Ridurre le perdite di potenza nei convertitori Dc-Dc

Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella progettazione dei circuiti convertitori Dc-Dc, tra cui l’aumento della loro frequenza di commutazione. Questo ha consentito di ottenere un miglioramento delle prestazioni - una regolazione più accurata e una risposta transitoria più rapida - e la riduzione degli ingombri dei convertitori. Tuttavia, i progettisti sono stati sempre obbligati a scendere a compromessi in materia di efficienza energetica: la riduzione delle dimensioni dell'interruttore tende a ridurne l'efficienza, mentre la riduzione della potenza compromette le prestazioni degli elementi di retroazione (feedback). Alcuni nuovi approcci alla fabbricazione degli interruttori per convertitori e al funzionamento dei circuiti di retroazione sono riusciti a superare questi ostacoli e migliorare l’efficienza dei convertitori Dc-Dc. Il presente articolo ne descrive le caratteristiche e analizza le opportunità offerte ai progettisti di dispositivi a basso consumo e alimentati a batteria.

Funzionamento di base di un convertitore Dc-Dc
Anche se i produttori di convertitori Dc-Dc (sia riduttori, sia elevatori) hanno adottato diverse topologie per ottimizzare le dimensioni, la velocità, l’efficienza o i costi dei dispositivi, tutti i convertitori sono contraddistinti dagli stessi elementi di base: una tensione di ingresso è convertita in una tensione di uscita attraverso l’azionamento di due interruttori. Un controllore esamina la tensione di uscita, determinando di conseguenza l'ampiezza d'impulso necessaria per produrre la tensione di uscita desiderata. Diversi elementi in un convertitore Dc-Dc di questo tipo causano intrinsecamente delle perdite di potenza:

  • componenti esterni non idonei, come induttori e condensatori;
  • interruttori non idonei, che provocano perdite di commutazione durante il passaggio della corrente. Queste perdite sono dominanti durante il funzionamento continuo (condizioni di carico elevato);
  • blocchi di controllo interni che assorbono energia. Questi potrebbero includere un rivelatore di passaggio per zero, un sensore di corrente e una tensione di riferimento. Tali perdite sono dominanti in presenza di carichi leggeri.

Vincoli progettuali di un convertitore di potenza
Esiste un modo semplice per ridurre le perdite di commutazione subite durante il funzionamento continuo: l’aumento delle dimensioni degli interruttori. Tuttavia, non è una soluzione desiderabile nei dispositivi di piccole dimensioni. L’aumento della superficie dei die comporta inoltre un aumento dei costi del chip. Vi è quindi la necessità di mantenere un giusto equilibrio, creando interruttori sufficientemente grandi ed efficienti per tollerare i picchi di carico, e riducendo allo stesso tempo i costi dei materiali e gli ingombri su scheda. Le perdite di energia dominanti in presenza di carichi leggeri possono essere limitate riducendo la potenza inviata ai blocchi di controllo interni, ma questo comporta una riduzione di velocità e precisione. Inoltre, le funzioni come il rilevamento del passaggio per zero e della corrente richiedono prestazioni senza compromessi per non inficiare il funzionamento generale del convertitore.

Gestione più efficiente della corrente
La natura dei compromessi che abbiamo descritto è determinata dalle leggi della fisica. Ad esempio, un interruttore più grande realizzato con un dato processo di fabbricazione perderà meno energia nelle operazioni di commutazione rispetto a un interruttore più piccolo prodotto con la stessa tecnica. Attraverso un processo più avanzato è possibile produrre un interruttore più piccolo ed efficiente: questa è la soluzione più gettonata tra i produttori di convertitori per ridurre l’entità di un compromesso tecnicamente inevitabile. Gli interruttori di potenza di ultima generazione di ams, ad esempio, contengono un Mosfet realizzato con una struttura a waffle implementata con una tecnologia Cmos al silicio standard. Questo layout a waffle è caratterizzato da una resistenza molto bassa e da un notevole numero di contatti per ogni percorso in cui è previsto il passaggio di corrente. L'effetto combinato di queste due caratteristiche è la riduzione delle perdite di commutazione. Il Mosfet AS3729B si basa proprio su tale struttura innovativa. La soluzione è destinata ai circuiti di alimentazione dei processori Apu di grandi dimensioni, impiegati nei dispositivi alimentati a batteria come tablet e smartphone. Oltre a essere in grado di supportare carichi di picco fino a 8 A e a offrire un’efficienza di picco superiore al 90%, presenta un ingombro estremamente ridotto (1,615 x 1,615 mm) in un package Wlp. Il dispositivo è dotato di due canali, con un carico di picco pari a 4 A per canale. Ciascun terminale dell’interruttore è collegato simmetricamente a due bump posti sul package. Ciò significa che la corrente di picco che fluisce attraverso un singolo bump è pari a 2 A. Questa corrente relativamente bassa su ciascun terminale contribuisce a mantenere le perdite di commutazione a un livello generalmente inferiore rispetto a un Mosfet tradizionale che commuta carichi da 8 A.

