da verificare; riporta diverse immagini di esempio di difetti visivi e descrizioni di set-up di test.

Nuovi materiali
Gli svantaggi principali dei dispositivi Oled sono i costi più elevati dei processi produttivi e le variazioni di prestazioni (bilanciamento dei colori, riduzione dell'efficienza del blue etc.) lungo l'arco di vita utile dei pannelli. In questo senso molte delle attività di ricerca sono rivolte allo studio di nuovi materiali. Tra i progetti più interessanti recentemente conclusisi vi è ad esempio il programma Nemo, finanziato dalla Comunità Europea e dal Governo tedesco con uno stanziamento complessivo di 29 milioni di euro. Il progetto, iniziato nel 2009 e durato 3 anni, è stato condotto da un consorzio di aziende coordinato dalla Merck (multinazionale tedesca del settore chimico e farmaceutico, entrata nel mercato degli Oled con l'acquisizione nel 2008 della Oled-T ) ed a cui hanno preso parte importanti centri di ricerca (come il Fraunhofer Institute). Tra i risultati più interessanti del programma, secondo quanto finora pubblicamente riportato dalla Merck, vi è il test di nuovi materiali fosforescenti con vita utile (estrapolata considerando il limite del 50% di degradazione della brillantezza iniziale) di oltre 200 mila ore, rispetto al valore tipico di 10 mila ore delle soluzioni odierne. Allo stesso tempo, le ricerche hanno evidenziato pure un incremento dell'efficienza, passata da 30 candele/A a oltre 70 candele/A ad una brillantezza di 1000 candele/cm2 (la candela è l'unità di misura standard della luminosità ed è definita come la potenza di luce emessa in una particolare direzione, mediata rispetto alla funzione di luminosità, che è un modello standard della sensibilità dell'occhio umano alle diverse lunghezze d'onda). Gli stessi materiali poi si prestano più facilmente alla realizzazione di pannelli mediante processi di stampa che, grazie alla migliore resa rispetto ai processi di evaporazione in vuoto, dovrebbero favorire la riduzione dei costi di produzione degli Oled.

Un browser web
per dispositivi con schermo Oled

I display Oled, per loro stessa natura, sono piuttosto inefficienti (in termini di potenza dissipata) nella visualizzazione di immagini con colori accesi. Ciò rappresenta un problema non trascurabile nel caso dei dispositivi mobile, quando utilizzati per la riproduzione di contenuti web, tipicamente caratterizzati da elevata brillantezza. Studi recenti mostrano infatti che il colore dominante delle pagine web, fino anche per oltre l'80%, è il bianco e che oltre il 50% delle pagine tipicamente visualizzate con smartphone non sono ad oggi ancora disponibili in versione ottimizzata per dispositivi mobile; d'altra parte, è pur vero anche i diversi modelli di schermi Oled adottati dai vari dispositivi mostrano diverse caratteristiche potenza elettrica-colore, così da rendere impossibile definire uno schema di colore unico ottimizzato. Partendo da queste considerazioni, i ricercatori della Rice University hanno messo a punto un nuovo browser per dispositivi mobile, denominato Chameleon, in grado di calcolare in tempo reale una trasformazione dello spazio dei colori della pagina web che consenta la riduzione della potenza dissipata dallo schermo. Il browser costruisce inizialmente un modello del consumo di potenza dell'Oled presente a bordo del dispositivo mobile in funzione dei colori visualizzati, utilizzando una serie di immagini campioni e leggendo i relativi assorbimenti di potenza. Quindi esegue una statistica delle immagini precedentemente visualizzate per stimare il contenuto di colore delle pagine successive del sito; a queste applica una trasformazione dello spazio di colore tale da ottimizzare il consumo di potenza. Ovviamente è prevista la possibilità da parte dell'utilizzatore di configurare opportuni parametri che permettono al browser di tenere in conto, nella trasformazione, le preferenze personali. Le stime dei ricercatori sono che la riduzione del consumo di potenza ottenibile è tipicamente fino anche al 41% a fronte di un incremento dello stesso, a causa delle funzionalità addizionali di processing in tempo reale richieste al browser, di solo il 5%. Lo stesso overhead computazionale appare trascurabile, risultando inferiore a 70 ms, a fronte dei 2 - 8 secondi tipicamente richiesti per l'aggiornamento di una pagina web su dispositivi smartphone. Il training del browser, per la raccolta della statistica sufficiente a modulare la trasformazione di colore in modo efficiente, è stimato in circa 2 settimane.

