L’industria italiana si trova davanti a una sfida decisiva. La doppia transizione green e digitale impone un cambio di passo. Servono nuove competenze, strumenti innovativi e politiche mirate per non perdere terreno in un contesto globale sempre più competitivo. È quanto emerge dallo studio “Verso una nuova competitività industriale europea: il ruolo strategico dell’elettrotecnica e dell’elettronica”, realizzato da The European House – Ambrosetti con Anie Confindustria e il contributo del Research Department di Intesa Sanpaolo.
L’analisi evidenzia come capitale umano, intelligenza artificiale e squilibri demografici siano i tre fattori chiave del futuro industriale. La formazione diventa quindi l’elemento centrale di una strategia di lungo periodo.
Industria italiana e il nodo delle competenze
Il mismatch tra domanda e offerta è già oggi un freno concreto. Secondo l’indagine condotta da Anie, il 75% delle imprese segnala difficoltà nel reperire figure qualificate. In particolare mancano tecnici e operai specializzati, che da soli hanno rappresentato l’85% delle assunzioni previste nel 2023. Le conseguenze sono pesanti: il 69% delle aziende ha rallentato o sospeso progetti strategici, mentre il 29% ha perso opportunità di mercato.
Il problema è strutturale. Dal 2017 al 2023 le posizioni difficili da coprire sono passate dal 37% al 58%. Sul fronte digitale la situazione non è migliore: solo il 49% degli italiani possiede competenze di base, contro una media Ocse del 71%. Anche le discipline Stem restano indietro: 18,5 laureati ogni 1.000 giovani tra 20 e 29 anni, a fronte dei 35 della Francia e dei 40 dell’Irlanda.
A fronte di questi dati, gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) rappresentano un modello efficace. Nel 2023 l’84% dei diplomati ha trovato lavoro. Ma il sistema resta sottodimensionato: gli iscritti sono appena l’1% del totale della formazione terziaria, contro il 40% della Germania.
AI e demografia: minacce e opportunità
Accanto alla formazione, l’intelligenza artificiale generativa può diventare un alleato. Secondo lo studio, il suo impatto potenziale sulla produttività nazionale vale 312 miliardi di euro l’anno, pari al PIL della Lombardia. Nonostante le trasformazioni profonde, l’81% delle imprese non teme una perdita netta di posti, ma riconosce che serviranno nuove competenze trasversali per interagire con l’AI.
A pesare, però, è l’inverno demografico. Entro il 2050 la popolazione in età lavorativa calerà del 20,5%, il peggior dato nell’UE. Un trend che mette a rischio competitività e innovazione, riducendo drasticamente la forza lavoro disponibile.
Le proposte di Anie Confindustria
Per invertire la rotta, Anie Confindustria propone un piano d’azione multilivello. Tra le priorità ci sono la valorizzazione delle professioni tecniche con campagne rivolte a studenti e famiglie, l’integrazione dei percorsi formativi, la creazione di standard aggiornati e il rafforzamento dei progetti di upskilling e reskilling lungo le filiere.
Fondamentale anche un cambio culturale. «Il capitale umano non è solo un fattore produttivo: è la vera infrastruttura strategica del nostro futuro industriale» ha dichiarato Renato Martire, vicepresidente di Anie Confindustria. «Senza persone preparate non ci sarà innovazione né sostenibilità».
L’industria italiana dispone del potenziale per guidare la trasformazione tecnologica e green. Ma senza una strategia nazionale per le competenze, avverte Anie, quel potenziale rischia di restare inespresso.