Attivazione intermittente dell’anello di retroazione
Se la riduzione delle perdite di potenza negli interruttori è ottenuta tramite la riduzione della resistenza nella struttura interna, il modo più efficace per ridurre le perdite nell’anello di retroazione sarebbe la sua disattivazione. L'anello di retroazione, tuttavia, è un componente fondamentale del convertitore. Pertanto, non può essere spento completamente. La soluzione per ovviare a tale problema è progettare il convertitore in modo tale che i blocchi interni possano essere disattivati quando non sono necessari, garantendo al tempo stesso una loro attivazione rapidissima secondo necessità. Infatti, questa modalità operativa consiste nell’erogare una corrente elevata ai blocchi in questione - in modo che le prestazioni corrispondano al massimo nominale - nel breve periodo di tempo in cui sono necessari: la perdita di potenza media in questo modo è contenuta, poiché l'energia assorbita = potenza x tempo. Questo approccio ha ottenuto risultati decisamente migliori rispetto ai tentativi di ridurre la corrente erogata ai blocchi di controllo durante il funzionamento normale. La modalità operativa basata sulla disattivazione parziale può essere illustrata facendo riferimento allo schema di un convertitore buck generico. Gli interruttori S1 e S2 caricano e scaricano l’induttore L1. Il processo di conversione boost ha due stati:

  • con S1 chiuso e S2 aperto la corrente passa nell’induttore (Vin > Vout) e l’energia è immagazzinata nello stesso;
  • con S1 aperto e S2 chiuso, l'energia immagazzinata nell’induttore viene scaricata e la corrente che fluisce nell’induttore scende (dato che Vout > 0V).

Quando S1 è chiuso e la corrente dell’induttore è in aumento, il convertitore deve rilevare la corrente per essere pronto ad aprire l'interruttore una volta raggiunto il limite di corrente. Se l'interruttore è aperto troppo presto, il dispositivo non può supportare il suo carico nominale massimo; se l'interruttore è aperto troppo tardi, potrebbero verificarsi danni all’induttore. Pertanto, il blocco di rilevamento della corrente deve funzionare in maniera molto precisa in tutte le condizioni. Quando S2 è chiuso e la corrente dell’induttore scende, un rilevamento accurato del passaggio per zero impedisce il flusso di una corrente negativa, che comprometterebbe l'efficienza del sistema. Allo stesso tempo, il punto di commutazione deve essere il più vicino possibile a 0A per minimizzare le perdite di commutazione e il rumore. Pertanto, anche in questo caso, il rilevamento del passaggio per zero deve essere estremamente preciso e funzionare in tutte le condizioni. A complicare ulteriormente le cose, gli stadi di potenza ad alta efficienza non possono assolutamente essere ridimensionati, così il circuito di alimentazione deve prevedere la possibilità che sussistano variazioni di processo e discrepanze tra un’unità e l'altra. Viste e considerate la necessità di un rilevamento di corrente e passaggio per zero ad alta precisione, nonché l’impossibilità di ridimensionamento, come sarebbe possibile disattivare gli elementi retroattivi del sistema? Nei fatti, la questione fondamentale è la velocità con cui la corrente dell’induttore sale e scende. Secondo la formula U = L * di/dt, la velocità della variazione della corrente dell’induttore è proporzionale al suo voltaggio ed inversamente proporzionale al valore dell’induttore: di/dt = U/L. Il voltaggio U in genere arriva a circa 5 V. Nella progettazione dei convertitori, di norma si tende a ridurre quanto più possibile il valore dell’induttore. I convertitori più recenti utilizzano induttori da 1μH o addirittura da 0,5μH. Applicando U = 2V e L = 0,5 μH alla formula (di/dt = 2V / 0,5μH), la velocità della variazione di corrente nell’induttore ammonta a 4A/µs. Si tratta di una velocità elevatissima: la corrente varia nell’entità di 4 mA ogni nanosecondo! Per questa ragione, il rilevamento della corrente e la conseguente risposta devono essere estremamente rapidi. Di conseguenza, i blocchi di retroazione in questione richiedono di essere alimentati con una corrente pari ad almeno alcuni mA: ridurre ulteriormente l’alimentazione a questi blocchi può compromettere le prestazioni in modo inaccettabile. La soluzione migliore consiste quindi nel disattivare completamente tali blocchi quando non sono necessari, attivandoli solo quando necessari ed erogando loro tutta la corrente di cui hanno bisogno. Questo richiede una capacità di avvio estremamente rapida. Il blocco di rilevamento della corrente può essere attivato e disattivato agendo su S1; il blocco di rilevamento del passaggio per zero può essere attivato e disattivato agendo su S2. Nell’AS3729B questa funzione è stata implementata attraverso lo specchio di corrente e altre tecniche che permettono ai blocchi di retroazione di essere disponibili in meno di 10 nanosecondi. Questa piccola quantità di latenza non ha alcun effetto significativo sulle prestazioni in termini di rilevamento di corrente e passaggio per zero, ma consente di immagazzinare tutta l'energia che sarebbe stata erogata per azionare questi blocchi senza che ve ne fosse necessità.

Tecniche per ottenere un'efficienza vicina al 90%
Per un progettista di sistemi di alimentazione, la caratteristica più importante di un convertitore Dc-Dc non è la sua organizzazione interna, bensì (di norma) la sua efficienza. Un’efficienza elevata aiuta a prolungare l’autonomia di un dispositivo a batteria tra una ricarica e l’altra, prevenendo allo stesso tempo la generazione eccessiva di calore di scarto. Attualmente, nei dispositivi alimentati a batteria, le specifiche prevedono un’efficienza minima su tutta la gamma di esercizio pari all’80%, e il picco di efficienza a circa il 90%. Nel caso dell’AS3729B, la riduzione delle due fonti dominanti di perdite ha permesso di ottenere livelli di efficienza molto elevati. L'efficienza nella maggior parte delle condizioni operative è di norma vicina al 90%. Questo dimostra che le innovazioni produttive e i miglioramenti nel funzionamento degli anelli di controllo possono far pendere la bilancia tra dimensioni ed efficienza del convertitore in favore di quest’ultima: un dispositivo di piccole dimensioni come questo è in grado di gestire correnti elevate con un’efficienza elevata.

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