Alimentare le comunicazioni

L’affidabilità delle apparecchiature di comunicazione dipende soprattutto dall’alimentatore. L’approccio economicamente più vantaggioso è quello di avvalersi di alimentatori dedicati e in grado di asportare il calore dai componenti elettronici sensibili tramite piastre sufficientemente ampie verso dissipatori collocati all’esterno dell’involucro. E ciò non solo perché forniscono un livello di potenza costante, ma per il fatto che sono in grado di assicurare un corretto funzionamento anche in presenza di temperature esterne comprese tra –30 e 40 °C. Per realizzare un alimentatore che soddisfi i requisiti imposti dalle apparecchiature di comunicazione è necessario, durante le fasi di progettazione, tener presente alcuni importanti fattori tecnici ed ambientali. Oltre ad erogare i livelli di tensione e corrente stabiliti, gli alimentatori hanno anche la funzione di proteggere i sistemi elettronici da problemi che possono essere causati da variazioni della tensione di rete, da transienti, sovraccarichi e interruzioni. Inoltre, i sistemi elettronici installati in località remote sono spesso sigillati contro l'ingresso di corpi estranei, il che rende ancor più difficoltosa la rimozione del calore in eccesso. Per questo, la soluzione più comune è quella di avvalersi di un alimentatore standard modificandone le caratteristiche meccaniche generali per rendere possibile l'asportazione del calore anche in sistemi sigillati. Un approccio decisamente più pratico è quello che porta a scegliere, o addirittura a progettare, un alimentatore espressamente concepito per applicazioni in contenitore a tenuta stagna.

Alcune considerazioni di progetto
Tre sono i fattori determinanti su cui è bene focalizzare l'attenzione durante le fasi progettuali: il controllo della temperatura, la protezione del dispositivo dalle contaminazioni (indice di protezione), e la protezione del dispositivo dalle variazioni della potenza in entrata.
Temperatura - Oltre alle condizioni estreme di temperatura che si riscontrano in località quali Scandinavia e Medio Oriente, è abbastanza frequente che la temperatura all’interno dell’involucro di un alimentatore registri valori che superano di 15-20ºC quella esterna. Il posizionamento dell'alimentatore all'interno dell'involucro può abbassarne la temperatura operativa, con effetti significativi sulla affidabilià dell'intero sistema. Solitamente, il tempo medio tra guasti (MTBF) si dimezza ogni volta che la temperatura aumenta di 10°C. Pertanto gli alimentatori, come requisito minimo, devono essere in grado di funzionare tra -40 e +65°C.
Indice di protezione - Tipicamente gli involucri dei sistemi sono sigillati con grado IP65 o IP66 per prevenire danni causati dall'ingresso di corpi estranei. Ma come è possibile asportare efficacemente calore da un alimentatore senza una adeguata circolazione di aria?
Dal punto di vista del sistema di potenza, la soluzione più efficace è rimuovere il calore usando un dissipatore esterno all'involucro. Comunque, la maggiorparte degli alimentatori standard non sono in grado di fornire un adeguato trasferimento termico fra i componenti che producono calore all'interno dell'unità e l'ambiente esterno.
Qualità della potenza in entrata - L'alimentatore deve fornire l'uscita richiesta per l'intero range della tensione d'ingresso (da 90 a 264 Vac) e del carico. In Europa e negli Usa vi sono reti di distribuzione affidabili, ma non è così in molti paesi in via di sviluppo dove situazioni di tensione di rete bassa, forme d'onda appiattite, cali di tensione e picchi di sovraccarico sono all'ordine del giorno.

Considerazioni sull’hardware
Gli alimentatori convenzionali disperdono calore tramite piccoli dissipatori montati sulla scheda o telai a forma di U. Gran parte del calore dissipato si propaga all'interno della struttura dove è collocato l’alimentatore che, di conseguenza, per temperature superiori a 50 °C deve essere declassato al punto di fornire solamente il 50% della potenza di targa a 70 °C. Questa modalità di derating è una regola generale basata sul criterio di impedire che all'interno dell’alimentatore venga superata la massima temperatura operativa di ogni componente. In situazioni in cui ad una potenza di oltre 200 W è abbinata la correzione del fattore di potenza secondo EN610000-3-2, l'alimentatore deve essere solitamente declassato del 25% se la tensione d'ingresso scende sotto i 110 Vac.

