Recuperare l’energia dall’ambiente con l’energy harvesting

La problematica energetica per i sistemi della prossima generazione giocherà un ruolo chiave nel rendere effettiva l’applicazione delle tecnologie microelettroniche particolarmente pervasive come quelle sensoristiche in ambito Internet of Things e a maggior ragione in ambito della emergente Internet of Everythings. Considerando che nel prossimo futuro saranno collegati alla rete nella modalità IoT miliardi di dispositivi sensoriali e attuativi è impensabile che tale enorme numero di dispositivi possa essere alimentato a batteria con tutte le problematiche correlate come e soprattutto quella della sostituzione periodica delle batterie scariche che rendono il sensore e l’attuatore praticamente inutile. La soluzione energetica basata sulle batterie, ancorché particolarmente efficienti e miniaturizzate, non risolve infatti in maniera adeguata e soddisfacente i requisiti applicativi che stanno emergendo in ambito IoT e IoE. Due tecnologie energetiche sono ormai emblematiche dei futuri sviluppi tecnologici dei sistemi embedded (a parte quelli tipicamente residenziali come l’automazione industriale e l’automazione domestica): la tecnologia ormai nota come “energy harvesting” e la tecnologia dei supercondensatori o “supercap”.

La raccolta di energia

L’energy harvesting attiene alla capacità di raccogliere dall’ambiente o dallo stesso sistema oggetto dell’applicazione (per esempio il corpo umano nel caso di applicazioni indossabili di natura medicale), l’energia necessaria ad alimentare l’elettronica (di solito ultra low-power) del sistema embedded; i supercondensatori sono il presupposto tecnologico perché l’energy harvesting sia effettivamente applicabile, in quanto le energie recuperabili in modalità harvesting sono molto piccole e di natura discontinua, quindi non direttamente utilizzabili per alimentare per esempio un processore o un amplificatore. I supercondensatori sono condensatori caratterizzati da elevatissima capacità che hanno contemporaneamente le caratteristiche funzionali dei condensatori elettrolitici e delle batterie ricaricabili, capaci però di immagazzinare da 10 a 100 volte in più energia per unità di volume o di massa rispetto ad un condensatore elettrolitico, e capaci di accumulare cariche elettriche con una rapidità molto superiore a quella tipica delle batterie ricaricabili e di subire in maniera indenne molti più cicli di carica-scarica rispetto alle batterie ricaricabili. Le piccolissime dimensioni ottenute per i supercap di ultima generazione li rendono particolarmente importanti per il successo di una soluzione di energy harvesting finalizzata a realizzare il sistema di alimentazione di sensori nelle applicazioni IoT e IoE. L’energy harvesting è dunque una tecnologia che implica e stimola lo sviluppo di altre tecnologie al contorno, come quella della microelettronica ultra low-power (picowatt) e quella dei supercap. L’obiettivo di pervenire alla realizzazione di sensori zero-power sarà raggiunto grazie allo sviluppo della tecnologia dell’energy harvesting da qualsiasi sorgente energetica reperibile nell’ambiente: la luce, le vibrazioni meccaniche (incluso il suono), il movimento, la pressione, le radiofrequenze, i campi magnetici, il calore. Nell’ambiente viene dispersa molta energia di varia natura fisica che normalmente viene sprecata se non raccolta e riciclata. Quando ciò accade l’energia dispersa nell’ambiente si converte spontaneamente in calore (per esempio la luce che irraggia una superficie si trasforma in calore che riscalda la superficie e non essendo utilizzato come tale il calore si disperde nell’ambiente quando la superficie si raffredda): l’energia luminosa si perde e contribuisce solo all’aumento dell’entropia senza aver prodotto alcun lavoro utile). A parte la sorgente luminosa che consente di ottenere harvesting energetico significativo (dell’ordine dei Watt, soprattutto con i pannelli fotovoltaici) tutte le altre sorgenti energetiche consentono harvesting energetico di piccolissime frazioni di Watt e quindi implicano un ulteriore sviluppo dell’elettronica a supporto delle strategie di energy harvesting,

