Monitorare la salute delle macchine

Prevenire è meglio che curare recita un ben noto detto, e questo è vero anche in ambito sicurezza. Guasti improvvisi e rotture di macchinari industriali, oltre a provocare un danno economico legato a costi di riparazione e fermi produttivi, mettono a serio repentaglio la sicurezza degli operatori. Proprio il tema della sicurezza ha condotto allo studio di strategie manutentive atte a prevenire i guasti. Un primo approccio è la manutenzione preventiva che presuppone revisioni periodiche dei macchinari e sostituzione delle parti soggette ad usura. Uno dei limiti di questa tecnica sta nel fatto che è difficile prevedere la durata corretta tra un ciclo di revisione e l’altro, col rischio da un lato che tempi troppo lunghi portino comunque a guasti indesiderati, mentre tempi troppo brevi comportino la sostituzione di parti ancora pienamente efficienti. Per aggirare questo problema si è reso necessario individuare tutta una serie di parametri la cui misura fornisce lo stato di salute del macchinario. Una volta individuati i parametri, tra i quali ricordiamo gli assorbimenti di corrente, la misura della temperatura e la misura delle vibrazioni, si è passati allo sviluppo della strumentazione necessaria per poter effettuare il monitoraggio e consentire la rilevazione di malfunzionamenti all’origine. In questo modo è stato possibile focalizzare gli interventi solo quando effettivamente necessari e solo sulle parti a rischio di rottura. Questa tecnica comporta l’uso di strumentazione molto costosa e l’intervento di personale specializzato per poter effettuare le verifiche periodiche. Sviluppata nel contesto dell’asset management dell’Industria 4.0, la manutenzione predittiva costituisce un ulteriore passo in avanti che consente un sensibile aumento della sicurezza operativa ad un costo contenuto. I nuovi apparati industriali, in accordo al concetto di smart factory, vengono progettati prevedendo una serie di sensori per il monitoraggio continuo dello stato di salute, segnalando, quando richiesto, la necessità di un intervento di manutenzione. Oltre a dover assolvere al proprio compito efficacemente, la rete di sensori deve essere minimamente invasiva, in modo da non interferire con le funzioni primarie della macchina, ad un costo abbordabile, e possibilmente in tecnologia wireless, in grado di connettersi al Cloud. Studi condotti da società specializzate hanno dimostrato che questa nuova tecnica consente un ritorno dell’investimento triplo rispetto alla spesa iniziale.

L’analisi delle vibrazioni

Le vibrazioni costituiscono un parametro fondamentale per l’analisi del funzionamento delle macchine rotanti, permettendo di diagnosticare tutta una serie di problemi, come l’usura dei cuscinetti, il disallineamento, lo squilibrio e gli accoppiamenti fuori tolleranza. Ogni macchinario o processo industriale presenta uno spettro delle vibrazioni proprio chiamato firma vibrazionale. Andando a comparare la firma con le vibrazioni misurate è possibile identificare un malfunzionamento ed associarlo alla causa. Infatti le varie cause di vibrazione modificano lo spettro in maniera peculiare consentendone l’identificazione. Una delle difficoltà legate a questa tecnica sta nel reperimento di sensori adeguati. Questo mercato è stato a lungo dominato dai sensori di tipo piezoelettrico, che presentano delle ottime prestazioni, ma ad un costo spesso proibitivo per l’applicazione. Oltre alle prestazioni, che devono essere idonee per la misura che si vuole effettuare, questi sensori devono avere dimensioni e peso ridotti, richiedere un basso consumo di potenza, in modo da poter realizzare reti di sensori wireless, alimentate a batteria, o con altre forme di energy harvesting. È richiesto inoltre un minimo di intelligenza, tale da poter demandare al nodo alcuni processi decisionali, in modo da limitare la quantità di informazioni spedite nel Cloud. I sensori Mems forniscono una risposta adeguata a queste esigenze: utilizzando le tecnologie tipiche dell’industria dei semiconduttori, beneficiano della produzione su larga scala, hanno costi di struttura contenuti e l’elevato livello di integrazione li rendono particolarmente attraenti per il monitoraggio continuo dello stato di salute dei macchinari.

Accelerometri ad alte prestazioni

Analog Devices ha recentemente introdotto sul mercato delle nuove famiglie di accelerometri tre assi, con range programmabili ±10g, ±20g e ±40g: l’ADXL356 con uscita analogica e l’ADXL357 con uscita digitale. Questi dispositivi possono essere impiegati per realizzare delle Imu (Inertial measurement unit), nei sistemi di stabilizzazione delle piattaforme, per la manutenzione predittiva negli impianti industriali e nelle infrastrutture, per la mappatura di eventi sismici, la realizzazione di inclinometri e via discorrendo. Questi accelerometri combinano una serie di prestazioni che li collocano nella fascia medio alta dei sensori, in grado di soddisfare i requisiti di applicazioni particolari, che richiedono caratteristiche dei sensori molto spinte. Vediamo quindi quali sono le caratteristiche che li rendono particolarmente adatti per il Machine Health Monitoring.

