Utilizzo dei moduli a effetto Peltier per la gestione termica dei sistemi elettronici

L'era del transistor discreto, che prometteva la possibilità di sviluppare circuiti a basso consumo, è stata oramai sostituita da quella dei circuiti microelettronici che integrano non migliaia, bensì milioni di transistor. Mentre la perdita di potenza imputabile alle inefficienze di un transistor può essere ridotta, la somma totale di queste perdite di un circuito integrato complesso come ad esempio un microcontrollore può risultare significativa. Nel momento in cui all'interno di un'apparecchiatura elettronica sono stati assemblati i circuiti integrati e gli altri dispositivi richiesti, è necessario affrontare il problema dello smaltimento del calore. Problema che diventa sempre più complesso nel momento in cui i clienti richiedono la presenza di un numero sempre maggiore di funzionalità, che si traduce nella necessità di includere sempre più dispositivi nel medesimo spazio, o addirittura in spazi più ristretti. Tale aumento della densità di un sistema può risultare controproducente se, per esempio, comporta la diminuzione della velocità di clock di un processore al fine di mantenere la dissipazione di potenza entro i limiti prestabiliti.

I metodi più diffusi e utilizzati per rimuovere il calore in eccesso dalle apparecchiature elettroniche sfruttano i principi della conduzione e della convezione. La conduzione fornisce i mezzi necessari per il trasferimento del calore dai luoghi in cui esso è generato in altre parti del sistema e da qui all'ambiente circostante. Il calore generato in un circuito integrato può, per esempio, essere trasferito attraverso la scheda verso il contenitore dell'apparecchiatura o un dissipatore di calore per essere dissipato per convezione all'aria circostante. In alcuni sistemi la convezione naturale è sufficiente, anche se spesso è richiesto l'aggiunta di una ventola per il raffreddamento ad aria forzata. Il raffreddamento ad aria forzata, in ogni caso, non rappresenta sempre un'opzione percorribile per la gestione termica. Alcuni sistemi sono chiusi per cui non hanno la possibilità di ventilare l'aria di raffreddamento, mentre in altre situazioni il rumore associato al funzionamento delle ventole di raffreddamento può non essere accettabile. I moduli termoelettrici, che si possono definire pompe di calore a stato solido, rappresentano una valida alternativa che può essere usata sia per il raffreddamento sia per il riscaldamento.

Modulo termoelettrico a effetto Peltier

Fig.1 – La struttura di un modulo Peltier prevede una matrice di prismi realizzati con materiale semiconduttore opportunamente drogati

L'effetto termoelettrico è ben noto alla maggior parte dei progettisti in quanto trova applicazione nelle termocoppie dove viene sfruttato per la misura della temperatura. Questo effetto, scoperto da Thomas Seebeck agli inizi del 19mo secolo, provoca un flusso di corrente quando esiste una differenza di temperatura tra le giunzioni di due conduttori diversi. L'effetto Peltier, scoperto da Jean Peltier un decennio più tardi, dimostra il principio inverso, in base al quale il calore può essere emesso o assorbito facendo passare della corrente attraverso due conduttori diversi. In ogni caso, le prime applicazioni pratiche dell'effetto Peltier sono state possibili grazie alle evoluzioni della tecnologia dei semiconduttori a partire dalla metà del 20mo secolo e solo recentemente sono state messe a punto le tecniche adatte alla realizzazione di moduli termoelettrici efficienti. Per la realizzazione di un modulo termoelettrico a effetto Peltier si utilizza come materiale semiconduttore il tellururo di

Fig.2. Illustrazione del principio di Peltier utilizzando come materiale semiconduttore il tellururo di bismuto con drogaggio di tipo P e di tipo N

bismuto, un composto di tellurio e bismuto, con drogaggio di tipo P e di tipo N collegato a una sorgente di potenza e interposto tra substrati ceramici metallizzati termicamente conduttivi. Le coppie di prismi (pellet) in materiale semiconduttore P/N sono collegate in serie dal punto di vista elettrico ma disposte in parallelo dal punto di vista termico per ottimizzare il trasferimento termico tra le superfici ceramiche calda e fredda del modulo (Fig. 1). Nel momento in cui si applica una tensione DC, i portatori di carica positiva e negativa assorbono calore da una superficie del substrato e lo trasferiscono e rilasciano al substrato che si trova sul lato opposto (Fig. 2). Di conseguenza, la superficie dove l'energia è assorbita si raffredda mentre la superficie opposta, dove l'energia viene rilasciata, si riscalda. L'inversione della polarità permette di invertire i lati caldi e freddi.

I vantaggi dei moduli a effetto Peltier

Come accennato all'inizio, i moduli a effetto Peltier vengono utilizzati principalmente perché rappresentano la soluzione ideale in tutte quelle situazioni dove il raffreddamento ad aria forzata è indispensabile, come nel caso di ambienti/apparecchiature sigillate. Tra gli altri vantaggi derivati dall'uso di questi moduli si possono annoverare i seguenti:

