L’editoriale di marzo 2012!

Si è aperto con soddisfazione questo mese di marzo. Se non altro sul lato dei risultati economico-finanziari e per quel po' di considerazione che abbiamo riconquistato da parte dei mercati dopo mesi di acute difficoltà. Il termometro dello stato dell'Italia, il famoso differenziale di rendimento fra titoli di stato italiani e tedeschi, è tornato in queste ore ad attestarsi su quote ragionevoli, quelle lasciate - per intenderci - all'inizio della torrida estate del 2011. I mercati azionari sono in decisa crescita a partire dall'inizio dell'anno, nonostante le agenzie di rating continuino ad accanirsi contro il nostro Paese e nonostante i segnali di cambiamento che arrivano dall'interno (e dall'esterno) non siano sempre positivi.
Giusto per fare due esempi: i dati ISTAT sulla disoccupazione per il mese di gennaio fanno segnare un aumento del 2,8% rispetto a dicembre, con un +14,1% su base annua, pari a 286 mila nuovi disoccupati; sul fronte della lotta all'evasione il Governo sta combattendo una guerra su tutti i fronti, ma l'Italia rimane ancora il paese peggiore in Europa: secondo dati recenti, nel 2009 sono stati 180 i miliardi di euro di evasione fiscale, pari al 27% del gettito totale. Se pensiamo che con tale cifra riusciremmo a rimborsare il debito pubblico accumulato in circa un decennio, si capiscono tante cose.
Naturalmente, come dichiarato dal presidente del consiglio Mario Monti, ora è il momento della crescita e noi gli crediamo, ma la sfida non sarà certo semplice da affrontare. La crescita in questo momento sta subendo un evidente rallentamento (lo dimostrano i recenti dati sull'indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, che - su base congiunturale - è salito dello 0,7% a gennaio, attestandosi al 3,3% su base annua, contro il 3,7% di dicembre), le banche sono sempre più restie a concedere prestiti ad aziende e famiglie (preferendo speculare sui soldi presi a prestito dalla BCE, invece di dirigerli verso l'economia reale), le proposte di cambiamento del mercato del lavoro sembrano non trovare una soluzione agevole rischiando di trasformarsi nel detonatore di una situazione sociale esplosiva.
Già, perché non si tratta solo di conti, ma di trovare il modo di cambiare una mentalità, un modus vivendi che si è stratificato negli anni e nei decenni a tutti i livelli della società.
La sensazione che sembra delinearsi sempre più è che il governo, con la bontà delle sue manovre, stia correndo sì, ma su un tapis roulant: due velocità in un'unica direzione. Un conto è infatti varare decreti legge, ben diverso è cambiare una mentalità consolidata. Per i primi è necessaria qualche settimana, per modificare mentalità e abitudini di un paese ci vogliono anni. È un po', appunto, come correre sul nastro trasportatore di un aeroporto: sembra di volare e ci si entusiasma per la velocità, poi ci si rende conto che, una volta arrivati, i bagagli lasciati indietro hanno bisogno di tempo per raggiungerci.


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