Comprendere il rework

La saldatura in elettronica subisce i cambiamenti legati alle inevitabili evoluzioni tecniche, come l’introduzione di nuovi componenti, le sempre più stringenti richieste qualitative e ambientali. La necessità di intervenire con operazioni di saldatura manuale nell’aggiungere o rimuovere un componente (fase di rilavorazione ovvero la correzione di un difetto creato lungo il flusso produttivo), è una fase critica ai fini della valutazione qualitativa. A livello dell’intero processo non è sempre vero che buoni risultati parziali portino a ottenere un risultato finale migliore; se la qualità raggiunta a fine linea è stata ottenuta anche attraverso un processo di rilavorazione (attività priva di valore aggiunto), l’obiettivo è stato mancato in quanto consiste nel raggiungere in prima battuta un elevato livello di “first-pass yeld”. Nelle operazioni di saldatura manuale esiste sempre una stretta relazione tra la capacità umana e le prestazioni delle apparecchiature utilizzate che comunque, anche nel caso si disponga della tecnologia più avanzata, non rimediano alla mancanza di attitudine, di esperienza e di specializzazione.
Il livello di tecnologia sempre più sofisticata contribuisce molto nella riuscita dell’operazione, consentendo un accentuato grado di controllo di tutti i parametri coinvolti. Le motivazioni che hanno spinto l’evoluzione delle stazioni di saldatura sono state dettate dal desiderio di ottenere operazioni programmate, ripetibili e documentabili.
Per le operazioni di rilavorazione dei componenti discreti e degli integrati possiamo distinguere quattro fasi: la dissaldatura del componente, la pulizia delle piazzole (cui si aggiunge la serigrafia nel caso di QFP e area array), il posizionamento del nuovo componente e la saldatura.
L’eliminazione del piombo ha fatto riemergere vecchi problemi da tempo superati, come quello della bagnabilità, della pulizia, della corretta gestione della stazione saldante con l’impostazione delle temperature di lavoro e di stand-by e nel caso dei saldatori della manutenzione delle punte da cui discende direttamente il grosso problema della precoce usura. Anche nelle aziende dove si cura la formazione del personale, si vedono sui display temperature impostate ai massimi valori, le spugnette sono imbevute all’inverosimile e utilizzate dal verso sbagliato; a questo si sommano problemi di finitura superficiale dei circuiti stampati, che non sempre rispondono appieno alle caratteristiche richieste, aumentando nella pratica la difficoltà del saldare. La scelta del flussante costituisce un’ulteriore difficoltà; un filo che “scorre” bene ha una quantità di flussante superiore a uno che bagna con difficoltà, la buona bagnabilità potrebbe essere dovuta alla presenza di sostanze alifatiche, che ha come controindicazione un residuo piuttosto corrosivo. Ogni valutazione va condotta in funzione della categoria dei prodotti su cui si sta lavorando. Il consumer, ha una rapida obsolescenza e non presenta fattori di rischio per la salute e l’incolumità, per cui non richiede quella cura che è necessaria nel caso di dispositivi per telecomunicazioni o per la sicurezza negli autoveicoli.

La conduzione del calore
Nell’ambito della saldatura manuale dei prodotti elettronici la conduzione termica, il cui studio è parte della termodinamica, è il più collaudato metodo per trasferire l’energia necessaria alla formazione del giunto. È da tenere ben presente che nel processo di saldatura la conduzione termica non avviene solo dal saldatore al giunto ma, per lo stesso principio dal giunto si disperde nel circuito circostante con fenomeno detto dissipativo, andamento che naturalmente si manifesta anche con la saldatura ad aria calda (convezione). Nel caso di eccessiva dissipazione rispetto alla sorgente termica, dopo l’iniziale fase di riscaldamento si instaura una fase a regime stazionario in cui si crea equilibrio tra l’energia fornita e quella dispersa. Considerando un singolo giunto, il processo parte da uno stato iniziale di equilibrio termico, attraversa la fase transiente e giunge al regime stazionario o finale.
Se si lasciano due oggetti di materiale diverso, uno di legno e uno di ferro, in un ambiente a 25 °C, toccandoli si proveranno due sensazioni completamente diverse definite “caldo” per il legno e “freddo” per il ferro. Questo fatto non definire la temperatura dei corpi, che in realtà hanno raggiunto la stessa temperatura, ma è dovuto alla grande differenza nella conducibilità termica dei materiali.