Oled flessibili
Gli Oled tradizionali, come accennato inizialmente, sono realizzati su un substrato di vetro. Sostituendo al vetro materiali plastici è possibile realizzare strutture flessibili. Gli ultimi anni hanno visto un crescente interesse verso queste nuove tecnologie, sulla scia soprattutto delle applicazioni che potrebbero derivarne, dai 'rollable display' alla carta elettronica fino agli schermi ripiegabili (impiegabili su superfici curve o dispositivi indossabili) ed ai sistemi ottimizzati per l'illuminazione ambientale. Non mancano neanche i vantaggi tecnologici; gli Oled flessibili possono essere realizzati mediante deposito delle sostanze organiche sul substrato plastico con tecniche derivate dalla stampa Inkjet, il che permetterebbe di adottare metodi di fabbricazione roll-to-roll con significativa riduzione dei costi. Come al solito, diversi sono però anche i punti ancora da chiarire soprattutto per quanto concerne la resistenza a stress di tali dispositivi; oltre allo stress proprio delle operazioni di piegatura dello schermo, si devono infatti tenere in conto le sollecitazioni residue del processo di deposito del materiale organico e di diversa dilatazione termica. In generale i diversi fattori determinano una riduzione della efficienza e brillantezza del dispositivo. Inoltre il materiale tipicamente usato per la realizzazione dell'elettrodo trasparente è un ossido di Indio piuttosto fragile e rigido; in alternativa è stato considerato l'impiego di nanotubi al carbonio. Critico appare pure il packaging stesso dello schermo, nella misura in cui la sostituzione del vetro correntemente utilizzato con materiale flessibile non sembra assicurare la necessaria protezione del substrato organico dell'Oled dagli agenti ambientali. I primi prototipi di Oled flessibili sono stati presentati tra il 2009 e il 2010. Nell'Aprile 2009, ad esempio, la Agfa Materials, a termine di un'attività di ricerca finanziata in parte all'interno del progetto Fast2Light del Settimo Programma Quadro europeo (FP7), ha mostrato il primo Oled flessibile di grosse dimensioni (12 x 12 cm2) realizzato senza impiego di Ito come elettrodo trasparente. Solo un anno più tardi (nel 2010), Sony ha quindi presentato un modello di schermo flessibile di risoluzione 432x240 pixel e dimensioni 4,1“ per applicazioni in ambito mobile (il progetto è rimasto a livello prototipale, tuttavia, non essendo stato ad oggi ancora commercializzato). In effetti, proprio le applicazioni nei dispositivi mobile sembrano fare da traino principale alla ricerca in questo settore. In questo caso, l'adozione dei Oled flessibili, lungi dal prospettare la possibilità di realizzare smartphone ripiegabili, permetterebbe soprattutto di ridurre lo spessore dei dispositivi e migliorarne significativamente la resistenza a urti. Una delle aziende più attive nella ricerca in questo settore è stata, in particolare, Samsung che ha più volte annunciato la prossima uscita di dispositivi mobile con Oled flessibile (salvo poi rimandarne la commercializzazione). Secondo le ultime indicazioni del Novembre 2012, il prossimo Galaxy 4 dovrebbe finalmente essere dotato di un display Oled flessibile di risoluzione 1080p e dimensioni 5”.

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