  • Controllo preciso della temperatura e velocità di risposta alle variazioni di temperatura:
    per ogni modulo che opera con una differenza di temperature nota tra le sue superfici calda e fredda esistono relazioni ben definite che determinano la corrente di alimentazione che deve essere applicata al fine di ottenere l'assorbimento di calore richiesto. Appositi circuiti di retroazione operanti ad alta velocità consentono di controllare le temperature con un livello di precisione dell'ordine della frazione di grado.
  • Fattore di forma compatto e peso ridotto:
    i moduli a effetto Peltier possono essere molto compatti, con altezze che anche di soli 3 mm. Si tratta di una caratteristica particolarmente apprezzata in tutte le applicazioni in cui peso e dimensioni sono fattori critici.
  • Possibilità di raffreddamento a temperature inferiore a quella ambiente:
    poiché i moduli a effetto Peltier utilizzano un raffreddamento di tipo attivo per rimuovere il calore, essi possono impiegate per raffreddare a temperature inferiori a quella ambiente. Per questa ragione, i produttori forniscono dati relativi alle prestazioni per temperature di una superficie calda di 27 e di 50 °C.
  • Elevata affidabilità grazie alla realizzazione a stato solido senza parti in movimento:
    A differenza dei sistemi di raffreddamento ad aria forzata che utilizzano ventole dotate di cuscinetti caratterizzati da una durata limitata, i moduli a effetto Peltier non prevedono parti in movimento che possono essere soggette a fenomeni di usura. Nel caso di funzionamento con una differenza di temperatura costante un valore tipico di MTBF (Mean Time Between Failure) potrebbe aggirarsi intorno alle 100.000 ore.
  • Compatibilità con l'ambiente:
    Poichè i moduli a effetto Peltier non fanno uso di refrigeranti non esistono rischi dal punto di vista ambientale per quanto riguarda sia le emissioni durante il funzionamento sia nel momento in cui l'apparecchiatura viene smaltito al termine della sua vita operativa.
  • Possibilità di utilizzo per il raffreddamento o il riscaldamento:
    Tramite la semplice inversione del flusso di corrente, i moduli a effetto Peltier possono essere usati per pompare calore in un sistema invece di rimuovere il calore. Essi possono anche essere utilizzati come generatori termoelettrici per accumulare energia a partire dal calore dissipato.

Struttura arcTEC™ - Una tecnica costruttiva avanzata per combattere la fatica termica

Fig. 3 – Collegamenti mediante saldatura e sinterizzazione di un tradizionale modulo a effetto Peltier

Uno svantaggio riconosciuto dei raffreddatori termoelettrici realizzati con le tecniche tradizionali è la fatica termica che può avere effetti negativi sull'integrità dei legami di saldatura tra l'interconnessione elettrica (in rame) e gli elementi a semiconduttore P/N, oltre che sulle saldature o i legami ottenuti mediante sinterizzazione tra l'interconnessione e il substrato ceramico (fig. 3). Sebbene queste tecniche di collegamento di solito creano legami robusti ed efficienti dal punto di vista meccanico, termico ed elettrico, mancano di flessibilità e possono deteriorarsi e quindi rompersi quando soggetti a cicli ripetuti di riscaldamento e raffreddamento, tipici del funzionamento di un modulo di Peltier. Per contrastare gli effetti della fatica termica CUI ha ideato e implementato la struttura arcTECTM per i moduli a effetto Peltier. In questo tipo di struttura il tradizionale legame di saldatura tra l'interconnessione elettrica in rame e il substrato ceramico sul lato freddo del modulo è sostituito con una resina termicamente conduttiva. Questa resina fornisce un

Fig. 4 – Nella struttura arcTEC di CUI il legame di saldatura tra l'interconnessione elettrica in rame e il substrato ceramico sul lato freddo è sostituito con una resina termicamente conduttiva mentre è prevista una saldatura effettuata con una lega di antimonio-stagno (SbSn) tra gli elementi semiconduttori e l'interconnessione in rame

legame elastico all'interno del modulo che si adatta ai fenomeni di espansione e di contrazione che si verificano durante ripetuti cicli termici. L'elasticità di questa resina contribuisce a ridurre le sollecitazioni all'interno del modulo garantendo nel contempo una connessione termica migliore e un legame meccanico più resistente, mentre non evidenzia alcun calo significativo delle prestazioni al trascorrere del tempo. Oltre a ciò, viene utilizzata una saldatura speciale effettuata con una lega di antimonio-stagno (SbSn) al posto della saldatura con una lega di bismuto-stagno (BiSn) solitamente impiegata tra gli elementi semiconduttori P/N e l'interconnessione in rame (fig. 4). La saldatura SbSn è caratterizzata da un punto di fusione a 235°C, una temperatura nettamente superiore rispetto ai 138°C della saldatura BiSn, assicurando quindi migliori prestazioni in termini di fatica termica e una maggiore resistenza al taglio.

Maggiore affidabilità e migliori prestazioni termiche

I difetti dei legami all'interno dei moduli a effetto Peltier si manifestano sotto forma di un aumento della resistenza e sono aggravati dal ripetersi dei cicli termici. Poiché l'aspettativa di vita di un modulo dipende dalla qualità di questilegami, la variazione di resistenza in funzione del numero di cicli termici fornisce un'indicazione attendibile della possibilità che si verifichi un guasto. I risultati riportati in figura 5 evidenziano la sensibile differenza esistente tra i moduli tradizionali e quelli realizzati sfruttando la struttura arcTEC.

Fig. 5 – Questi risultati evidenziano la maggiore affidabilità della struttura arcTEC rispetto a quella tradizionale

Per incrementare ulteriormente l'affidabilità, gli elementi P/N dei moduli della struttura arcTEC sono realizzati con silicio di elevate qualità che sono più larghi, fino a 2,7 volte, rispetto a quelli impiegati negli altri moduli disponibili sul mercato. Ciò assicura un raffreddamento più uniforme e permette di evitare irregolarità di distribuzione della temperatura che aumentano il rischio di una diminuzione della vita operativa, garantendo nel contempo un miglioramento superiore del 50% del tempo di raffreddamento rispetto ai moduli tradizionali: questo divario in termini di prestazioni cresce all'aumentare dei cicli termici.

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