Le problematiche legate alla presenza e alla generazione di cariche elettrostatiche e ai danni che queste provocano sui prodotti sensibili (ESDS), possono essere gestite attraverso una notevole quantità di materiali e prodotti per il packaging ESD attualmente disponibili sul mercato. Caratteristiche elettriche, meccaniche e costi sono elementi basilari da tenere in considerazione nell'ambito della scelta di imballaggi ESD e non. Un ultimo fattore da alcuni anni si affaccia, all'inizio timidamente e ora prepotentemente e pretende di avere un suo ruolo nelle scelte: l'impatto ambientale.
Definizione di parti sensibili a esd
Di seguito sono elencati i “prodotti sensibili alle cariche elettrostatiche” indicati dalla
normativa CEI EN 61340-5-1:
• un singolo dispositivo;
• una scheda;
• un assieme elettronico;
• un prodotto finito.
Eventi ESD (campi elettrostatici-scariche) possono provocare danni a diversi prodotti elettronici durante le fasi di manipolazione e assiematura, nonché durante il trasporto. I danni si manifestano attraverso degradazione, variazione dei parametri e/o deterioramento delle prestazioni fino alla rottura. Paradossalmente il danno più grave è quello meno drammatico sotto il profilo economico (bruciatura/rottura del componente). Infatti, una scheda che non funziona viene eliminata dal ciclo produttivo, mentre il danno più grave è rappresentato dal così detto “ferito che cammina”, ovvero da quel componente che continua a funzionare pur avendo subito uno shock elettrico potenzialmente in grado di generare una degradazione, un assottigliamento delle piste o una bruciatura dei dielettrici. Tale degradazione, prima o poi, provocherà quasi certamente un malfunzionamento della macchina/assieme in cui è inserito, con conseguenti effetti negativi circa la soddisfazione del cliente, circa l'immagine, oltre ai maggiori costi di riparazione e sostituzione.
Gli imballaggi (packaging)
Gli imballaggi contribuiscono in maniera determinante a risolvere o aggravare il problema delle cariche elettrostatiche. La progettazione di un sistema di protezione efficace non può prescindere dal considerare di fondamentale importanza ciò che viene a contatto con i prodotti/componenti e ciò che viene introdotto nella aree protette (EPA). Qualunque componente o scheda sarà alloggiato in un contenitore per la movimentazione all'interno dell'area. In quest'area, inoltre, ci deve arrivare e prima o poi dovrà andarsene, subendo trasporti brevi o lunghi e, forse, altre manipolazioni. Ne consegue la necessità di disporre di un imballo adeguato.
La funzione di un imballaggio è quella di:
• contenere e/o raggruppare un certo numero di prodotti;
• assicurare la protezione del prodotto nelle fasi di movimentazione e trasporto;
• consentire l'individuazione del contenuto.
Ma un imballo ESD deve anche:
• non generare cariche elettrostatiche;
• essere in grado di dissipare eventuali cariche sulla superficie o in volume;
• schermare il contenuto da eventi ESD esterni (gabbia di Faraday).
Norme e decreti si sovrappongono nelle definizioni della funzione degli imballaggi.
Ai fini della protezione ESD, gli imballaggi possono essere considerati come:
• Imballaggio intimo (a diretto contatto con l'ESDS);
• Imballaggio di prossimità (che si trova in prossimità dell'ESDS, ma non è previsto che possa venirne in contatto);
• Imballaggio secondario (che normalmente ottempera a funzioni meccaniche).
Anche le legislazioni Europee si sono dovute occupare di imballaggi in ottemperanza alle direttive CEE del 1991 e 1994 sulla gestione dei rifiuti e, quindi, anche dei rifiuti da imballaggio. La legge Italiana, con il Decreto Ronchi (Decreto Legislativo 22/97), propone una diversa classificazione degli imballaggi in base alla loro funzione. Non ne tratteremo in questa sede, se non altro per l'inevitabile risvolto ambientale.