L’harvesting fotovoltaico

L’harvesting fotovoltaico, cioè la cattura e conversione dell’energia della luce in energia elettrica, è senza dubbio la tecnologia di harvesting più nota e su cui per maggior tempo è stato investito per ottenere la massima efficienza possibile al più basso costo e minori dimensioni possibili. Principalmente utilizzato per le elevate potenze elettriche (centrali fotovoltaiche), l’harvesting fotovoltaico è sempre stato di grande interesse per l’elettronica e la microelettronica per realizzare sistemi di backup dell’alimentazione indipendenti dal tempo (una fonte di energia luminosa è sempre, o quasi sempre, disponibile) e facilmente integrabili. La Flexible Solar Cell di GCell è un esempio di ingegnerizzzazione delle celle solari che consentono di adattarsi a qualsiasi forma dell’applicazione finale, e grazie al ridottisimo spessore è possibile integrare questa soluzione di energy harvesting in modo da ottenere la massima efficienza. Un’altra innovazione nell’harvesting dell’energia luminosa viene da G24Power che ha sviluppato una tecnologia denominata Dye Sensitized Solar Cell. Dssc è una tecnica di sublimazione finalizzata all’utilizzo della sorgente luminosa presente nell’ambiente di qualsiasi natura (naturale o artificiale). In questo caso sono state utilizzate le nanotecnologie per ottenere celle fotovoltaiche estremamente sottili, flessibili e leggerissime che in pratica, con un approccio ingegneristico biomimetico ha consentito di ottenere un sistema di harvesting fotovoltaico simile a quello delle foglie delle piante.

L’harvesting termico

La differenza di temperatura (gradiente termico) tra due superfici consente di ottenere una conversione in differenza di potenziale elettrico molto efficiente grazie al cosiddetto effetto Seebek (un semiconduttore frapposto tra due placche di metallo a differente temperatura produce una differenza di potenziale dell’ordine di alcuni microvolt per grado Kelvin). L’harvesting termico si ottiene con una superficie calda il chip semiconduttore (thermal generator package) e un dispersore di calore nell’ambiente che svolge la funzione di lato freddo. Matrix Industries ha sviluppato la tecnologia dei Teg (Termo electric generator) sulla base di nanotecnologie su silicio ottenendo un enorme miglioramento delle prestazioni nella generazione termoelettrica nelle applicazioni di harvesting da sorgente di calore. Inoltre si tratta di una tecnologia scalabile dalle potenze dei milliWatt ai KiloWatt. Matrix Industries ha applicato la sua tecnologia di harvesting termico nella ingegnerizzazione di uno smart-watch portandolo da una dimensione iniziale di un volume di 100 CC a un volume finale inferiore ai di 40 CC. Indubbiamente la parte più complessa dell’ingegnerizzazione di questo orologio con tecnologia di harvesting è la progettazione del sistema termico e per questo motivo Matrix fornisce un servizio di thermal engineering e design agli Oem.

L’harvesting indossabile

All’università di Bolton nel Regno Unito, sotto la guida del professor Elias Siores, è stata sviluppata una struttura 3D di tessuto con capacità di harvesting elettrico piezoelettrico che, utilizzato per confezionare indumenti, porterebbe alla realizzazione di sistemi di harvesting piezoelettrici indossabili e utilizzabili per ricaricare in maniera efficiente dispositivi mobili come smartphone e tablet durante il movimento. Questo risultato dell’università di Bolton è il primo passo verso una generazione di prodotti di energy harvesting indossabili che rivoluzioneranno completamente il paradigma di alimentazione elettrica dei dispositivi elettronici.

Soluzioni per lo sviluppo dell’energy harvesting

Come per qualsiasi tecnologia elettronica, anche per l’energy harvesting sono disponibili dei kit di sviluppo che consentono di valutare e prototipare l’elettronica necessaria allo sviluppo dei sistemi di harvesting adatti a soddisfare le esigenze applicative, considerando che non esiste, come in altre applicazioni elettroniche, il chip che implementa tutte le funzioni di harvesting e quelle di alimentazione elettrica. Lo sviluppatore deve considerare che per un sistema completo di harvesting capace di alimentare senza interruzione e perpetuamente un sistema elettronico, per esempio un microcontrollore, sono necessari altri componenti al contorno come i Dc-Dc converter o gli Ac-Dc converter, o altri componenti capaci di gestire livelli bassissimi di potenza dell’ordine dei microWatt. Questi componenti, a loro volta, necessitano di essere alimentati e devono appartenere alla categoria degli ultra-low power (per esempio l’LTC3588 di Analog Devices, un Ac-Dc converter con solo 450 nA di quiescent current) altrimenti l’energia recuperata dall’harvester sarebbe consumata dai componenti al contorno e non dai componenti dell’applicazione (per esempio la Mcu). Il kit DC2042A di Analog Devices, è una scheda di valutazione molto versatile di varie tecnologie di energy harvesting (piezoelettrica, solare, termica) contenente una serie di circuiti integrati per energy harvesting, l’LTC3588-1 (piezoelectric energy harvesting power supply), l’LTC3108 (ultralow voltage step-up converter e power manager), l’LTC3105 (step-up Dc/Dc converter), l’LTC3459 (10 V micropower synchronous boost converter), l’LTC2935-2/LTC2935-4 (ultralow power supervisor). Micropelt ha invece sviluppato un prototipo di termogeneratore in un package che consente di dimostrare, verificare e valutare la conversione di calore in energia elettrica (110 mV/K).

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