Bioelettronica, oltre i limiti dell’elettronica

La bioelettronica nasce da un’accelerazione dell’innovazione tecnologica che si è prodotta negli ultimi anni per effetto della sinergia tra la biologia e l’elettronica. Tale sinergia è stata la conseguenza di una convergenza verso la scala nanometrica di entrambe le discipline: la biologia è riuscita a sviluppare tecniche di intervento a livello di cellule e fibre biologiche (per esempio ripristino di fibre nervose o delle cellule di organi vitali), mentre l’elettronica è riuscita a realizzare dispositivi integrabili sia a livello dimensione (nanoelettronica), sia a livello biologico con il tessuto degli organismi biologici (corpo umano), per svolgere funzioni di diagnostica automatica e protesizzazione (il pacemaker è l’esempio più emblematico). Nei prossimi anni potremo assistere alla possibilità di ripristino della vista e dell’udito, e al ripristino della funzionalità del midollo spinale, quindi della funzionalità motoria, grazie alla disponibilità di bioelettronica allo stato molecolare.

Convergenza tra elettronica e biologia

Questa convergenza tra elettronica e biologia che ora identifichiamo con il termine “bioelettronica”, ha un’enorme portata applicativa che va oltre quella apparentemente ovvia della cura della salute umana, in quanto riguarda anche altri campi applicativi che hanno una componente biologica, come l’ambiente (protezione e monitoraggio), la sicurezza, il mondo consumer (cibo, interazione uomo-macchina, interazione uomo-ambiente, ecc.). La bioelettronica, oltre ad aprire nuovi scenari applicativi che superano l’immaginario, contribuirà anche a superare i limiti sempre più evidenti dell’elettronica tradizionale (ovvero la microelettronica). Il raggiungimento dei limiti sempre più spesso evocati della nota “legge di More”, è una delle prospettive più importanti, in quanto uno dei possibili benefici che ne potrebbero derivare è in termini di riduzioni del costo del processo di produzione della microelettronica, che dagli anni ’70 ad oggi è cresciuto in maniera esponenziale a causa del raggiungimento dei limiti fisici della materia e delle tecnologie fotolitografiche applicate.

Applicazioni medicali e ambientali

La nascita della bioelettronica si può far risalire al 1912 anno in cui fu per la prima volta riferito in merito alla registrazione del segnale bioelettrico generato dal corpo umano (apparato cardiaco) e catturato sulla superficie toracica tramite elettrodi che portò poi alla realizzazione dei primi elettrocardiografi. La successiva invenzione del transistor e del circuito integrato hanno creato le premesse per l’effettiva implementabilità dei sistemi bioelettrici, soprattutto quelli che dovevano operare con segnali bioelettrici di pochissimi microVolt immersi in segnali complessi di decine di milliVolt. L’amplificatore operazionale ad alta impedenza ha consentito di fare un ulteriore e importante passo avanti alla bioelettronica in quanto i biosegnali hanno due caratteristiche fondamentali, sono estremamente piccoli (dell’ordine del millivolt e spesso dell’ordine dei microvolt) e sono caratterizzati da un elevato rumore di fondo in quanto contornati da numerosissimi altri segnali bioelettrici che tutti insieme formano un background di rumore che rende il segnale bioelettrico principale difficilmente misurabile. Solo con la disponibilità degli instrumentation amplifier e dei buffer ad altissima impedenza, la bioelettronica si è potuta sviluppare in maniera efficace consentendo la realizzazione di applicazioni biomedicali e di monitoraggio dell’ambiente prima inimmaginabili. Nella medicina la bioelettronica trova il maggiore potenziale applicativo: protesi (tessuti e impianti), prevenzione delle malattie (soprattutto neurodegenerative e cancro), dispositivi indossabili (di analisi come i lab-on-chip, e i Dna chip, telemonitoraggio, rilevazione e riconoscimento di singole molecole).

