Dimagrimento indossabile

Il crescente impiego di soluzioni di intrattenimento elettroniche può comportare una riduzione dell’attività fisica, con conseguenti problemi di salute. La tecnologia può quindi essere una concausa dell’obesità, ma può anche essere utilizzata per combatterla. I moderni pedometri elettronici e i ‘fitness tracker’ che monitorano l’attività fisica favoriscono infatti uno stile di vita più sano e la loro efficacia è dimostrata. L’offerta di fitness tracker “indossabili” è in aumento e, per promuovere l’attività fisica, questi prodotti sono oggi dotati di funzionalità sempre più ricche che vanno ben oltre il semplice conteggio dei passi. Questi dispositivi, però, sono efficaci solo se effettivamente utilizzati. E per indurre le persone a utilizzarli devono essere discreti, richiedere poca manutenzione, essere piccoli e leggeri, ed assicurare una lunga autonomia per minimizzare la seccatura della ricarica. La capacità energetica della batteria è legata alle sue dimensioni, pertanto prolungare l’autonomia senza rendere il dispositivo più ingombrante e più pesante può risultare difficile. Poiché la batteria è generalmente uno dei componenti più grossi di un dispositivo indossabile, l’equilibrio tra budget energetico e dimensioni è un aspetto delicato del progetto.

La sfida progettuale
Per ridurre dimensioni e peso dei dispositivi indossabili occorre minimizzare l’energia estratta dalla batteria, così da poter impiegare accumulatori più piccoli. Sotto questo aspetto i dispositivi indossabili sono simili a tutte le altre applicazioni alimentate a batteria, ma sono molto più piccoli e quindi richiedono un diverso livello di ottimizzazione. Il dispositivo indossabile deve svolgere rapidamente le attività che consumano più potenza e trascorrere più tempo possibile in uno stato di standby inattivo. La corrente disponibile è però notevolmente più bassa che nelle normali applicazioni mobili. Per ottenere un’autonomia di una settimana con una batteria da 50 mAhr, il valore medio della corrente deve essere inferiore a 300 µA. Ponendo che l’assorbimento in standby sia pari al 25% di tale valore medio, la corrente in questa modalità deve essere inferiore a 75 µA. Un regolatore buck con una corrente di quiescenza di 30 µA, quindi, consumerebbe quasi la metà di questo budget, rendendo apparentemente preferibile un regolatore lineare a bassa IQ. Ma sebbene la modalità stand-by consumi poche decine di microampere, spesso nel sistema si verificano picchi di corrente dovuti a periferiche quali i display o le radio, che possono richiedere decine di milliampere. Senza l’efficienza di un regolatore buck sarebbe quindi difficile rispettare il budget di potenza riservato alla comunicazione. L’ottimizzazione del consumo di potenza su un’ampia gamma di valori di carico richiede quindi compromessi delicati e una grande attenzione ai dettagli delle specifiche energetiche dei componenti.

Ridurre la tensione
Che si trovino in stato attivo o in standby, i componenti del dispositivo indossabile hanno bisogno di potenza per funzionare. Per ridurre il carico sulla batteria, dobbiamo minimizzare il consumo di potenza. Si consideri che la potenza è il prodotto della tensione per la corrente e che – in linea di massima - la corrente è proporzionale alla tensione. La potenza, pertanto, è generalmente legata al quadrato della tensione. La grande differenza tra l’andamento della corrente e della potenza, in funzione della tensione applicata, appare evidente rappresentando graficamente questi due parametri nel caso di un resistore. Sebbene non siano carichi puramente resistivi, anche i dispositivi attivi presentano spesso un consumo di potenza proporzionale al quadrato della tensione applicata. L’analogia appare evidente confrontando gli andamenti di corrente e potenza di un semplice dispositivo attivo, come l’oscillatore KC5032, con quelli di un resistore. La relazione con il quadrato della tensione spiega, in parte, come si verifichi un netto aumento della ‘potenza di calcolo per watt’ anche con una piccola riduzione della tensione. Spiega inoltre perché l’aggiunta di un regolatore lineare possa ridurre il consumo di potenza, anche se la conversione è inefficiente e la corrente in ingresso è sostanzialmente uguale alla corrente d’uscita. Molti dispositivi sono dotati di un regolatore di tensione interno, per motivi di risparmio energetico o per altre ragioni. Generalmente la regolazione interna è di tipo lineare e quindi la variazione di corrente risulta minimizzata. Il consumo di potenza complessivo, però, è sempre legato in modo lineare alla tensione di ingresso. In generale, per la maggior parte delle funzioni di sistema il consumo di potenza può essere minimizzato scegliendo i componenti che impieghino la più bassa tensione di alimentazione e facendoli funzionare all’estremità bassa della loro gamma di tensione d’ingresso.

