Dal Belgio la nanoelettronica di domani

Forte del lavoro di oltre 1600 persone e di un fatturato di 270 milioni di euro, il centro Imec di Lovanio costituisce certamente una delle realtà europee più importanti nel campo della ricerca nanoelettronica. Può forse apparire strano che una struttura di questo tipo abbia sede in una piccola cittadina belga, ma occorre ricordare che Lovanio vanta un’importante e antica università cattolica e fa parte di un distretto hi-tech transnazionale comprendente anche la città olandese di Eindhoven (sede di Philips, NXP e ASML). Il 5 e il 6 ottobre scorsi Imec ha festeggiato il proprio venticinquesimo compleanno aprendo le porte alla stampa specializzata e riversando su giornalisti di tutto il mondo un’impressionante mole di informazioni tecniche. La sintesi contenuta in questo articolo interpreta le informazioni fornite dall’istituto belga come anticipazioni sulla nanoelettronica di domani; buona parte delle innovazioni messe a punto da Imec, infatti, sono finalizzate all’applicazione industriale in tempi brevi. Ora il passaggio dal laboratorio alla fabbrica è facilitato anche da un accordo di collaborazione con la fonderia Tsmc.

Litografia EUV
Attualmente uno dei principali filoni dell’attività di Imec è la litografia a raggi ultravioletti (EUV, extreme ultra-violet), necessaria per rimpicciolire le geometrie di processo fino al traguardo dei 22 nanometri e poi a dimensioni inferiori. Com’è noto, l’onda della luce visibile è troppo lunga per creare dettagli così piccoli; l’industria microelettronica, pertanto, si sta attrezzando per adottare sistemi litografici basati sui raggi ultravioletti, radiazioni caratterizzate da una lunghezza d’onda inferiore. Va precisato che per Imec e per i costruttori di apparati litografici il traguardo dei 22 nanometri è sempre corredato dall’indicazione “half pitch” (mezzo passo); in altri termini, la misura di 22 nanometri è riferita alla distanza tra due strutture identiche in un pattern ripetitivo come quello delle memorie. Nelle tecnologie fotolitografiche, infatti, creare pattern ripetitivi a passo denso è molto più difficile che realizzare una singola struttura di piccole dimensioni. Molti produttori di microprocessori e di altri circuiti logici giocano su questo equivoco e dichiarano le geometrie di processo facendo riferimento solo a singoli dettagli del circuito, non alla distanza “half pitch”. Attualmente Imec è impegnato nella costruzione dell’infrastruttura tecnologica necessaria per trasformare la litografia EUV in una realtà industriale. La ricerca riguarda principalmente i nuovi resist e le nuove maschere. Nel primo caso si tratta di trovare sostanze in grado di conciliare un’alta sensibilità ai raggi UV, un’ottima risoluzione e la capacità di dar luogo a linee non frastagliate. Le maschere, dal canto loro, devono essere esenti anche da difetti microscopici e devono essere trattate con estrema delicatezza poiché non possono essere coperte da pellicole protettive. Come ha spiegato Kurt Ronse, la sperimentazione condotta da Imec ha raggiunto risultati soddisfacenti fino a 30 nanometri; per scendere a 22 occorrerà aumentare la potenza delle sorgenti UV, migliorare i resist dal punto di vista dell’uniformità della larghezza delle linee, ridurre ulteriormente la difettosità delle maschere.