Il buffering ad altissima impedenza

La bioelettronica fa notevoli passi avanti nella sua applicabilità man mano che la microelettronica consegue risultati congruenti con la natura stessa della biologia. L’interfacciamento dell’elettronica con la bioinformazione è sicuramente uno dei punti sensibili di questo processo di evoluzione. L’altissima impedenza consente all’amplificatore di interfacciarsi al segnale di pochi millivolt e molto rumoroso isolandolo dal resto della catena di segnale. Nelle applicazioni Ecg (Elettrocardiogramma) la differente impedenza tra gli elettrodi agisce a sfavore della impedenza di ingresso dell’amplificatore front-end, porta a uno sbilanciamento delle tensioni che porta a una diminuzione del Cmrr (Common mode rejection ratio). Quando la combinazione di impedenza della pelle, dell’elettrolito, dell’elettrodo e delle resistenze di protezione, viene presentata all’ingresso a moderata impedenza di un amplificatore, è possibile che il rumore dell’alimentazione e altre problematiche di rumore possano evidenziarsi, rendendo scarsa la qualità del segnale bioelettrico catturato. L’elevata impedenza in ingresso è la soluzione di bufferizzazione degli elettrodi che porta a ottenere un’elevata qualità del segnale biolettrico catturato e quindi un’elevata qualità della misura. Un notevole risultato in questo senso è stato conseguito da Analog Devices con lo sviluppo del circuito integrato AD8244 un quad buffer Fet input di altissima precisione capace di ben 10 TeraOhm di impedenza di ingresso, quindi senza quasi nessun errore indotto sul segnale misurato. Il dispositivo AD8244 risolve problemi di buffering del segnale tipici della bioelettronica come il channel-to-channel matching per minimizzare l’errore della catena differenziale di segnale. L’AD8244 è innovativo nel campo della bioelettronica in quanto realizza un ulteriore anello mancante nella catena di segnale dal sistema biologico (il corpo umano) al sistema elettronico (il computer) nell’emergente tecnologia dei dispositivi indossabili per le applicazioni di natura biomedicale consumer (Fig. 1). Una altro componente di successo di Analog Devices per la bioelettronica, soprattutto quella medicale, per le emergenti applicazioni indossabili, è l’analog front-end AD8233, un circuito integrato ultra small e ultra low-power che integra tutta l’elettronica analogica di precisione necessaria all’interfacciamento di segnali bioelettrici con le Mcu per applicazioni biomedicali ultra-portatili (in particolare quelle indossabili). Le dimensioni di questo dispositivo in un incapsulamento Csp (Chip-scale package) di solo 2 x 1,7 e 0,5 mm di spessore lo rendono compatibile con i requisiti dimensionali della bioelettronica, per esempio quella dei sistemi impiantabili, e le caratteristiche di bassissimo consumo di potenza elettrica, 50 µA lo rendono compatibile con i requisiti energetici molto stringenti propri della biolelettronica, sempre più orientata all’autonomia energetica tipica dei sistemi biologici (Fig. 2).

Dalla bioelettronica all’elettronica molecolare

L’elettronica molecolare ha in comune con la bioelettronica la scala di ordine nanometrica e la natura degli elementi funzionali di natura biologica. L’elettronica molecolare consente di ottenere circuiti elettronici combinando insieme molecole di materiali biologici (spesso di natura organica) che evidenziano particolari proprietà tipiche dei circuiti elettronici, per esempio l’amplificazione, la commutazione, la memoria, ecc. Inoltre il materiale biologico adatto a creare circuiti elettrici di dimensione subnanometrica ha anche la proprietà dell’autoassemblaggio, cioè la capacità di ordinare e interconnettere le molecole che svolgono le funzioni primarie in strutture di più alto livello in modo da implementare sistemi elettronici biologici equivalenti di quelli microelettronici, ma in scala nanometrica e compatibili con i sistemi biologici, esseri umani, animali, piante, ecc. L’autoassemblaggio è automatico e il processo di produzione (catalitico su substrato) supera le problematiche tipiche della produzione fotolitografica dei circuiti integrati a semiconduttori in prossimità della scala subnanometrica. Attualmente l’elettronica molecolare consente di realizzare memorie ad altissima densità e bassissimo consumo, e alcuni tipi di circuiti elettrici su substrati organici da integrare in organismi viventi.

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