Caratteristiche
L'evoluzione tecnologica sta portando a una sempre più drastica miniaturizzazione dei componenti e questo si traduce in una maggiore sensibilità elettrica dei componenti stessi e delle schede. Gli imballi, di conseguenza, dovranno essere sempre più performanti per garantire le caratteristiche suddette, in aggiunta alle caratteristiche meccaniche tipiche di ogni imballo. I materiali utilizzati per realizzare packaging ESD sono principalmente le materie plastiche e il cartone ma, a differenza degli imballi tradizionali, questi sono trattati in superficie oppure integrati con additivi in grado di renderli più o meno conduttivi. I trattamenti ESD sono in grado di offrire opportune proprietà antistatiche evitando l'accumularsi dell'elettricità statica sulla loro superficie, oltre a garantire la capacità di tornare in condizioni neutre (scaricarsi) quando connessi a terra, oppure se posti in contatto con un conduttore. Le normative IEC definiscono 3 classi di materiali da impiegare per la realizzazione del packaging ESD:
• materiali Statico-Dissipativi (resistenza superficiale compresa tra 1*105 Ω e 1*1011 Ω al 12% di umidità relativa);
• materiali conduttivi (resistenza superficiale compresa 1*102 Ω e 1*105 Ω al 12% di umidità relativa)
• materiali schermanti (<50 nJ);
La normativa stessa impone che i valori di resistenza siano garantiti con condizioni di umidità relativa molto bassa (12%) in quanto si osservano importanti variazioni di resistenza passando da percentuali più alte a percentuali più basse.
Ad esempio, la carta Kraft utilizzata per gli imballi, e di più ancora la carta riciclata, quando misurate in condizioni di alta percentuale di UR, potrebbero apparire adeguate per il packaging di ESDS grazie alle loro buone proprietà igroscopiche, che consentono un facile aumento della percentuale di acqua con conseguenti valori di resistenza ESD entro i limiti degli standard. Passando però in condizioni di clima secco, si attiva un processo di disidratazione che agisce positivamente sulle performance meccanich,e ma negativamente sulle performance antistatiche (tendenza a generare/trattenere cariche ESD).
Marcatura
Al fine di informare gli utenti sulle caratteristiche degli imballi e al fine di stimolare l'attenzione sulla sensibilità del contenuto, la normativa ha stabilito univocamente la simbologia da adottare per marcare gli imballaggi ESD.
Il simbolo rappresentato nella foto, possibilmente su sfondo giallo, sta a indicare che il packaging è idoneo alla protezione di prodotti sensibili alle cariche elettrostatiche (ESDS). Viene inoltre accompagnato dalle lettere:
S = Schermante
D = Elettrostaticamente dissipativo
C = Elettrostaticamente conduttivo
Il simbolo, come tutti i simboli, ha il vantaggio, rispetto a una scritta, di essere compreso indipendentemente dalla lingua. Qualora vi debbano essere delle scritte, queste devono essere espresse nella lingua dell'utilizzatore principale, anche se generalmente sono presenti in lingua inglese.
La norma richiede di stampare anche la data di fabbricazione, in quanto molte materie plastiche col passare del tempo perdono le loro caratteristiche antistatiche. Purtroppo la data di fabbricazione del packaging viene spesso interpretata come la data di produzione del componente e molte aziende chiedono di non stampare alcuna data, così come il nome del produttore, per ovvi motivi commerciali.
Tipologie e caratteristiche degli imballaggi
Con “imballaggio” si intende comunemente l'involucro usato per la spedizione. Occorre invece ampliare il concetto ed estenderlo a tutto ciò che serve anche per la movimentazione, il raggruppamento e lo stoccaggio.
Anche se passano spesso inosservate, sono innumerevoli le tipologie di prodotti atti a raggruppare, proteggere, movimentare, spedire, immagazzinare, ecc.
È sottile il confine tra prodotti per l'imballo e per la movimentazione interna: dalle buste schermanti, alle scatoline conduttive o ai tubi per IC, dalle cassette porta schede ai ripiani di cartone o plastici, termoformati, espansi in poliuretano o in polietilene, scatole di cartone semplici, con alveare, con spugne applicate, fino ai bancali (disponibili anch'essi antistatici) e ai “cartonpallet”. Perfino le etichette sono parte dell'imballaggio. La durata utile, la possibilità di recuperare l'imballo (il calcolo della “vita media”) e il costo sono generalmente le componenti che vengono pesate quando si decide quale imballo adottare. Le buste antistatiche o schermanti sono generalmente monouso. Quando occorre invece un vassoio con separatori per la movimentazione delle schede, la possibilità di recupero e riutilizzo sono determinanti nella scelta cartone/plastica. L'imballo finale non recuperabile è quasi sempre in cartone.
Qualora il componente fosse anche sensibile all'umidità (MSD = Moisture Sensitive Device), la busta barriera in materiale plastico è la più idonea a fornire una adeguata protezione.