La rimozione dei residui e la serigrafia
Spesso la rimozione dei residui rimasti dopo l’asportazione del componente, non è tenuta nella giusta considerazione. È pratica comune la rimozione a contatto, dove è la punta del un saldatore che porta a fusione la lega per poi risucchiarla con un aspiratore o rimuoverla con la treccia dissaldante. A parte la grossolanità dell’operazione, in particolare per piccole quantità di residui, si rischia seriamente di danneggiare le piste e le piazzole su cui un eccesso di temperatura e un’eccessiva azione meccanica della punta del saldatore potrebbero indurre delaminazione. I più moderni sistemi di rework, usualmente dispongono anche di un utensile deputato alla rimozione dei residui, lavorando non a contatto. In pratica un ugello speciale, percorrendo l’area da ripulire, investe con un flusso di aria calda i residui portandoli alla fusione e contemporaneamente una potente aspirazione rimuove la lega liquida aspirandola in un filtro che la intrappola. Questa è decisamente una fase piuttosto delicata del ciclo di lavoro, perché col nozzle si deve evitare di entrare a contatto col substrato (bisogna mantenere un gap limitato tra scheda e utensile che garantisca l’integrità dell’operazione), ma consentire la totale rimozione dei residui. Una buona serigrafia è poi il punto di partenza per ottenere un buon risultato finale anche nel processo di rework. Un corretto quantitativo di pasta saldante aiuta a mantenere in sede di piazzamento il componente meglio di quanto non possa fare del flussante in pasta o liquido.
La stessa considerazione va estesa alla formazione del giunto di saldatura dove per la sua corretta formazione è necessario apportare il dovuto quantitativo di saldante e di flussante.
L’utilizzo di flussante liquido o in pasta, vuoi per la sua viscosità, vuoi per le modalità di applicazione può ristagnare sotto il componente richiedendo come operazione successiva il lavaggio. La soluzione più veloce e meno costosa è quella di impiegare una piccola lamina a diretto contatto con la scheda. Realizzata presso il fornitore di stencil (insieme alla spatola con spessore 12-15 mil) consiste in una micro lamina, di ingombro pari o di poco superiore alla dimensione del componente su cui ci si appresta a lavorare, che deve tener conto anche della distanza di rispetto dagli altri componenti circostanti. Le aperture devono ovviamente riprodurre fedelmente il layout dei pin (o delle ball) del componente. Nella progettazione di questo ministencil bisogna considerare anche di ricavare su due lati, lo spazio sufficiente per il nastro adesivo necessario a bloccarlo sulla scheda. Le aperture sono normalmente di area inferiore o uguale ai pad, per cui non è difficile far scivolare lo stencil fino a far combaciare tutti i pad con le relative aperture. A questo punto si interviene col nastro a fissare il lamierino su due lati. Con una piccola spatola si deposita e poi spalma la pasta saldante; dato lo spessore molto sottile, per evitare di tagliarsi è bene prevedere una piccola impugnature a un estremo. Con l’aiuto di un paio di pinzette si rimuove il piccolo stencil e i suoi ancoraggi. L’ispezione visiva è d’obbligo prima di procedere al montaggio.

Questione di micron
Trattando componenti di tipo area array package, fine o ultra-fine-pitch, la precisione nel controllo dell’asse Z è importante quanto l’accuratezza richiesta nel posizionamento degli assi X,Y e theta. I sistemi di piazzamento convenzionali, che utilizzano la movimentazione manuale dell’asse Z, presentano un alto rischio di danneggiamento per molti dispositivi, alcuni dei quali hanno spessori inferiori al millimetro, e per i depositi di pasta saldante. L’ultima generazione di sistemi di rework ha adottato un insieme di tecnologie che rendono possibile un controllo minuzioso della posizione dell’ugello di posa e della forza con cui il componente è depositato. Nel caso sia possibile stabilire l’esatta altezza relativa del componente rispetto alla superficie della scheda che lo deve ospitare, si ovviano eventuali piccole imbarcazioni del PCB, regolando al tempo stesso la forza di posa. Perché siano garantite le prestazioni desiderate, il basamento di appoggio e la struttura dell’intera stazione devono garantire l’assenza di vibrazioni. A questo livello si raggiungono elevate prestazioni con precisioni di perpendicolarità di 10 micron su corse di 160 mm. Stesso livello di accuratezza deve caratterizzare anche gli altri assi, per conferire al sistema precisioni di piazzamento di pochi micron. Il sistema di visione è lo strumento che praticamente consente all’operatore di effettuare l’allineamento tra piazzole e bump o tra piazzole e piedini. Alcuni sistemi allineano pin e pad mediante la cattura dell’immagine di due angoli diametralmente opposti del componente con l’area delle piazzole corrispondenti. Molti sistemi di ultima generazione sovrappongono l’intera immagine dei pin rispetto a quelle delle piazzole, l’operazione è resa ulteriormente più facile da un doppio sistema di illuminazione che con colori diversi previene problemi di confusione nella lettura dell’ immagine e rende insensibile la ripresa dalle condizioni di illuminazione ambientale. La telecamera è posizionata tra scheda e componente e le immagini acquisite, con ingrandimenti che variano da 15X a 20X, sono inviate al monitor a colori, sempre più frequentemente di tipo LCD .

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