Scegliere il regolatore giusto
Scegliere la giusta tensione di funzionamento è importante, ma altrettanto importante è scegliere il giusto regolatore per generarla. Come si è detto, il regolatore lineare interno di un dispositivo può ridurre il consumo di potenza diminuendo l’assorbimento di corrente dei circuiti interni. La regolazione lineare, però, non sfrutta a pieno la riduzione di tensione. La potenza si riduce perché cala la corrente che attraversa il regolatore, ma la potenza consumata è sempre il prodotto della tensione di ingresso per la corrente. La potenza effettivamente necessaria è solo il prodotto della tensione d’uscita per la corrente; il resto (cioè il prodotto della corrente per la differenza tra le tensioni d’ingresso e d’uscita) viene consumato dalla regolazione lineare. Per sfruttare appieno la riduzione della tensione occorre un regolatore a commutazione, ma in standby questo tipo di componente può arrivare a consumare l’intero budget di potenza disponibile. Pertanto, poiché i dispositivi indossabili trascorrono gran parte del tempo in standby, in passato era necessario sacrificare l’efficienza attiva ed usare un regolatore lineare a bassa IQ. Fortunatamente oggi esistono regolatori buck con IQ inferiori a 1 µA, che evitano la necessità di cercare un compromesso tra l’efficienza in modalità attiva e in stand-by. La riduzione della corrente di batteria resa possibile dall’adozione di uno di questi regolatori a bassa IQ può essere molto sensibile. Se il componente funziona con una tensione di 1,8 V e se la fonte è una batteria ricaricabile litio-polimero con una tensione media di 3,7 V, la corrente di batteria può essere quasi dimezzata. Ma non sempre il regolatore buck è la soluzione ottimale, soprattutto se la tensione d’uscita è superiore all’80% della tensione d’ingresso. Generalmente l’efficienza dei regolatori buck è del 90% circa, ma anche un regolatore lineare può raggiungere un’efficienza dell’85% se si deve ottenere (ad esempio) una tensione regolata di 3,2 V da una fonte a 3,7 V, potendo inoltre fare a meno dell’induttore. Rappresentando l’andamento dell’efficienza in funzione della corrente d’uscita, appare evidente che il regolatore buck con IQ da 1 μA offre un netto vantaggio con una tensione regolata di 1,8 V per carichi inferiori a 1 mA. Si noti però che la differenza è piccola quando la tensione regolata è di 3,2 V. Poiché questi dispositivi trascorrono molto tempo in standby, il regolatore buck con IQ da 1 μA è la scelta migliore per un’uscita ad 1,8 V; il regolatore lineare, però, occupa meno spazio sulla scheda ed è quindi la scelta migliore per un’uscita a 3,2 V. Occorre comunque ricordare che non tutti i convertitori a commutazione sono uguali. Valutate quindi con attenzione il comportamento del convertitore nelle vostre specifiche condizioni operative. Molti microcontrollori integrano un regolatore incorporato, ma non sempre quest’ultimo rappresenta la soluzione migliore ai fini della riduzione del consumo di potenza. Esaminare i dettagli tecnici è quindi importante per i regolatori interni come per quelli esterni. Per tensioni di alimentazione del core inferiori a 1,8 V, il passaggio da un regolatore lineare ad un regolatore a commutazione può ridurre il consumo di potenza del core stesso di oltre il 50%. Proprio per questo motivo molti microcontrollori offrono la possibilità di disabilitare il regolatore interno. Non si può dare per scontato che il regolatore incorporato sia la soluzione ottimale; cedere alla tentazione di utilizzarlo comunque, per semplicità, può costare molto in termini di consumo di potenza.