Per quanto riguarda la protezione dalle cariche elettrostatiche, un imballo conduttivo oppure l'impiego di una busta schermante garantiscono una protezione sicura per la movimentazione tra siti oppure tra aree protette. Si sottolinea che occorre fare particolare attenzione in presenza di prodotti dotati di componenti alimentati (esempio batterie tampone), i quali potrebbero scaricarsi se posti a diretto contatto con superfici conduttive. In questo caso è necessario prevedere l'impiego una busta statico dissipativa con resistenza superficiale superiore a 1*10¬¬8 Ω, o una adeguata separazione meccanica, mediante vani o fustellature specificatamente studiate.
Costi
In riferimento ai costi è possibile affermare in generale che per i prodotti plastici e soprattutto per gli espansi (poliuretano e polietilene) il trattamento statico dissipativo è meno oneroso del conduttivo; per il cartone invece i costi dei trattamenti ESD sono allineati. Per questo motivo il cartone conduttivo è maggiormente usato in quanto, a parità di costo, garantisce una maggiore protezione .
Durata, contaminazione
Un altro aspetto da tenere in considerazione è l'affidabilità nel tempo del materiale. In qualche caso alcune materie plastiche trattate con additivi garantiscono una protezione limitata nel tempo, al contrario del cartone conduttivo che è in grado di mantenere a lungo inalterate le sue proprietà. I processi di fabbricazione, che necessitano di dati certi e costanti, devono tenerne conto. Tutti i materiali, per contatto o sfregamento, rilasciano particelle. In altre parole “si consumano”. Queste particelle negli imballi conduttivi sono inevitabilmente conduttive. Generalmente le materie plastiche da questo punto di vista sono più “robuste” e quindi più “pulite” del cartone, anche se le moderne tecnologie di stampa mettono a disposizione la possibilità di fissare in modo sempre più efficace i pigmenti conduttivi anche sul cartone.
Il cartone conduttivo
Esistono molti tipi di cartone conduttivo. Sono per la quasi totalità cartoni ondulati, anche se esiste la possibilità di rendere conduttivi i cartoncini e cartoni compatti di qualsiasi grammatura. I cartoni ondulati possono essere realizzati utilizzando carte rese conduttive già in fase di impasto o, semplicemente, impregnando la superficie con una vernice conduttiva adeguatamente fissata. Secoli di esperienza nella stampa della carta l'hanno resa il materiale più adatto a ricevere qualunque tipo di trattamento. I cartoni ondulati conduttivi più diffusi sono a una o due onde. Il cartone a ”tre onde” è usato generalmente per imballi di grandi dimensioni e con caratteristiche meccaniche molto elevate. Com'è noto esistono molti tipi di carte. Le carte che compongono il cartone ondulato sono principalmente di tre tipi:
K = KRAFT
T = TEST
L = LINER
Questi tre tipi si differenziano tra loro per la percentuale di carta da macero presente rispetto alla fibra vegetale naturale. Quella che si comporta meglio in stampa e che quindi è la più idonea a ricevere il trattamento per renderla conduttiva è la carta KRAFT, carta che deve presentare una percentuale di fibra vergine pari almeno all'80%. Si fanno cartoni conduttivi anche con carte riciclate (TEST) e parzialmente riciclate (LINER). Oltre che per la quantità di macero presente nell'impasto, le carte si differenziano tra loro anche per la grammatura, che spazia da un minimo di 125 gr/mq fino a 300 e oltre. Le onde sono realizzate con altri tipi di carta, adatti a subire il procedimento di ondulazione; si differenziano, oltre che per la grammatura, anche per lo spessore o “passo” dell'onda. Le più usate per i cartoni conduttivi si classificano in:
• Onda E (detta microonda): spessore minimo 1,5 mm;
• Onda B (detta onda bassa): spessore minimo 2,8 mm;
• Onda C (detta onda alta): spessore minimo 3,5 mm (poco usata).
L'accoppiamento di queste onde dà inoltre origine agli altri cartoni a doppia onda. I più diffusi per gli imballi conduttivi sono:
• onda BC (detta impropriamente triplo): spessore 6,3 mm;
• onda EB (detta microtriplo) spessore 4,3 mm.
L'ondulazione trasforma fragili fogli di carta in un materiale nuovo, le cui caratteristiche non sono la semplice somma delle performances dei loro componenti.
In questa giungla di tipi diversi di cartone si può sicuramente trovare il cartone più adatto per ogni esigenza.