Caratteristiche principali

Il range di misura è un parametro importante. 40g possono sembrare eccessivi per una moltitudine di applicazioni, dove i picchi di accelerazione che si vogliono misurare sono dell’ordine di pochi g. Per un inclinometro è sufficiente 1g. Tuttavia questi dispositivi si trovano spesso a operare in ambienti soggetti a forti vibrazioni e shock che porterebbero l’uscita in saturazione. Una volta in saturazione non è più possibile estrarre le informazioni richieste, e bisogna attendere che il componente recuperi il funzionamento nominale. Con un fondo scala di 40g è meno probabile che si raggiunga la saturazione, e in queste condizioni, anche in presenza di disturbi di notevole entità, con una adeguata analisi del segnale è possibile estrarre l’informazione utile. Se si considera l’ambito applicativo, che è quello delle reti di sensori wireless, il basso consumo è un’altra caratteristica fondamentale. I dispositivi consumano entrambi 21 µA in stand-by mentre in Measurement Mode il consumo è di 150 µA per l’ADXL356 e 200 µA per l’ADXL357. Altri accorgimenti consentono di risparmiare energia a livello di sistema. È il caso della memoria Fifo nell’ADXL357, che può accumulare i dati con il microcontrollore di sistema in sleep mode; al riempimento della memoria il micro viene risvegliato per trasferire i dati accumulati, per poi ritornare in uno stato dormiente. Generalmente il basso consumo è il frutto di un compromesso con le altre prestazioni del dispositivo. Non è questo il caso; un parametro importante nel Condition Monitoring, è la possibilità di discriminare vibrazioni e segnali di piccola entità; questa operazione è tanto più efficiente quanto più è basso il rumore del dispositivo. Questi dispositivi sono caratterizzati da una densità spettrale del rumore pari a 80 µg/√Hz. Non solo, l’architettura interna prevede altri accorgimenti per ottimizzare la sensibilità dell’accelerometro. Si può osservare che sul segnale proveniente dal Mems viene applicato un filtro analogico prima di passare agli stadi successivi. Nel caso dell’ADXL356, dopo il filtro c’è un buffer e delle resistenze da 32 kΩ, prima dell’uscita, dove potrà essere effettuato un ulteriore filtraggio analogico. Il dispositivo digitale, l’ADXL357, ha in più un filtro digitale programmabile; la frequenza di taglio del filtro passa basso viene regolata sulla base dell’Output Data Rate, ed è possibile inoltre inserire anche un filtro passa alto per realizzare una funzione passabanda. Nel monitoraggio delle condizioni generalmente viene effettuata un’analisi spettrale delle vibrazioni, per cui è importante anche la larghezza di banda. La frequenza di risonanza meccanica del sensore è intorno ai 5,5 kHz, ma la risposta in frequenza è determinata principalmente dai filtri anti aliasing che hanno la frequenza di taglio a 1,5 kHz. Infine, per poter offrire la risoluzione desiderata, la conversione analogico digitale viene effettuata con convertitori sigma delta a 20 bit. Grazie a questi accorgimenti questi accelerometri possono essere utilizzati anche per la registrazione di eventi sismici. Se si vuole monitorare lo stato di salute strutturale di un edificio, un ponte, un binario, un traliccio dell’alta tensione, o un qualunque altro elemento di un’infrastruttura, la stabilità è un requisito imprescindibile. Quello che si vuole misurare sono le derive della struttura, da non confondersi con quelle che possono essere le derive dei dispositivi di misura. La stabilità a lungo termine è legata allo stress meccanico cui può essere soggetto il sensore. Eventuali stress meccanici, subiti durante le fasi di saldatura, possono portare a una variazione degli offset. La sollecitazione può modificarsi nel tempo e comportare una deriva dell’offset, che potrebbe essere erroneamente interpretata come una variazione di inclinazione o di un qualche altro parametro strutturale. Per ovviare a questo problema viene posta particolare attenzione all’operazione di die attach. Anche la selezione del package è importante; questi accelerometri hanno un package ceramico LCC 14ld, poco incline alle deformazioni, specialmente se confrontati ai package plastici, largamente utilizzati nelle applicazioni consumer. Il package ceramico garantisce inoltre un elevato grado di ermeticità, che è un altro fattore che contribuisce alla stabilità a lungo termine. Durante il normale funzionamento un apparato è soggetto a variazioni ambientali, in particolare temperatura e umidità. Queste variazioni devono influenzare minimamente il sistema. Per l’umidità, disporre di un package ermetico, come nel caso dell’Lcc 14ld in cui sono incapsulati i sensori, è garanzia di funzionamento stabile anche nelle condizioni peggiori. Venendo alla temperatura, il range di funzionamento è da -40 a + 125 °C. Questo vuol dire che i dispositivi sono ottimizzati per poter lavorare anche alle alte temperature. Non solo, particolare attenzione è stata posta alla deriva dell’offset, il parametro che pone maggiori problemi; su tutti e tre gli assi viene garantita una deriva massima di ±0.75mg/°C. Inoltre gli accelerometri sono equipaggiati con un sensore di temperatura integrato, utilizzabile per una eventuale compensazione termica delle derive.

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