Elettronica tutta da vedere

In una realtà sempre più multimediale, l'interattività sembra essere la chiave per il successo nell'immediato futuro. Non a caso sempre più applicazioni dispongono ormai di interfacce grafiche più o meno complesse. Il settore è caratterizzato da tecnologie in continuo movimento, in un mercato che entro il 2012 è stimato raggiungere un fatturato di oltre 120,000 milioni di dollari. Secondo una ricerca pubblicata da Display Search, i sistemi Lcd (Liquid Crystal Display) continuano a dominare il mercato con un incremento percentuale su base annua nel 2008 del 54%; nuove prospettive, in questo ambito, si sono aperte con le innovazioni Lcd bi-stabili e la diffusione delle applicazioni touch-screen. Tuttavia, le previsioni per il biennio '08-'10 prevedono una riduzione del tasso di incremento al 34%. Parallelamente, infatti, importanti aree di mercato vengono conquistate dalle tecnologie Oled (Organic Light Emitting Diode) ed e-Paper, che dovrebbero vedere un aumento della propria quota di mercato nello stesso periodo rispettivamente del 135% e dell'85%. Per contro continua a rallentare la crescita dei sistemi al plasma, che trovano ormai applicazioni soltanto nei televisori di grosse dimensioni. In controtendenza sono pure le tecnologie LCoS (Liquid Crystal on Silicon), Dlp (Digital Light Processing) e Vfd (Vacuum Fluorescent Display) per le quali le previsioni parlano di riduzioni rispettivamente del 17%, del 29% e del 7%. Di seguito è riportata una descrizione delle principali tecnologie indicate in precedenza - Lcd, Oled ed e-Paper - con indicazioni sui principi di funzionamento, sulle principali aree di applicazioni e sui loro vantaggi e svantaggi. In ultimo, sono presentate invece alcune soluzioni alternative, la cui sorte è tuttavia ancora da stabilire.

Il ruolo dominante dei cristalli liquidi
Gli Lcd sono la tecnologia per display attualmente più diffusa sul mercato, tanto da aver superato nel 2008, ad esempio nel settore dei televisori, la quota mercato dei classici schermi Crt. Rispetto a questi presentano infatti migliore risoluzione, maggiore brillantezza dell'immagine, dimensioni e dissipazione di potenza più contenute. Gli svantaggi principali sono invece un minore tempo di risposta rispetto a dispositivi al plasma o agli stessi Crt, la presenza di effetti di motion blur nella visualizzazione di oggetti in movimento, un minore angolo di visione e una maggiore fragilità, la necessità nella maggior parte dei casi di luce per retroilluminazione. Gli schermi Lcd si basano su cristalli liquidi, noti fin dal 1886 ma il cui impiego in questo ambito è stato scoperto soltanto a partire dal 1968. Nel caso più semplice, uno schermo Lcd è composto in linea di principio da due filtri polarizzanti perpendicolari tra loro e due elettrodi trasparenti che racchiudono cristalli liquidi. Le superfici degli elettrodi sono sagomate in modo da orientare le molecole dei cristalli che diversamente tenderebbero a essere disperse; le direttrice di orientamento ai due elettrodi sono tra di loro perpendicolari. In questo modo, le molecole di cristallo che si trovano in prossimità di ogni elettrodo sono orientate secondo la corrispondente direttrice, mentre quelle che si trovano a metà strada trai due tendono ad assumere delle posizioni intermedie fino a generare una struttura elicoidale. La luce incidente lo schermo viene dapprima polarizzata dal filtro applicato su di essa; in condizioni normali, la struttura elicoidale della fase cristallina ruota poi tale polarizzazione di 90° consentendo alla radiazione di attraversare il secondo filtro. Lo schermo appare cosô illuminato. Applicando invece un campo elettrico perpendicolare alle superfici degli elettrodi, le molecole di cristallo perdono la loro disposizione per allinearsi coerentemente al campo. La polarizzazione della luce non viene quindi modificata dal cristallo e la radiazione viene assorbita dal secondo filtro. Lo schermo appare cosô scuro. Modificando localmente il campo è possibile illuminare o spegnere singolarmente i pixel. In genere, esistono, per quanto concerne le modalità di controllo dello schermo, due distinte categorie di soluzioni di tipo passivo o attivo. Nei sistemi a matrice passiva gli elettrodi sono realizzati mediante