Riduzione delle dimensioni
Naturalmente i problemi da risolvere per l’adozione di processi a 22 nanometri non riguardano solo la litografia; altrettanto difficile è ottenere da dispositivi così piccoli il comportamento elettrico desiderato. Il primo scoglio da superare riguarda le perdite di corrente, che comportano un intollerabile aumento dei consumi. Il problema è dovuto a due cause principali: l’assottigliamento degli strati di ossido isolante e il passaggio di corrente anche al di sotto della soglia di commutazione. Tutta l’industria microelettronica sta oggi affrontando questi problemi: nel primo caso tramite l’adozione di nuovi materiali a bassa costante dielettrica e di nuovi gate stack, nel secondo tramite dispositivi basati su nuove architetture, come i transistor multigate. Il contributo di Imec – illustrato da Thomas Hoffmann – consiste nello sviluppo di un nuovo modello di gate stack e nella realizzazione di memorie basate su FinFET a 22 nanometri (ricordiamo che un FinFET è un particolare tipo di transistor multigate). Secondo Imec, scendendo a geometrie di 15 nanometri si porrà il problema della debolezza dei dispositivi dal punto di vista del pilotaggio in corrente; sarà quindi necessario considerare l’uso di materiali caratterizzati da alta mobilità dei portatori di carica. Sempre in tema di riduzione delle dimensioni, Zsolt Tokei ha descritto gli ultimi sviluppi nel campo delle interconnessioni a 10 nanometri, mentre Paul Marchal ha parlato delle attività sul fronte delle “through-silicon via” tridimensionali.

Germanio su silicio
E a proposito di materiali caratterizzati da alta mobilità dei portatori di carica, Matty Caymax ha illustrato le ricerche di Imec volte a realizzare dispositivi in germanio sfruttando i normali wafer di silicio e la relativa infrastruttura tecnologica, condizione indispensabile per contenere i costi. Ultimamente vari produttori di semiconduttori hanno ottenuto l’aumento della mobilità ricorrendo allo “strained silicon” (silicio con reticolo cristallino dilatato), ma questa soluzione temporanea ha ormai raggiunto il proprio limite fisico. Per scendere a geometrie di 15 nanometri e oltre saranno necessari nuovi materiali caratterizzati da valori di mobilità più alti, come appunto il germanio e altri elementi dei gruppi III e V. La difficoltà principale della crescita su silicio consiste nella differenza tra i due reticoli cristallini, che porta alla creazione di difetti. Confinando questi ultimi all’interno di “trench” e utilizzando una fase di tempra a 850 gradi, tuttavia, Imec è riuscito a raggiungere un livello di difettosità accettabile. Il problema della passivazione superficiale del germanio, invece, è stato risolto con la deposizione di uno strato di silicio. Permangono tuttavia vari problemi aperti, soprattutto per quanto riguarda i difetti all’interfaccia tra l’isolante del gate e il germanio. Sarà inoltre necessario adottare transistor dotati di nuove architetture.

Memorie non volatili
Le ricerche condotte da Imec nel campo delle memorie non volatili sono state illustrate da Jan Van Houdt. La riduzione delle dimensioni delle flash a gate fluttuante ha ormai raggiunto il proprio limite fisico, pertanto si rendono necessarie tecnologie alternative. Tra le soluzioni che Imec ritiene particolarmente promettenti è compresa la Charge Trap Flash, realizzabile anche con una struttura tridimensionale. Buone prospettive di sviluppo anche per le Rram, dispositivi basati su materiali che possono assumere due diversi valori di resistenza.

Led al nitruro di gallio
Per quanto riguarda invece il settore dell’illuminazione a Led, Imec sta conducendo ricerche su dispositivi realizzati in nitruro di gallio.(GaN). Come ha spiegato Marianne Germain, questo materiale offre una serie di interessanti caratteristiche: alto valore del campo elettrico di breakdown, alta densità di potenza, capacità di sostenere temperature elevate, possibilità di pilotaggio ad alta frequenza, basse perdite di potenza statica e dinamica. Tutto ciò si riflette positivamente non solo sulle prestazioni dei dispositivi, ma anche sul sistema in cui essi sono inseriti: la possibilità di pilotaggio ad alta frequenza, ad esempio, consente di ridurre le dimensioni dei componenti passivi esterni. Il nitruro di gallio fa parte di una famiglia di sostanze (tra cui è compreso anche InGaN) che emettono luce di colori diversi e che quindi possono essere utilizzate per realizzare Led di varie tonalità. Il problema principale di questi materiali è rappresentato dai costi; l’obiettivo tecnologico di Imec consiste nel far crescere il cristallo di GaN sui normali wafer di silicio da 200 millimetri, possibilità che renderebbe molto più economico il processo produttivo e aprirebbe la strada a integrazioni con altri dispositivi. Si tratta di un compito difficile, poiché i cristalli di silicio e di GaN sono molto diversi tra loro. Tramite la deposizione di uno strato intermedio, tuttavia, Imec ha ottenuto una densità di difetti simile a quella tipica dei substrati di zaffiro. Un’altra direzione di ricerca riguarda la possibilità di integrare nello stesso dispositivo strati che emettono luce verde, rossa e blu (tre sostanze diverse appartenenti allo stesso gruppo di cui fa parte GaN), per ottenere complessivamente una luce bianca. Oggi invece la luce bianca viene prodotta installando tre Led diversi nello stesso contenitore, oppure tramite Led a ultravioletti ricoperti da fosfori bianchi.