Tutti gli imballaggi in cartone ondulato, compresi quelli conduttivi, possono essere sottoposti a prove meccaniche di resistenza alla caduta, alla compressione verticale , all'accatastamento, alla perforazione e molte altre secondo norme ISO, UNI, EN, TAPPI, FEFCO in funzione delle esigenze specifiche alle quali devono rispondere.
Le scatole conduttive
Si realizzano scatole conduttive generalmente copiando le scatole normalmente utilizzate nell'imballaggio comune, anche se alcune tipologie hanno ottenuto maggiore diffusione di altre. La FEFCO (Federazione Europea Fabbricanti Cartone Ondulato) ha classificato le varie tipologie di scatole allo scopo di renderle universalmente riconoscibili.
Le maggiormente diffuse nell'imballaggio conduttivo sono:
FEFCO 200 FEFCO 422
FEFCO 427 FEFCO 470
FEFCO 509 (503 + 907) FEFCO 934
Risulta spesso molto semplice realizzare ulteriori protezioni accoppiando il cartone con espansi, anche se la normativa sui rifiuti da imballaggio vorrebbe che i diversi materiali fossero facilmente separabili per poterli avviare correttamente alla raccolta differenziata. Purtroppo questi accoppiati finiscono inevitabilmente nel residuo secco non riciclabile destinato alla discarica o all'inceneritore.
Sarebbe invece opportuno che gli imballaggi fossero monoprodotto, anche se ciò comporta spesso una progettazione specifica. È infatti possibile studiare interni fustellati in cartone o termoformati in materiale plastico, in grado di bloccare e proteggere molto efficacemente schede, componenti e apparecchiature di ogni tipo senza incollare tra di loro materiali diversi, operazione che li rende, di fatto, non più riciclabili.
L'impatto ambientale
Introduciamo ora un concetto solo parzialmente sfiorato nei capitoli precedenti: l'ambiente. Il discorso ambientale riguarda tutti gli imballaggi e quindi anche quelli ESD.
L'Unione Europea si è da tempo attivata e ha emanato direttive recepite ormai da tutti gli stati membri, i quali hanno adottato provvedimenti legislativi finalizzati a ridurre l'impatto ambientale dei rifiuti da imballaggio, che rappresentano ben oltre la metà dei rifiuti prodotti.
In Italia il già citato decreto Ronchi ha costituito una serie di consorzi obbligatori che fanno ricadere sui produttori di imballaggi l'onere della raccolta e dello smaltimento, incentivando la raccolta differenziata, il riutilizzo ed il riciclo.
Un sistema di imposte (il ben noto contributo CONAI) premia o penalizza quei settori e quei prodotti da imballaggio che raggiungono o meno gli obiettivi di raccolta e riciclo fissati.
Il contributo raccolto si è rivelato un'importante fonte di finanziamenti, che hanno permesso di realizzare le piattaforme ecologiche in moltissimi comuni e di avviare la raccolta differenziata. Ha inoltre risvegliato una coscienza collettiva di rispetto ambientale. Tuttavia le aziende normalmente si limitano a fare i conti con l'impatto immediato che certe scelte hanno sul proprio conto economico. Il moderno concetto di “green” spesso contrasta con le abitudini di scelta e a volte anche con le esigenze di risparmio. A volte invece si scopre con piacere che una scelta più “ecologica” è anche quella più economica. Si tratta solo di superare la pigrizia e l'inerzia e di valutare , magari facendosi aiutare da esperti di packaging, una soluzione diversa da quella in uso. E' importante ai fini ambientali tenere sempre presente che i costi di una scelta non sono solo quelli immediatamente percepiti. Esistono anche costi occulti che possono pesare sia sull'impatto ambientale che sui costi sociali dovuti ad esempio all'inquinamento o al traffico veicolare. Essi non gravano sulle economie dei singoli individui o delle aziende ma sull'intera collettività. In questi casi deve inevitabilmente intervenire il legislatore introducendo norme per regolamentare o indirizzare le scelte. La tecnologia prevede l'impiego di imballi specifici come quelli barriera (utilizzati per proteggere i componenti dalla umidità), insostituibili al momento ma che purtroppo non conciliano con le esigenze ambientali. Materiali semplici come il cartone sono invece biodegradabili. Per quanto le leggi cerchino di orientare le scelte spostando le convenienze economiche, sta sempre all'uomo l'ultima parola.