Regolare l’alimentazione per il basso consumo

Lo sviluppo di Internet of Things pone oggi un’attenzione senza precedenti sulla durata delle batterie: ogni nodo IoT, infatti, ha bisogno di una batteria per funzionare. Nell’abitazione di un nucleo famigliare composto da due persone sono utilizzate contemporaneamente tra le venti e le sessanta batterie; non è possibile, quindi, affliggere i consumatori con la necessità di sostituzioni molto frequenti. I progettisti di sistema calcolano la durata delle batterie sula base di parametri chiave che comprendono i valori della corrente assorbita dall’unità di controllo centrale (ad esempio una Mcu) e dai dispositivi periferici (come l’interfaccia Bluetooth e i sensori), nelle diverse modalità: attiva, sleep e ibernazione. Questo, però, non è affatto sufficiente. Occorre porre attenzione anche all’alimentatore, vero cuore pulsante del sistema, che nutre con la propria energia tutti i blocchi funzionali. I produttori di Mcu, di sensori e di moduli digitali continuano a sviluppare per i loro prodotti tecniche di riduzione dei consumi sempre più sofisticate, ma senza un alimentatore efficiente e affidabile il sistema può ugualmente soffrire di malnutrizione e morire di fame, esaurendo la batteria prima del previsto.

Prolungare la durata delle batterie

Non è possibile prolungare la durata delle batterie senza considerare con cura tutti i dettagli del progetto dell’alimentatore. Per utilizzare le batterie in modo ottimale, infatti, occorre un alimentatore ad alta efficienza. Il motivo è il seguente. La maggior parte dei nodi IoT presenta il profilo di consumo energetico. Il dispositivo resta su uno scaffale in modalità shutdown fino a quando un consumatore lo acquista e lo mette in funzione. Dopodiché il prodotto trascorre la maggior parte del tempo in modalità stand-by, risvegliandosi di tanto in tanto per inviare dati tramite il protocollo Internet. Consideriamo ad esempio un sistema d’allarme domestico, che trascorre la maggior parte del tempo in stand-by e viene attivato sulla base delle necessità dell’utilizzatore. Il consumo di corrente del sistema in modalità attiva è senz’altro importante ai fini della durata delle batterie, ma non tanto quanto la corrente di stand-by dei singoli componenti. E qual è, di solito, l’elemento che contribuisce maggiormente al consumo in stand-by dell’intero sistema? L’alimentatore. Nella maggior parte dei casi, il cuore dell’alimentatore a bassa potenza per il mantenimento delle funzioni vitali del sistema è un regolatore di tensione. Può trattarsi di un regolatore a commutazione per alzare o abbassare la tensione, oppure di un regolatore Ldo (Low drop out). In alcuni casi particolarmente complessi può essere un Pmic che riunisce diverse architetture di alimentazione e anche un caricabatterie. In modalità stand-by, il consumo è determinato dalla corrente di quiescenza, spesso indicata con Iq. Nel funzionamento con carichi leggeri, la corrente di quiescenza può avere un forte impatto anche sull’efficienza del trasferimento di potenza del sistema. Quando si parla della corrente di quiescenza, la maggior parte dei progettisti pensa alla corrente necessaria per polarizzare un dispositivo, un concetto semplice. Se applicato agli alimentatori, però, questo concetto diviene un po’ più complicato.

Regolatori a commutazione ed Ldo

Nel regolatore a commutazione Dc-Dc la corrente di quiescenza è il valore minimo necessario al convertitore per “vivo” quando è inutilizzato: non ci sono commutazioni né carico, ma il convertitore è abilitato. È la corrente nominale utilizzata in condizione “on” con funzionalità minime: il circuito integrato è acceso e pronto a funzionare. La corrente di quiescenza è la corrente di stato stazionario assorbita dall’Ic e fluisce interamente verso massa. La corrente complessiva assorbita in ingresso dal regolatore è pari alla somma della corrente di quiescenza (Iq) e della corrente in ingresso all’induttore (Iin). La Iq non varia al variare del carico, ma la corrente dell’induttore d’ingresso dipende dal carico e dall’efficienza di conversione. Ad esempio, nelle condizioni di carico leggero rappresentate dalla modalità stand-by, consideriamo i valori seguenti: Vin = 12 V, Vout = 3,3 V, corrente dell’induttore Iin’ = 60 µA, Iout = 200 µA.

A1339 Equation 1_WEB

Ciò significa che una bassa corrente di quiescenza si traduce direttamente in un’alta efficienza di conversione, soprattutto con carichi leggeri. Ad esempio, per un convertitore con Iq = 15 µA, il valore di efficienza calcolato con la formula sopra riportata è 73%, mentre per un convertitore con una Iq di 30 µA l’efficienza scende al 61%. Efficienza più bassa significa maggiore dissipazione di potenza e minore durata delle batterie. Nel caso del regolatore Ldo, a differenza del regolatore a commutazione, possiamo togliere dal calcolo la dipendenza dal duty cycle. La corrente di quiescenza è semplicemente la differenza tra la corrente di ingresso e la corrente d’uscita, come illustrato in Fig. 3. Analogamente al caso dei regolatori a commutazione, la corrente di quiescenza è costituita dalla corrente di polarizzazione e dalla corrente di pilotaggio del gate. L’efficienza di conversione dell’Ldo può essere calcolata con la seguente equazione:

A1339 Equation 2_WEB

Per massimizzare l’efficienza di conversione sono necessarie sia una bassa corrente di quiescenza, sia una ridotta caduta di tensione tra ingresso e uscita (dropout voltage). Ad esempio, il regolatore Ldo MAX1725 di Maxim Integrated ha una corrente di quiescenza di 2 µA e una tensione di dropout di 300 mV. Per una tensione d’uscita di 2,5 V la tensione d’ingresso deve essere almeno 2,8 V affinché il componente possa svolgere la regolazione. Con una corrente d’uscita di 20 mA, l’efficienza di conversione risulta quindi:

A1339 Equation 3_WEB

Sia la corrente di quiescenza sia la caduta di tensione contribuiscono alla curva di efficienza dell’Ldo. Minore è la corrente d’uscita, maggiore è l’impatto della corrente di quiescenza sull’efficienza di conversione.Spesso vengono poste domande sulla differenza tra corrente di quiescenza e corrente di shutdown; a volte questi due parametri vengono confusi. La corrente di shutdown è quella che il dispositivo consuma mentre dorme e non è pronto per lavorare; mentre la corrente di quiescenza è il valore nominale assorbito quando l’Ic riposa ed è pronto a funzionare: il sistema è in uno stato inattivo e attende che accada qualcosa. Solitamente i progettisti utilizzano la corrente di quiescenza per valutare la dissipazione di potenza dell’alimentatore con carichi leggeri, e la corrente di shutdown per calcolare la durata della batteria nel caso in cui il dispositivo venga spento ma la batteria stessa resti connessa al regolatore. Ciò può accadere, ad esempio, nelle seguenti situazioni: il caricabatterie non sta ricaricando il telefono ma è ancora inserito nella presa di corrente; il mouse wireless è inutilizzato ma non è ancora stato spento; l’automobile è spenta ma lo stereo è ancora su “on”. In molte applicazioni alimentate a batteria, la corrente di shutdown è quella fornita dalla batteria in condizioni di stand-by con un carico minimo. Entrambe le correnti, di quiescenza e di shutdown, sono importanti perché i consumatori non vogliono che il caricabatterie si surriscaldi per l’eccessiva dissipazione di potenza, né vogliono sostituire le batterie una volta alla settimana.

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