strisce di film conduttivo (tipicamente ITO) disposti appunto in righe e colonne. In linea di principio sarebbero necessari un numero di linee e di colonne tale per cui il loro prodotto sia uguale al numero di pixel dello schermo. In realtà, per ottenere soluzioni a più basso costo, si usano architetture multiplexate in cui più pixel sono indirizzati dalla stessa combinazione di riga e colonna; la selezione del particolare pixel all'interno del gruppo avviene in base alla durata e alla fase relativa degli impulsi di tensione di controllo inviati sulla riga e sulla colonna corrispondenti. Nei sistemi a matrice attiva invece è presenta una rete di transistor a film sottile usati per controllare esattamente la tensione di polarizzazione su ogni pixel. Un comune elettrodo è disposto al di sopra della matrice di cristalli liquidi mentre al di sotto di questa è presente una rete di elettrodi disposti per righe e colonne. Drain, gate e source del transistor sono connessi rispettivamente all'elettrodo di colonna, a quello di riga e al pixel. Per attivare un pixel è necessario polarizzare il transistor così da cortocircuitare la connessione drain-source e caricare alla tensione desiderata un condensatore presente in parallelo alla connessione sul pin di source. Questo determina l'intensità del campo di polarizzazione del cristallo relativamente al pixel in oggetto e quindi la modalità di apparire del pixel stesso. I pixel vengono attivati sequenzialmente ma lo stato di ognuno, grazie all'impiego del condensatore di carica, viene mantenuto fino al successivo ciclo di refresh dell'immagine. Come appare chiaro da quanto detto in precedenza, i display Lcd non sono quindi dispositivi emissivi ma richiedono, come abbiamo visto, una sorgente di illuminazione esterna per poter funzionare correttamente. Negli schermi riflettenti, tale sorgente (tipicamente è usata la stessa luce ambiente) si trova dal lato di visione; sul piano di polarizzazione inferiore è presente un diffusore che riflette tale luce. Una tecnologia del genere è applicata tipicamente nelle calcolatrici o nei cronometri digitali. Negli schermi trasmissivi, invece, è impiegata una sorgente di retroilluminazione; tali schermi operano quindi in modalità negativa, nel senso che il colore di fondo è scuro. Schermi trasmissivi sono diffusamente impiegati, ad esempio, nei computer e, più in genere, nelle apparecchiature elettroniche portatili. Sono caratterizzati da una buona qualità dell'immagine ma da una scarsa leggibilità in condizione di esposizione diretta alla luce solare; questa viene infatti quasi completamente riflessa dalla superficie dello schermo sovrapponendosi alla luce trasmessa derivante dalla sorgente di retro-illuminazione. Soluzioni di compromesso tra gli schermi riflettenti e quelli trasmissivi, sono i sistemi transflettivi che possono operare in condizione di buio o luce solare diretta; sono per questo impiegati, ad esempio, in apparecchiature come Pda o Gps.

I Led organici
Gli Oled (Organic Light Emitting Diode) sono diodi Led nei quali lo strato emissivo elettroluminescente è realizzato mediante composti organici che hanno proprietà di semiconduttori. In linea di principio, un Oled consiste di un tale film sottile che è depositato su uno strato di materiale semiconduttore e racchiuso tra due altri piani di conduttori che costituiscono l'anodo ed il catodo della struttura. Applicando una tensione positiva all'anodo (rispetto al catodo) si genera una corrente di elettroni dall'anodo al catodo. Nella regione di materiale emissivo, quindi, si produce un eccesso di elettroni mentre questi vengono a loro volta sottratti dalla regione di conduttore. In corrispondenza della superficie di separazione tra le due regioni, si verificano allora fenomeni di ricombinazione elettrone-lacuna che comportano l'emissione di radiazione elettromagnetica con frequenza nella regione visibile dello spettro. La frequenza di emissione, e quindi, il colore della luce emessa, dipendono dal gap energetico tra le bande di valenza e quelle di conduzione del materiale semiconduttore usato. In assenza di polarizzazione, invece, gli elettroni driftano verso il catodo e le lacune verso l'anodo non dando origini a tali ricombinazioni; lo schermo appare quindi così di colore scuro.