Conoscere la propria batteria
Una delle cose peggiori che possano accadere all’utilizzatore è l’arresto inatteso del suo dispositivo, quando ancora l’indicatore della batteria mostra della carica disponibile. Il podista abbandonato dal suo pedometro protesterà: “Eppure ci sono ancora delle tacche!” È importante, quindi, che l’indicatore sia preciso. Ogni incertezza sullo stato di carica della batteria o Soc (State of charge) deve essere sottratta dal valore di carica disponibile che viene mostrato all’utilizzatore. Per garantire una certa autonomia minima, la batteria deve essere “sovradimensionata” tenendo conto dell’imprecisione di questa misura.
Data l’importanza della batteria nel progetto del sistema, la scelta della modalità di misura dello stato di carica incide direttamente sulle dimensioni, sui costi e sulla soddisfazione complessiva dell’utilizzatore. I bassi valori di corrente tipici dei dispositivi indossabili rendono praticamente inutilizzabile il conteggio dei Coulomb; le tensioni rilevate sono troppo piccole per gli amplificatori di micropotenza e l’alta frequenza di misura comporterebbe un consumo di potenza eccessivo. L’unica soluzione utilizzabile è una tecnica basata sul monitoraggio della tensione. Il monitoraggio delle batterie ricaricabili al litio, però, può risultare molto difficile se basato unicamente su questo parametro; infatti la semplice lettura della tensione di batteria, eseguita con un Adc, non ci consente di conoscere il valore del Soc. Fortunatamente esistono indicatori di carica appositamente progettati per rispondere ai requisiti di questa applicazione. L’algoritmo ModelGauge, in particolare, offre la massima precisione nella determinazione della capacità residua della batteria. E una misura precisa del Soc della batteria non ha prezzo, quando si tratta di limitare lo spessore del dispositivo o di prolungarne l’autonomia.

L’approccio complessivo
Le sfide poste dalla progettazione di piccoli dispositivi indossabili richiedono ottimizzazioni di tipo diverso da quelle utilizzate nelle normali applicazioni mobili. Componenti e parametri che erano considerati ininfluenti divengono fattori critici per soddisfare i requisiti prestazionali. Tutte le funzioni devono essere ottimizzate per vincoli di potenza più stringenti e implementate in spazi ancora più piccoli. In questi dispositivi c’è poco spazio per la glue logic e per i componenti passivi; l’integrazione è quindi fondamentale. Oggi fortunatamente esistono dispositivi integrati ottimizzati per le applicazioni indossabili. Sono infatti disponibili soluzioni single-chip di gestione della carica che uniscono la regolazione dell’alimentazione, la gestione della batteria e le funzioni di supervisione, il tutto all’interno di piccoli contenitori Wlp. Per garantire una regolazione ottimale anche con bassi valori di tensione, questo dispositivo comprende sia un regolatore buck da 1,8 V con IQ inferiore a 1 µA, sia un Ldo a bassa IQ da 3,2 V. Impiega inoltre la tecnologia ModelGauge per un monitoraggio preciso della batteria. Il dispositivo infine integra anche varie funzionalità di uso comune nelle applicazioni indossabili: alimentazione del display/retroilluminazione, funzioni di supervisione come accensione, spegnimento e controllo delle sequenze. Componenti come questo aiutano i produttori di dispositivi fitness ad utilizzare meglio le batterie e quindi a far dimagrire i loro fitness tracker. Le aziende produttrici, quindi, possono ora realizzare dispositivi indossabili alimentati in modo ottimale, più piccoli, più leggeri e meno invadenti, dispositivi che potranno essere effettivamente utilizzati da molte persone.

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