Un raffreddamento efficace
I componenti che in un alimentatore producono la maggior parte del calore comprendono il Fet di potenza usato nel circuito di Pfc attivo, l'induttanza di Pfc, i circuiti di rettificazione, e gli eventuali convertitori Dc/Dc con piastra di raffreddamento. Il calore può essere rimosso da questi componenti montandoli direttamente su una piastra di supporto che a sua volta può essere fissata ad un dissipatore esterno. La serie di alimentatori BCC di XP Power è un ottimo esempio di alimentatore progettato secondo questo criterio. L'affidabilità è aumentata dalla garanzia che i condensatori elettrolitici funzionino entro -40 e +105 °C e dalla scelta di convertitori Dc/Dc con failure rates inferiore a 50 ppm.
Con un appropriato dissipatore, la rimozione del calore è così efficace che non c'è necessità di derating fino ad una temperatura di 70 °C. Questo elimina l'esigenza, per una tale applicazione, di sovradimensionare l'alimentatore. La piastra di supporto in alluminio dell'alimentatore BCC è fissata ad una superficie dissipante. A questo punto, tre sono i meccanismi che concorrono all'asportazione del calore: conduzione, radiazione e convezione, l'ultimo dei quali è il principale. Una efficace conduzione tra piastra di supporto e dissipatore richiede superfici perfettamente piane, allo scopo di ottenere una bassa resistenza termica. Il trasferimento del calore può essere ottimizzato ricorrendo all'uso di una pasta termoconduttrice con la funzione di riempire ogni irregolarità delle superfici. È tendenza dei progettisti garantire tra piastra di supporto e dissipatore una resistenza termica inferiore a 0,1 °C/W, prestazione resa possibile dalle paste termoconduttrici di uso più comune. La radiazione entra in gioco nella dissipazione del calore per meno del 10% e calcoli precisi in merito sono molto complessi. In ogni caso, è una buona regola considerare questo 10% un margine di sicurezza.

Procedimento per il calcolo del dissipatore
1 - Calcolare la potenza dissipata come emissione di calore dall'alimentatore, utilizzando le curve di efficienza e di carico al caso pessimo secondo la formula:
Emissione di calore = [1-(Eff%)/(Eff%)] x P(out)
Emissione di calore = [1/(Eff%)–1] x P(out)

2 - Valutare l'impedenza termica dell'accoppiamento tra la superficie di supporto e il dissipatore. Questa è tipicamente 0,1°C/W con una pasta termoconduttrice e tale valore può essere usato come regola empirica.
3 - Calcolare il massimo innalzamento di temperatura della piastra di supporto. Nell'esempio dei prodotti BCC, la massima temperatura ammissibile per la piastra TB è 85 °C. L'innalzamento di temperatura è semplicemente: TB-TA dove TA è la massima temperatura ambiente all'esterno dell'involucro.
4 - Il dissipatore necessario è in primo luogo definito in termini della sua impedenza termica dalla formula:
Ø(H) = TB – TA/(calore da asportare) – Ø(TII)
Dove Ø(H) è la impedenza termica del dissipatore, e
Ø(TII) è la impedenza termica dell'accoppiamento tra piastra di supporto e dissipatore.
5 - La scelta finale si indirizza quindi verso un dissipatore con la forma fisica più conveniente per la specifica applicazione, che sia in grado di offrire la richiesta impedenza termica. La configurazione del sistema determinerà la massima area disponibile per l'accoppiamento con la piastra di supporto dell'alimentatore, mentre lo spazio disponibile all'esterno dell'involucro determinerà le dimensioni, il numero e la disposizione delle alettature sul dissipatore per ottenere il grado di dispersione richiesto.

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