Diversi sono i materiali e i processi utilizzati nella produzioni di Oled. La configurazione classica è denominata Smoled (Small Molecular Oled) ed è quella sviluppata originariamente da Eastman Kodak nel 1987. In questo caso la struttura consiste di uno stack di anodo, materiale organico per il trasporto delle lacune, materiale organico luminescente, materiale organico per il trasporto degli elettroni e catodo. L'anodo è realizzato mediante sostanze con elevata funzione di lavoro come l'ossido di indio noto anche per la sua trasparenza mentre il catodo è composto di una lega MgAg. Il materiale organico per il trasporto delle lacune è il normal-propil bromuro mentre quello per il trasporto degli elettroni è un composto chimico dell'alluminio noto come Alq3. Il materiale luminescente è anch'esso un composto di Alq3 e di C540, un derivato del carbonio. A causa dei costi elevati di produzione degli Smoled, legati ai complessi processi di sublimazione in camere a vuoto per la deposizione dei materiali, tali schermi sono tipicamente impiegati in applicazioni di piccole dimensioni come telefoni cellulari o video-camere digitali. Dagli Smoled sono successivamente state derivate le tecnologie Pled (Polymer Led) e gli Oled a base di dendrimeri. I primi, in particolare, utilizzano come materiale organico soluzioni acquose a base di polimeri che possono facilmente essere applicati su diversi substrati mediante tipici processi industriali (spin-coating, ink-jet printing...). In questo modo si riesce a produrre a costi competitivi schermi anche di grosse dimensioni per impiego in monitor e schemi televisivi. Tuttavia la vita media dei Pled è decisamente inferiore a quella degli Smoled. Come per i display Lcd, anche nel caso degli Oled esistono strutture a matrice passiva e attiva. Nel primo caso, anodo e catodo sono realizzati mediante strisce tra loro perpendicolari; la tensione di polarizzazione viene applicata ad una striscia per volta sul piano anodico attivando poi sequenzialmente tutte le linee sul catodo. Sebbene semplice e facile da realizzare, tale struttura richiede elevata corrente per mantenere buoni livelli di brillantezza e non è in grado di operare con efficienza di picco, per cui è tipicamente impiegata negli schemi di piccole dimensioni. Negli schemi a matrice attiva, invece, è presente una matrice di transistor a film sottile che funzionano come switch per regolare la corrente verso ogni pixel. La riduzione nella corrente di lavoro richiesta rispetto a una matrice passiva è pari al numero di linee di questa. Diversi sono i vantaggi principali della tecnologia Oled. Grazie alla emissione diretta di luce, ad esempio, non richiedono sistemi di retroilluminazione come nel caso degli Lcd e quindi possono essere realizzati in strutture di ridotte dimensioni. Per lo stesso motivo, sono caratterizzati da migliori proprietà di colore, gamut, brillantezza e contrasto oltre che da un maggiore angolo di visione (fino quasi a 90í rispetto alla direzione normale). I tempi di risposta sono estremamente brevi, fino anche a 0.01 ms. Possono essere stampati su diversi substrati usando tecnologie inkjet o screen-printing finendo per poter essere integrati anche in tessuti e vestiti. Gli svantaggi principali riguardano invece il tempo di vita medio non elevato e comunque inferiore, fino anche del 40%, a quello di altre tecnologie come Lcd o Pdp; recenti progressi sviluppati da Toshiba Matsushita Display mediante impiego di membrane metalliche che consentono di dimezzare la brillantezza dello schermo pur mantenendo la stessa risoluzione dell'immagine hanno migliorato in questo senso le prestazioni permettendo di raggiungere fino a 30 mila ore di funzionamento (pari a 8 ore di funzionamento al giorno per 10 ore).

La carta diventa elettronica
La tecnologia e-Paper è stata sviluppata per la prima volta nel 1970 da Nick Sheridon presso il centro di ricerca della Xerox di Palo Alto. Il prototipo, denominato Gyricon, consisteva di un foglio sottile di silicone trasparente al cui interno erano state depositate delle microsfere di polietilene di diametro compreso tra 75 e 106 micron. Ogni sfera era divisa in due semisfere composte di particelle di materiale plastico, di cui una di colore nero e carica negativamente e l'altra carica positivamente e di colore bianco. Le sfere erano sospese in una soluzione oleosa e quindi libere di ruotare sotto l'azione di un campo elettrico applicato al foglio di silicone. Ogni sfera costituiva cosô un pixel dello schermo che poteva assumere la colorazione nera o bianca a seconda dell'orientamento imposto dalla polarizzazione del campo. Ancora oggi la tecnologia e-Paper è utilizzata principalmente per realizzare display in bianco nero in applicazioni come libri scolastici (vedi il progetto pilota iniziato dalla edupaper.nl in alcune scuole del distretto secondario di Maastrict), lettori di e-book (come il Sony PRS-700BC rilasciato nel novembre scorso o il Kindle DX recentemente annunciato da Amazon), giornali (il frances Les Echos esce dal settembre 2007 in edizione digitale per lettore iRex iLiad), semplici ed economici cellulari (come il Motorola F3) o smart card (il primo dispositivo del genere ISO compatibile è stato sviluppato da Smartdisplayer in collaborazione con SiPix Imaging). Il vantaggio principale della tecnologia e-Paper è, in effetti, la capacità di mantenere costantemente sullo schermo l'immagine visualizzata senza necessità di aggiornamento (refresh). A differenza dei sistemi Lcd trasmissivi non è richiesta alcuna sorgente di luce per la retro-illuminazione; gli schermi e-Paper riflettono la luce incidente come un normale foglio di carta e quindi sono caratterizzati da un angolo visuale più ampio e dalla visibilità anche in esposizione diretta alla luce solare. Per questo la tecnologia è anche nota come electronic paper o electronic ink display. È caratterizzata da una minore dissipazione di potenza, una migliore durata e pesi inferiori, aspetti importanti in sistemi embedded a basso costo. Gli stessi costi di produzione sono in molti casi inferiori a quelli di produzione degli Lcd. Gli schermi e-Paper possono essere inoltre incapsulati su una varietà di substrati sia rigidi che flessibili, addirittura su etichette di prodotto o t-shirt. Gli svantaggi principali, allo stato attuale, sono invece l'assenza nella maggior parte dei casi di un supporto per le immagini colorate (che sarebbe invece di enorme interesse per applicazioni come le ormai tanto di moda cornici digitali) e l'elevato tempo di risposta. Quest'ultimo aspetto comporta, in particolare, l'insorgere di noiosi effetti di blurring in applicazioni interattive che prevedono, ad esempio, operazioni di zoom dell'immagine o rapidi cambiamenti di scena (come in alcuni menù più complessi). Diverse sono le tecnologie che sono attualmente impiegate per la realizzazione di e-Paper. Una di queste si basa sul principio dell'elettroforesi. Particelle di diossido di titanio di diametro di 1 micron sono disperse in un olio idrocarbonato cui è stato aggiunto del colorante scuro e dell'agente chimico in grado di elettrizzare le particelle stesse. L'insieme è racchiuso tra due piani conduttori separati di una distanza compresa tra 10 e 100 micron. Applicando una tensione di polarizzazione alle due superfici è possibili muovere le particelle di titanio da un piano all'altro. Quando queste si trovano in prossimità del lato da cui lo schermo è osservato la regione appare bianca in quanto tutta la luce è riflessa dalla particelle di titanio; quando si trovano invece sul lato opposto lo schermo appare scuro in quanto la luce è assorbita dal colorante presente nell'olio. Mediante una rete di piccoli elettrodi che creano il campo di polarizzazione locale, è possibile dividere lo schermo in altrettanti pixel. La tecnologia dell'elettroforesi è utilizzata ad esempio negli schermi e-Paper che si trovano nei lettori Amazon Kindle, Sony Librie o iRex iLiad i quali usano tutti dei film sottili realizzati da E Ink Corporation. Una soluzione alternativa è quella dell'elettro-wetting. In questo caso il campo elettrico viene utilizzato per modificare la superficie di separazione tra un olio colorato ed una soluzione acquosa. In assenza di polarizzazione, l'olio forma un film sottile piano e lo schermo appare colorato. Applicando invece tensione, si modifica la tensione interfacciale tra i liquidi e quindi il profilo della superficie di separazione; il risultato è una zona semi-trasparente che può apparire di colore chiaro se, al di sotto del piano dello schermo, è depositata uno strato di materiale riflettente. Alcuni dei vantaggi principali di questa tecnologia sono la bassa dissipazione di potenza, il tempo di commutazione adeguato a visualizzare immagini in movimento, l'elevata brillantezza (quattro volte superiore a quella degli Lcd). Inoltre è possibile realizzare stack di film oleosi con diversa colorazione per realizzare, mediante impiego di appositi filtri ottici, immagini colorati. Una variante della tecnologia è quella dei display elettro-fludi che modificano, sempre mediante applicazioni di campi elettrici, la dispersione di pigmenti all'interno di una soluzione acquosa. La tecnologia è stata sviluppata dei Novel Devices Laboratory dell'Università di Cincinnati ed è attualmente commercializzata da Gamma Dynicamics.

Soluzioni e tecnologie alternative
Come abbiamo visto, Lcd, Oled ed e-Paper sono sicuramente le soluzioni principali attualmente presenti sul mercato. Tuttavia vi sono altre tecnologie che meritano menzione, che non sempre hanno avuto responsi favorevoli dal mercato ma che potrebbero rappresentare interessanti novità nel prossimo futuro. I Sed (Surface Conduction Electron Emitter Display), ad esempio, sono schermi piatti in cui l'immagine è generata mediante energizzazione di composti di fosforo mediante emissione di elettroni da strutture nanoscopiche. La tecnologia combina così le proprietà di elevato contrasto, angolo di visione e tempo di risposta degli schermi Crt con le ridotte dimensioni dei sistemi Lcd. La ricerca in questo settore è stata iniziata da Canon nel 1986 e poi continuata grazie una joint-venture con Toshiba a partire dal 2004. Una prima dimostrazione pubblica è stata data nel 2007 ma la tecnologia non è stata ancora commercializzata, a causa anche degli impatti sui progetti di ricerca e sviluppo della recente crisi finanziaria. Ciononostante, recenti dichiarazioni hanno confermato l'interesse di Canon in questa direzione. La tecnologia Sed è piuttosto simile a quella Fed (Field Emission Display) che si basa sull'uso di nano tubi catodici. L'attività fu iniziata nel 1991 dalla Silicon Video Corporation, poi diventata Cadescent Technologies. Attività di ricerca e sviluppo sono state portate avanti anche da Sony e Motorola, sebbene con non troppa fortuna, e in ultimo, da Field Emission Technologies. Tuttavia a partire dal marzo di quest'anno anche quest'ultima ha annunciato di aver cessato le attività in questo settore a causa della mancanza di profitti adeguati. Migliori risultati ci si attendono invece dagli schermi Flcd (Ferro Liquid Crystal Display) che si basano sulle proprietà ferro-elettriche di alcuni fluidi. Tra i vantaggi principali di questa tecnologia vi sono l'elevata risoluzione su schermi di piccole dimensioni grazie alla capacità di realizzare pixel fino a 10 um e il ridotto tempo di risposta. Interessanti applicazioni possono esserci nel settore della visione 3D. Soluzioni Flcd sono disponibili ad esempio da Yunam Optics. Su fenomeni di elettroluminescenza è pure basata la tecnologia Tdei (Thick-film dielectric Electroluminescent), che sfrutta l'emissione di luce che si ha applicando un campo elettrico alternato ai composti di fosforo inorganici emissivi. I vantaggi principali sono come in precedenza il ridotto tempo di risposta e la relativa semplicità dei processi produttivi. Principale produttore di schermi Tdei è attualmente iFire. Su tecnologia Mems sono basati gli schermi Imod (Interferometer Modulator Display) che impiegano interferometri Fabry-Perot in grado di riflettere la luce a specifiche lunghezze d'onda producendo colori di elevata purezza e brillantezza. La tecnologia è attualmente commercializzata da Qualcomm. Su tecnologia Led si basano invece i display QD (Quantum Dot) che impiegano nano-cristalli per emettere luce analogamente agli Oled. Possono facilmente essere incorporati in Pda o apparecchiature di gioco portatili, telefoni cellulari, camere digitali. I vantaggi principali sono l'elevata purezza dei colori, la flessibilità della tecnologia utilizzabile in soluzioni acquose e non, la più lunga vita media rispetto agli Oled.

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