Non cresce il Paese, non cresce l’hi-tech

“Il ritardo negli investimenti in infrastrutture di rete e tecnologiche è costato negli ultimi dieci anni alla nostra industria, oltre a una perdita di fatturato di 12,4 miliardi di euro, un importante calo occupazionale che ha interessato soprattutto il comparto dell’energia e delle comunicazioni, le aree più penalizzate dai ritardi della domanda interna. Chiediamo al Ministro Prestigiacomo, che ci onora oggi della sua presenza, di voler accelerare le pratiche di autorizzazione di Valutazione d’Impatto Ambientale, che ad oggi bloccano progetti di ampliamento della rete di trasmissione elettrica per 1,4 miliardi di euro. Avviare progetti già finanziati significa aprire cantieri, rilanciare l’occupazione e garantire la necessaria sicurezza della rete”. È questo l’appello lanciato al Governo da Guidalberto Guidi, Presidente della Federazione, in apertura dell’assemblea annuale organizzata come di consueto da Anie alla fine dello scorso luglio, che ha visto, oltre alla presenza del Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo anche quella del Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
I motivi di preoccupazione per le imprese hi-tech italiane, come ha fatto ancora notare Guidi, sono davvero molti: oltre alla mancanza di un mercato interno, ad impattare sulla crescita delle aziende c’è uno scenario internazionale preoccupante caratterizzato da incognite valutarie e da crisi finanziare che influenzano anche l’economia reale. Non manca però da parte di Guidi anche una nota di ottimismo: “Sono sicuro che una volta attuati tali investimenti, le nostre aziende potranno uscire prima dalla crisi e con contraccolpi limitati. Nel corso degli anni hanno infatti mostrato una straordinaria capacità di trasformarsi e ristrutturarsi, hanno imparato a delocalizzare, hanno continuato a investire in Ricerca & Sviluppo e si sono aperte a nuovi mercati".

Un salto di qualità nelle aziende

Una conferma a questa visione positiva viene dai dati dell’Osservatorio congiunturale realizzato da Anie in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Unioncamere, che mostrano un quadro in trasformazione. Negli ultimi anni molte imprese hanno infatti intrapreso radicali politiche di ristrutturazione per reggere il confronto sui mercati internazionali. Dal 2001 al 2007, secondo i registri delle Camere di Commercio, il saldo netto fra iscrizioni e cancellazioni di imprese è stato negativo per 2.580 unità. “Tuttavia, accanto ad aziende che hanno chiuso i battenti ve ne sono molte altre che hanno compiuto un salto di qualità nella capacità di competere” ha spiegato Guidi. “La mortalità delle imprese è aumentata, ma in quelle che sopravvivono cresce la proiezione internazionale, commerciale e produttiva, e la loro dimensione. Sono aziende specializzate in prodotti di più elevata qualità, che negli anni si sono collocate in nicchie del mercato mondiale che esse stesse hanno contribuito a creare”.
Inoltre, nonostante le difficoltà di un paese che non cresce, l’industria tecnologia italiana appare sempre più virtuosa, in termini di capacità di affrontare i nuovi impegni ambientali e le sfide della sostenibilità, investendo in efficienza energetica e in ecotecnologie. Il 54,6% delle imprese hi-tech considera molto importante la valorizzazione e la tutela del territorio, così come molto elevati risultano l’attenzione al rispetto della normativa (78%) e l’interesse al tema del risparmio energetico e della riduzione dei consumi, che hanno la massima rilevanza per il 63% delle imprese. Il 44% delle aziende ha dichiarato di aver effettuato interventi volti a perseguire il risparmio energetico e la riduzione dei consumi. Tutto questo nonostante ostacoli come la mancanza di finanziamenti per la ricerca e di riconoscimenti fiscali o incentivi.

In continuo calo la produzione di tecnologie

Il 2007 si è chiuso per il settore elettrotecnico ed elettronico con una produzione industriale nuovamente a picco (-7,6% la variazione annua) che ha portato a un divario sempre maggiore con i principali competitor europei, e con un fatturato aggregato in crescita del 5,3%, ma in rallentamento rispetto all’anno precedente. La caduta dei volumi produttivi nel 2007 ha interessato entrambe le aree: l’elettrotecnica, con un calo del 4,6%, e l’elettronica, crollata addirittura dell’11,4%.
Positiva la variazione del fatturato in chiusura d’anno, anche se in evidente indebolimento rispetto ai risultati degli ultimi tre anni. Il volume d’affari dell’elettrotecnica è penalizzato dal risultato negativo dei trasporti ferroviari ed elettrificati (-12,3%), mentre tassi di crescita sostenuti hanno caratterizzato la produzione di energia (+18,6%), l’illuminazione (+10,2%) e i cavi (+9,5%). Negativi nell’area dell’elettronica i risultati di componenti elettronici (-3,2%) ed elettronica di consumo (-7,3%), mentre le migliori performance hanno interessato i sistemi per le comunicazioni (+8,4%), e l’automazione e misura (+7,2%).
La frenata sui mercati esteri dell’elettronica (-3,2%) ha penalizzato il consuntivo 2007 delle esportazioni del settore (+2,2%). L’export dell’elettrotecnica, sostenuto dal riposizionamento delle forniture di tecnologie made in Italy verso i Paesi emergenti, registra invece un +5,3%.

Un futuro molto incerto

Il futuro è comunque caratterizzato da una diffusa incertezza e prudenza. Il primo quadrimestre del 2008 si è chiuso con una crescita del volume d’affari dello 0,8% (nel confronto con il corrispondente periodo del 2007). I comparti dell’elettronica mostrano maggiori difficoltà nel confrontarsi con un ambiente esterno di crescente complessità (-1,5% di variazione del fatturato), mentre le imprese dell’elettrotecnica, forti delle strategie di internazionalizzazione attuate negli anni precedenti, si dimostrano più preparate ad affrontare la crisi (+1,8%). Ancor più preoccupanti le indicazioni che provengono dall’ordinato, fermo sui livelli del primo quadrimestre del 2007. Influenzate dal quadro macroeconomico in rapido deterioramento, le imprese hanno quindi formulato le loro aspettative con toni di estrema prudenza. Per il secondo quadrimestre del 2008 si evidenzia un ridimensionamento delle attese: il 60% delle aziende vede all’orizzonte un livello di attività stabile, il 20% un possibile peggioramento.

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