Comunicazione wireless
L’attività di Imec non riguarda solo le tecnologie di processo dei semiconduttori; l’istituto belga è impegnato anche nelle ricerche a livello di sistema, tramite lo sviluppo di progetti per circuiti integrati. Uno dei filoni principali riguarda il settore wireless, in particolare i terminali mobili e i sistemi nella banda dei 60 GHz. Per quanto riguarda il primo dei due temi, Imec sta attualmente sviluppando il concetto di “radio cognitiva riconfigurabile” (cognitive reconfigurable radio), un’evoluzione della “software defined radio” che sarà in grado di esplorare lo spettro per cercare una banda libera e quindi di configurarsi automaticamente (cambiando la frequenza e lo standard di trasmissione a seconda delle necessità). Come ha spiegato Liesbet Van der Perre, l’attività di ricerca riguarda sia la parte di “front end”, sia la parte di banda base; per quest’ultima, Imec ha sviluppato un apposito processore denominato Adres, che può essere utilizzato dalle industrie tramite l’acquisto di una licenza d’uso. Nel campo delle comunicazioni a 60 GHz (rivolte ai collegamenti a corto raggio, cioè principalmente per l’eliminazione dei cavi tra apparecchi diversi), Imec ha sviluppato soluzioni a basso costo e basso consumo che impiegano tecnologie innovative per modellare il lobo emesso dall’antenna trasmittente.

Tecnologie fotovoltaiche
Il centro ricerche di Lovanio è attivamente impegnato anche sul fronte delle tecnologie fotovoltaiche, con l’obiettivo di ridurne i costi e aumentarne l’efficienza di conversione. Le principali direzioni di ricerca, illustrate da Jef Poortmans, sono due: da un lato la progressiva riduzione dello spessore delle celle in silicio cristallino (fino a 20 micron), dall’altro lo sviluppo di nuove tecnologie organiche, basate cioè su polimeri. Per quanto riguarda il primo dei due filoni, Imec in collaborazione con BP Solar ha realizzato celle monocristalline con un’efficienza di conversione del 18% e costi confrontabili a quelli del silicio multicristallino. Il principale risultato raggiunto sul fronte delle tecnologie organiche, invece, è la possibilità di realizzare le celle interamente tramite processi di stampa basati sulla deposizione a spruzzo (spray coating), compresi i contatti metallici. Questo metodo consente di ridurre i costi e di realizzare dispositivi di grandi dimensioni.

Settore medicale
Un cenno, infine, alle attività di ricerca di Imec nel settore medicale. Tra le novità in questo campo sono compresi un sistema per la trasmissione wireless dei segnali elettroencefalografici (tramite una sorta di caschetto che contiene i sensori dell’attività cerebrale e i trasmettitori radio), un “lab-on-chip” per la prevenzione del cancro e un attuatore che può essere incorporato nei tessuti dell’organismo. Quest’ultimo, finalizzato principalmente alla stimolazione di nervi, consiste in un minuscolo ago azionato in modo elettrostatico da uno speciale Mems. Essendo destinato a funzionare all’interno del corpo, il dispositivo impiega un contenitore sigillato che tuttavia deve consentire la fuoriuscita dell’ago. Il problema è stato risolto tramite una microscopica guarnizione in teflon, un materiale idrorepellente.

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