Imprese tra crisi e crescita

È il “credit crunch” lo spettro più temuto dalle imprese hi-tech rappresentate in Confindustria Anie. La stretta creditizia preoccupa la maggioranza degli imprenditori che, malgrado le difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie, non ha però mai smesso di investire in ricerca e in innovazione, un dato questo in controtendenza rispetto ad altri comparti dell'industria italiana. I nemici storici delle imprese rimangono l'alta pressione fiscale, che incide in modo importante sui costi del lavoro, la burocrazia e la mancanza di un'efficace politica di sostegno alle imprese che adottano misure virtuose nel campo della ricerca e a favore dell'occupazione. Comune alle imprese intervistate italiane sono anche la diffidenza nei confronti del mercato borsistico italiano; la cautela nell'accedere al mercato dei capitali è dovuta anche all'incertezza che oggi domina i mercati azionari. Gli imprenditori intervistati chiedono al governo una riduzione degli sprechi e dei costi della politica, una politica industriale più attenta alla realtà produttiva italiana e, in particolare, interventi pubblici che puntino sulle infrastrutture come volano per crescita economica. Sono questi i dati più significativi emersi da un'indagine realizzata da Anie alla fine dello scorso giugno, su un campione di oltre 150 imprese di dimensioni piccole, medie e grandi, con prevalente collocazione nel nord Italia, che di seguito analizziamo più in dettaglio.

La stretta del credito e il mercato azionario
Tra le principali problematiche affrontate dall'indagine Anie c'è quella relativa al credito. Malgrado le rassicurazioni degli istituti di credito, per la maggioranza degli imprenditori italiani l'emergenza credit crunch non è ancora superata. Il 66% degli intervistati ritiene infatti che il credit crunch sia ancora la prima emergenza per le imprese, mentre soltanto per il 34% la stretta creditizia non è più il problema principale. Il principale scoglio all'accesso al credito bancario è rappresentato dalla diffidenza delle banche nell'erogare credito alle imprese. Abbastanza rilevanti sono inoltre considerati il problema della bassa liquidità del sistema e quello della complessità burocratica per accedere al credito. Dall'analisi del campione emerge una delle caratteristiche strutturali del capitalismo italiano: la diffidenza nei confronti del mercato dei capitali e, in particolare, della Borsa. Il dato che emerge è macroscopico: ben il 72% delle aziende Anie intervistate ritiene che il reperimento di capitali sul mercato borsistico non possa rappresentare per le imprese un'alternativa valida al credito bancario, come avviene ad esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

Voglia di investire
Per quanto riguarda invece i possibili interventi adottati dalle imprese per fronteggiare la crisi, l'indagine Anie evidenzia  quale principale intervento “anti-crisi il settore dell'Innovazione, Ricerca e Sviluppo (29,6%), attività che si traduce in investimenti in nuove tecnologie o in prodotti più innovativi. Un risultato consono alla filosofia delle aziende aderenti ad Anie. Una buona parte degli intervistati ha indicato come intervento per fronteggiare la crisi le politiche di riduzione o contenimento dei costi, mentre resta piuttosto rilevante il dato sulle politiche di diversificazione adottate dalle imprese. Tra le altre scelte imprenditoriali vanno segnalate la ricerca di nuove nicchie di mercato l'internazionalizzazione e la riorganizzazione aziendale. In controtendenza rispetto alla crisi economica in atto, gli imprenditori dell'alta tecnologia italiana malgrado la recessione hanno continuato a investire (91%). Per questo comparto dell'industria italiana viene dunque smentita una stretta correlazione tra recessione e calo degli investimenti. Gli imprenditori del settore hi-tech si sono  si sono concentrati su investimenti di tipo materiale  come impianti e macchinari (45%), mentre il 43% ha scelto immobilizzazioni immateriali quali l'attività di Ricerca & Sviluppo.  Il 12% degli investimenti è stato invece destinato ad altri impieghi come ad esempio la ricerca di nuovi mercati e l'internazionalizzazione.

Come uscire dalla crisi
Secondo gli imprenditori intervistati i due principali nemici delle imprese per l'uscita dalla crisi sono assai noti: pressione fiscale invariata (per il 74% degli intervistati) e burocrazia, considerata molto rilevante dal 73% delle aziende coinvolte. Di grande rilievo per il 67% degli intervistati è inoltre la mancanza di investimenti nel mercato interno. Nell'ambito delle preoccupazioni imprenditoriali trovano un posto anche i ritardati pagamenti della PA e il rallentamento della domanda estera. Tra le richieste che gli imprenditori avanzano al Governo, al primo posto c'è sempre la diminuzione della pressione fiscale (17,3%), una richiesta che accumuna tutto il mondo imprenditoriale. Mentre da Anie arriva anche una richiesta specifica: quella di una più articolata politica infrastrutturale, accompagnata da una maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Più in generale, gli imprenditori chiedono una politica industriale che tenga conto della struttura produttiva del nostro paese e una riduzione del carico burocratico dello Stato Italiano.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome