Connettività intelligente

L’intelligenza degli oggetti è spesso direttamente proporzionale alla loro capacità di connettersi e comunicare con ciò che li circonda. Acquisire informazioni e trasmetterle, con tutto ciò che sta nel mezzo, sembra essere diventato lo spartiacque da oggetti “smart” e “non-smart”. Così come il grado di intelligenza deve essere commisurato al compito da svolgere, anche la connettività assume caratteristiche “smart” secondo un ampio intervallo di sfumature. Ovviamente, infatti, le comunicazioni degli oggetti differiscono notevolmente in base a obiettivi, capacità richieste e risorse disponibili. Il contatore del gas avrà delle esigenze di elaborazione e di comunicazione decisamente diverse da quelli di un sensore su un macchinario critico di processo. Oltre a questo, il livello di intelligenza è strettamente correlato alla capacità di attingere alle risorse circostanti in base alle effettive necessità, dove per risorse può intendersi tutto ciò che spazia dall’energia alle condizioni ambientali. Prendendo ancora come esempio il contatore del gas, è facile capire come il livello di intelligenza di un oggetto isolato, verosimilmente alimentato a batteria, stia soprattutto nell’efficienza energetica dei suoi processi, comunicazioni comprese. A tale proposito, capire quando una comunicazione è smart sta esclusivamente nel comprendere se è allineata o meno all’ecosistema che deve servire. Ovviamente il paradigma dell’Internet delle Cose è quello che meglio esprime quanto possa essere complessa la definizione di smart. Proprio questo mercato, sfaccettato e polverizzato, è composto da un novero di applicazioni che spazia dai prodotti indossabili ai sensori edge, passando attraverso building automation, automotive, produzione industriale 4.0, sanità, aree urbane, gestione energetica e così via. Tali applicazioni fanno affidamento su un ampio spettro di sistemi di comunicazione che, a partire dal singolo elemento “foglia”, coinvolge gateway, hub, cellulari, reti cablate, server e quant’altro. Ciascuno di questi elemento a suo modo è smart, ma ognuno con specificità proprie in termini di velocità, banda, portata, consumo energetico, tipologia d’installazione eccetera. Sicuramente, nel prossimo futuro, le tecnologie IoT saranno i driver che determineranno l’evoluzione della connettività, soprattutto per quanto riguarda le reti wireless. In quest’ottica, di seguito è riportata una breve carrellata di standard e architetture di comunicazione wireless strettamente collegate alle applicazioni IoT.

Lo standard ZigBee

Promosso dalla ZigBee Alliance, ZigBee rappresenta uno dei principali standard di comunicazione wireless. Esso opera attraverso piccole antenne digitali a bassa potenza e basso consumo basate sullo standard Ieee 802.15.4, creando delle reti Wpan (Wireless personal area network) a maglia che operano principalmente nella banda Ism da 2,4 GHz (supportando anche le bande Ism da 868 MHz e 916 MHz). Lo standard è utilizzato soprattutto nelle reti di sensori utilizzate nel mondo dell’energia, nelle smart grid e nella domotica. ZigBee può raggiungere capacità di trasmissione dati fino a 250 kbps. Tuttavia, nelle applicazioni più tipiche, le velocità tendono a essere molto inferiori soprattutto perché si tratta di processi di comunicazioni basate su brevi intervalli di attività separati da lunghi silenzi. Ciò permette di ottenere dispositivi con autonomie di batteria estremamente lunghe. La specifica ZigBee 1.0 è stata approvata il 14 dicembre 2004 ed è pubblicamente disponibile per gli sviluppatori. Di contro, non è consentito usare il logo della ZigBee Alliance per scopi commerciali se il dispositivo non viene certificato dall’Alliance. Nel 2014 la ZigBee Alliance ha annunciato un nuovo stack di protocollo chiamato ZigBee 3.0, che ha inglobato i precedenti profili applicativi verticali in un unico ecosistema interoperante. Questo stack, che ha sostituito la versione ZigBee Pro 2007, prevede l’uso di specifiche Mac/phy basate sullo standard Ieee 802.15.4 2011. Oltre a nuovi metodi di protezione di rete, Zig.Bee prevede anche il supporto per nodi Zig.Bee Green Power che operano in energy-harvesting  e il supporto per le cosiddette Nan (Neighborhood area network) secondo lo standard 802.15.4g destinate alle applicazioni IoT industriali e alle reti per smart metering.

Il protocollo 6LoWpan

6LoWpan (IPv6 over Low power Wireless personal area networks), nome di un gruppo di lavoro dell’Itef (Internet Engineering Task Force) è un protocollo Ip nato per permettere ai dispositivi con consumi molto bassi e prestazioni di calcolo limitate di partecipare all’ecosistema IoT. Il gruppo 6LoWpan ha definito dei meccanismi di incapsulamento e compressione degli header che permettono ai pacchetti IPv6 di essere inviati e ricevuti su reti Ieee 802.15.4. Questo standard definisce solo un livello di adattamento efficiente inserito fra il livello di collegamento dati 802.15.4 e lo stack Tcp/Ip. 6LoWpan implementa due tipologie di indirizzi: indirizzi estesi Ieee Eui-64 bit, univoci globalmente, o indirizzi a 16 bit, univoci soltanto all’interno della Pan. La possibilità di estendere il campo d’indirizzamento permette di configurare reti di sensori che possono essere gestite direttamente dalla rete Internet a indirizzamento IPv6. La tipologia di pacchetto 6LoWpan offre il supporto per la comunicazione su reti mesh, per broadcasting e multicasting e per la gestione della frammentazione dei pacchetti. 6LoWpan eredita dal protocollo IPv6 anche la funzionalità di autoconfigurazione dei nodi. Non avendo a disposizione la possibilità di costruire frame di grandi dimensioni (infatti la massima grandezza consentita del protocollo 802.15.4 è 127 bytes contro i 1260 bytes dell’IPv6) i livelli implementati in 6LoWpan, per trasferire le informazioni dai livelli superiori ai livelli inferiori, prevedono un adattamento del pacchetto. Non esiste ancora uno standard completo per l’intero stack di protocollo né programmi di certificazione per soluzioni 6LoWpan. In virtù delle molteplici modalità operative disponibili nel livello di collegamento dati, diversi produttori possono sviluppare soluzioni non interoperabili. I dispositivi 6LoWpan residenti in diverse reti possono comunicare via Internet attraverso un router edge a condizione che utilizzino lo stesso protocollo applicativo Internet. Essendo nativi Ip, i dispositivi 6LoWpan sono però in grado di comunicare con qualsiasi server o dispositivo su Internet, incluse le unità Wi-Fi ed Ethernet. Il protocollo di comunicazione 6LoWpan è ancora relativamente nuovo. Le prime installazioni operano nelle bande Ism da 2,4 GHz, 868 MHz e 916 MHz. Grazie ai vantaggi della tecnologia 802.15.4 (topologia di rete a maglia, reti di grandi dimensioni, affidabilità delle comunicazioni e bassi consumi) e della tecnologia di comunicazione Ip, 6LoWpan è ben posizionata per dare un’ulteriore spinta al mercato dei sensori con connettività cloud, con volumi di dati ridotti e con esigenze di basso consumo.

La tecnologia Wi-Fi

Wi-Fi è una tecnologia che consente a terminali di utenza di collegarsi tra loro attraverso una rete locale in modalità wireless basandosi sulle specifiche dello standard Ieee 802.11, sviluppato come alternativa senza fili al diffusissimo cavo Ethernet Ieee 802.3. A sua volta la rete locale così ottenuta può essere allacciata alla rete Internet tramite un router e usufruire di tutti i servizi di connettività offerti da un Isp. Le reti Wi-Fi sono basate su una topologia a stella e sono basate su punti di accesso piuttosto costosi da integrare in dispositivi con prestazioni di calcolo ridotte (per esempio, unità domestiche quali termostati o prese) a causa delle dimensioni e della complessità del transceiver e del layer Tcp/Ip. La differenza fra Wi-Fi e le altre reti a copertura cellulare risiede nei protocolli di comunicazione ovvero nello stack dei primi due livelli (fisico e di collegamento), ovvero i protocolli di strato fisico e i protocolli di accesso multiplo o condiviso al supporto radio. In particolare dato che la trasmissione di ciascuna stazione avviene alla stessa frequenza operativa (2,4 o 5 GHz) per evitare collisioni in ricezione si utilizza il protocollo di accesso multiplo Csma/Ca. I protocolli Wi-Fi consentono anche di adattare la velocità di trasmissione del link wireless di accesso in funzione della distanza della stazione mobile ricetrasmittente dall’Access Point, minimizzando le perdite di trasmissione. Le antenne utilizzate nelle reti Wi-Fi sono di due tipi: omnidirezionali e direttive. Le prime vengono utilizzate di norma per distribuire la connettività all’interno di uffici, o comunque in zone private e relativamente piccole (ambito di utilizzo originario del Wi-Fi). Le antenne direttive permettono invece di coprire aree più estese, come aeroporti, centri commerciali eccetera. Con Wi-Fi è possibile coprire anche grandi distanze (in termini di chilometri) veicolando la banda larga nei territori scoperti dalla rete cablata. Un dispositivo, anche se conforme alle specifiche dello standard, non può utilizzare il logo ufficiale Wi-Fi se non ha superato le procedure di certificazione stabilite dal consorzio Wi-Fi Alliance, che testa e certifica la compatibilità dei componenti wireless con gli standard 802.11x (della famiglia 802.11). La presenza del marchio Wi-Fi su di un dispositivo dovrebbe quindi garantirne l’interoperabilità con gli altri dispositivi certificati, anche se prodotti da aziende differenti. Lo standard Ieee 802.11 prevede varie classi di Wi-Fi con prestazioni diverse.

Le principali sono:

  • classe A a 54 Mb/s (5 GHz)
  • classe B a 11 Mb/s (2,4 GHz)
  • classe G a 54 Mb/s (2,4 GHz)
  • classe N a 450 Mb/s (2,4 GHz e 5 GHz)
  • classe AC a 3 Gb/s (5 GHz)

A causa dei consumi elevati richiesti per raggiungere capacità significative e una buona copertura all’interno di edifici, Wi-Fi non si presta all’utilizzo con dispositivi alimentati a batteria. Il problema può essere risolto attivando la sezione radio solo per brevi periodi separati da lunghi intervalli di inattività, ma sicuramente per ora non è un protocollo estremamente diffuso in certi ambiti, come ad esempio i prodotti indossabili.

La comunicazione Bluetooth

Giunto alla versione 5, Bluetooth è stato concepito in casa Ericsson nel 1994 per la comunicazione wireless fra telefoni e computer. Il nome è ispirato a re Aroldo I di Danimarca (Harald Blåtand, Harold Bluetooth in inglese), che unì gli scandinavi introducendo nella regione il cristianesimo. Da qui il nome di un protocollo ritenuto capace di mettere in comunicazione dispositivi estremamente diversi. Il logo altro non è che la rielaborazione grafica delle antiche lettere runiche corrispondenti alle moderne H e B. Bluetooth è uno standard per reti personali senza fili Wpan con scambio di dati su una frequenza radio sicura a corto raggio: fino a 100 metri di copertura per un dispositivo di Classe 1 e fino ad un metro per dispositivi di Classe 3, con capacità di trasmissione dati fino a 3 Mbps. Esso opera cercando i dispositivi coperti dal segnale radio entro il raggio di lavoro e mettendoli in comunicazione tra loro. BT si è diffuso da tempo anche nel settore industriale. La specifica Bluetooth sviluppata da Ericsson e stata in seguito formalizzata dalla Bluetooth Special Interest Group, un’associazione formata da Sony Ericsson, Ibm, Intel, Toshiba, Nokia e da altre società che si sono aggiunte come associate o come membri aggiunti. Il protocollo Bluetooth opera nel campo di frequenze assegnato intorno ai 2,45 GHz. Per ridurre le interferenze il protocollo divide la banda in 79 canali e provvede a commutare tra i vari canali 1.600 volte al secondo. I collegamenti Bluetooth sono di due tipi: Connection Oriented e Connectionless. Il primo tipo richiede una connessione tra i dispositivi prima di inviare i dati. Con il secondo tipo il trasmettitore può iniziare a inviare i dati in qualsiasi momento purché conosca l’indirizzo del destinatario. In Bluetooth due o più dispositivi collegati formano una piconet, lasciando al master il compito di sincronizzare gli slave e la sequenza di hopping. Le specifiche Bluetooth prevedono 3 tipi di topologie di rete: punto-punto, punto-multi punto e scatternet, dove diverse piconet possono essere collegate tra loro. Un dispositivo Bluetooth si può trovare essenzialmente in due stati: in connessione o in standby. Lo stato di standby permette di risparmiare energia, limitandosi a mettersi in ascolto di eventuali messaggi dal master ogni 1,28 secondi. Per le applicazioni Internet of Things è stato introdotto Bluetooth Low Energy. Comunemente nota come Bluetooth Smart, questa tecnologia è stata introdotta con il nome Wibree da Nokia nel 2006 ed è concepita per volumi di dati inferiori, offrendo una soluzione ideale per i dispositivi alimentati a batteria che hanno esigenze di comunicazione sporadica, per esempio contatori dell’acqua o del gas. Questi dispositivi Bluetooth possono così funzionare per molti anni con una piccola batteria.

Le tecnologie Lpwan

In talune applicazioni IoT e machine-to-machine a livello edge, le ridotte dimensioni dei pacchetti scambiati e la loro sporadicità rendono le tecnologie di messaggistica cellulare ad alta potenza sovradimensionate. A tale proposito esistono opzioni di connettività alternative a bassa potenza e banda limitata, quali le tecnologie Lpwan o Lpn. Oltre a contenere costi e consumi queste tecnologie Lpwan consentono di supportare reti potenzialmente basate su milioni di dispositivi edge alimentati in modo autonomo. È il caso di due soluzioni Lpwan che vanno per la maggiore: LoRa e SigFox. Il protocollo LoRa, promosso dalla LoRa Alliance (la versione 1.1 è in fase di sviluppo ed è attesa per metà 2017), è una tecnologia sviluppata da Semtech, azienda produttrice di semiconduttori. LoRa è destinata agli oggetti wireless alimentati a batteria operanti su scala regionale, nazionale o anche globale. LoRa (abbreviazione di Long Range) opera in bande di frequenza sub-GHz libere da 868 a 915 MHz utilizzando una tecnica Css (Chirp spread spectrum) e offre uno schema di comunicazione protetto bidirezionale e mobile supportato da servizi di localizzazione. Le specifiche stabiliscono dei requisiti di interoperabilità che non implicano complesse installazioni, offrendo a utenti, sviluppatori e gestori di l’opportunità di rendere i propri oggetti compatibili con Internet of Things. L’architettura di rete LoRa è tipicamente basata su una topologia “star-of-stars” in cui i gateway sono dei bridge trasparenti che trasmettono i messaggi tra dispositivi terminali e server di rete centralizzato in backend. I gateway sono connessi al server di rete attraverso collegamenti Ip standard mentre i dispositivi terminali utilizzano una comunicazione wireless single-hop verso uno o più gateway. Tutte le comunicazioni sono bidirezionali, ma supportano anche la modalità multicast consentendo l’invio di aggiornamenti software “over the air” o altre distribuzioni di massa per ridurre il tempo di trasmissione attiva. Le comunicazioni tra dispositivi terminali e gateway sono distribuite su canali di frequenza e velocità differenti. La selezione della velocità è un compromesso tra portata della comunicazione e durata del messaggio. Grazie all’uso della tecnologia a spettro disperso, le comunicazioni con velocità differenti non interferiscono tra loro e offrono la possibilità di creare un gruppo di canali virtuali che incrementano la capacità del gateway. Le velocità di LoRa vanno da 0,3 kbps a 50 kbps. Per massimizzare la durata delle batterie la capacità globale della rete, il server LoRa gestisce l’uscita Rf e la velocità di ogni singolo dispositivo terminale attraverso uno schema adattativo. Le reti nazionali orientate all’IoT, ad esempio le infrastrutture critiche, che trattano dati personali riservati o funzioni fondamentali per la società, richiedono comunicazioni sicure. Questa esigenza è stata indirizzata da LoRa grazie a vari livelli di criptaggio basati su chiavi uniche a livello di rete, di applicazione e di dispositivo. A livello di dispositivo terminale, LoRa prevede diverse classi per indirizzare le esigenze di un ampio spettro di applicazioni. Si parte dai dispositivi bidirezionali di classe A, dove a una trasmissione uplink seguono due brevi finestre di ricezione in downlink. Questo funzionamento è destinato ai dispositivi con i requisiti energetici più stringenti e specifiche di comunicazione non troppo elevate. Rispetto ai dispositivi in classe A, quelli in classe B prevedono invece delle finestre di ricezione aggiuntive in momenti programmati. Per aprire queste finestre di ricezione nei momenti stabiliti, i dispositivi ricevono un avviso sincronizzato (Beacon) dal gateway. Ciò consente al server di sapere quanto il dispositivo finale è in ascolto. Nei dispositivi di classe C la finestra di ricezione è invece sempre aperta, quindi non vi è latenza. La tecnologia LoRa può essere utilizzata in reti sia private sia pubbliche. Il secondo grande attore nel campo delle Lpwan è SigFox, una rete di telecomunicazione gestita dedicata all’Internet delle cose che evita all’utente di avventurarsi in attività di installazione o di manutenzione. La tecnologia SigFox funziona in maniera trasparente, consentendo così allo sviluppatore di concentrarsi sul contenuto core del suo progetto, senza preoccuparsi della comunicazione. La tecnologia SigFox permette una comunicazione bidirezionale, da e verso il dispositivo, il quale s’incarica sempre di avviare il processo. La rete SigFox è stata disegnata per l’invio di messaggi di dimensioni ridotte e solo nel momento in cui occorre, tutelando così l’efficienza energetica. SigFox lavora su frequenze sub-GHz, sulle bande Ism (868MHz in Europa / Etsi e 902MHz in Usa / Fcc) con una modulazione Ultra-Narrow Band che garantisce una rete scalabile ad alta capacità e che consente comunicazioni a lungo raggio, con una copertura maggiore rispetto al Gsm. Non vi è alcuna negoziazione dei parametri della connessione tra il dispositivo e una base station ricevente. Il dispositivo semplicemente emette nella banda di frequenza disponibile. Il segnale viene rilevato dalle base station più vicine, decodificato e trasmesso al back-end della rete.  I messaggi vengono poi inoltrati all’applicazione dell’utente, e resi accessibili tramite le Api di SigFox. Ogni messaggio viene autenticato utilizzando un meccanismo hash e una chiave privata specifica del dispositivo. Il tutto offre una grande protezione dagli attacchi in replay.  Il protocollo SigFox permette di trasferire fino a 12 byte per messaggio e fino a 140 messaggi al giorno. Questa limitazione è dovuta, in parte, al rispetto delle normative del settore. La normativa europea che disciplina la banda 868 MHz consente un duty cycle di trasmissione del 1%. Un singolo dispositivo non potrà pertanto trasmettere per più dell’1% del tempo in un’ora. Poiché l’invio di un messaggio può richiedere fino a 6 secondi, ne deriva che potranno essere trasmessi massimo 6 messaggi all’ora. Secondo quanto pubblicato sul sito agendadigitale.eu in tutta Europa le tecnologie Lpwa hanno ormai assunto un ruolo dirompente, in particolare nell’ambito dell’IoT, e porteranno inevitabilmente a dover ripensare i quadri regolatori che ne determinano il funzionamento. Lo stato di queste reti è piuttosto variegato. La partnership con SigFox è alla base della strategia di due divisioni della società britannica di Arqiva: la divisione smart metering, focalizzata anche su soluzioni smart grid e smart water network, e la divisione IoT concentrata sulla realizzazione di Smart Urban Infrastructures ad esempio per la verifica del riempimento dei cassonetti dei rifiuti, il monitoraggio degli spazi pubblici, il monitoraggio del traffico e parcheggi eccetera. Sempre SigFox ha stipulato un accordo con Narrownet in Portogallo, la cui proposta è simile a quella di Aerea e della divisione IoT di Arqiva. Il colosso dell’energia francese, Engie, ha lanciato in Belgio la nuova compagnia Engie M2M basandosi sulla partnership con SigFox e puntando su soluzioni rivolte al settore energetico e smart metering. Cofely Services (gruppo Engie) utilizzerà invece SigFox per offrire soluzioni di Intelligent Building e Smart Metering in Francia. Cellnex Telecom mette invece a disposizione una rete cellulare basata su tecnologia SigFox destinata specificatamente all’Internet delle Cose. La rete copre tutto il territorio spagnolo e dispone di oltre 1300 siti attivi, che ne fanno la più grande rete destinata all’Internet delle Cose in Europa. L’operatore francese Bouygues ha invece annunciato la conclusione di una sperimentazione nell’area di Grenoble basata sull’adozione della tecnologia LoRa. I piani di sviluppo prevedono un network di 15.000 siti e 500 città. Sempre in Francia, Actility e Swisscom hanno lanciato ThingPark una piattaforma IoT e M2M basata su LoRa. L’operatore rumeno Flashnet ha adottato LoRa per la realizzazione di soluzioni di Smart Lighting (InteliLight) per Smart City che coinvolge una decina di città. Proximus è un operatore di telecomunicazioni belga che propone una rete wireless basata su LoRa rivolta al monitoraggio del consumo di energia o di acqua e alle soluzioni sanitarie a distanza in tutto il Belgio e in Lussemburgo. In Italia, Ei Towers (40% Mediaset) sta puntando alla nuova realtà dell’Internet delle cose e ha siglato una partnership con SigFox e NetTrotter (controllata da Ei Towers e unica licenziataria per la distribuzione della rete SigFox per l’Internet of Things nel nostro Paese) per realizzare un network IoT.

Altri standard emergenti

Tra gli standard Lpwa emergenti, NB-IoT (Narrow-Band Internet of Things) è una soluzione promossa da importanti operatori in tutto il mondo. Questa tecnologia - che rientra nella Mobile IoT Initiative del Gsm e le cui specifiche tecniche sono definite in ambito 3Gpp - consentirà di indirizzare, secondo uno standard condiviso e riconosciuto a livello mondiale, le applicazioni di Internet of Things su reti 4G, quali smart meter, logistica e così via. Tali applicazioni sono caratterizzate da un numero di terminali potenzialmente molto più elevato rispetto al numero tipico di una rete radiomobile e da requisiti molto peculiari, per esempio costi molto bassi del modulo radio, capacità trasmissiva commisurata all’applicazione, estensione della copertura e incremento del tempo di vita della batteria. Lo standard NB-IoT rientra nell’evoluzione delle reti Lte che gestiranno anche altre applicazioni M2M, come ad esempio smart grid, fleet tracking, wearables, connected car, Industry 4.0. Si tratta quindi di uno standard voluto da tutta l’industria del settore e che potrà quindi beneficiare di grande economia di scala a livello mondiale. Tra le caratteristiche dell’NB-IoT si segnala la particolare copertura radioelettrica che permette la propagazione del segnale anche da e verso sensori dislocati in seminterrati e racchiusi in contenitori metallici. Una ulteriore caratteristica è la capacità di gestire almeno 50.000 punti per ciascun settore di un sito radiomobile con canale di 180 kHz. La velocità bidirezionale minima è pari a 160 bit/s per sensore, con bit rate edge dell’ordine di 1 kbps con picchi fino a 250 kbps in buona copertura. L’alta efficienza energetica permette di garantire consumi molto inferiori rispetto all’attuale tecnologia di prima generazione: nel caso di moduli NB-IoT a batteria, infatti, l’autonomia può superare 10 anni. La bassa complessità ingegneristica, inferiore a quella degli attuali terminali M2M basati sullo standard Gprs, con un valore target di costo del modulo di comunicazione - secondo l’operatore italiano Tim - di circa 5 dollari, che potrà beneficiare di ulteriori margini di riduzione a seguito del raggiungimento di economia di scala mondiali; a ciò si aggiunge l’uso di bande radio già licenziate che consentono all’operatore di garantire un servizio non soggetto a interferenza provenienti da altri sistemi. Sempre secondo Tim, a soluzione permette l’uso di un’infrastruttura Lte esistente di stazioni radio base. L’implementazione dello standard richiede solo un aggiornamento software dell’infrastruttura con un’attivazione immediata dell’intera copertura nazionale già sviluppata per i servizi Lte commerciali. Attualmente, l’iniziativa è ancora in fase nascente. A livello di roadmap tutti i principali vendor di telecomunicazione sono già impegnati nello sviluppo di questa nuova soluzione accelerando fortemente nella creazione dell’ecosistema, per una possibile implementazione commerciale già nel 2017. Secondo simulazioni effettuate da Tim, nei casi maggiormente sfavorevoli con l’implementazione attuale di Lte, la copertura radio con la tecnologia NB-IoT, sarà già superiore al 90% a inizio 2017 e raggiungerà livelli maggiori al 95% l’anno successivo. La soluzione NB-IoT si sposa con la disponibilità della tecnologia e-Sim che abilita la configurazione da remoto e il cambio di operatore senza la sostituzione fisica della Sim. La complessità gestionale dell’alto numero dei terminali NB-IoT potrà quindi essere gestita da remoto minimizzando l’accesso ai terminali medesimi da parte del personale tecnico.

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