Biochip in tecnologia Cmos

La tecnologia Cmos è diventata nel tempo la tecnologia dominante per la realizzazione di circuiti integrati di natura digitale, ma negli ultimi decenni si è dimostrata una delle migliori per l’integrazione tra tecnologie miste (elettronica, meccanica, chimica, magnetica, ottica, ecc.), come per esempio è accaduto per i sensori e gli attuatori Mems (Micro electro mechanical systems) e come sta accadendo per i Nems (Nano electro mechanical systems). La tecnologia Cmos è stata utilizzata ampiamente per l’integrazione di sensori di natura termica, magnetica e ottica, ma per l’integrazione di altre tipologie sensoriali il processo Cmos ha richiesto passi aggiuntivi cosiddetti pre e post-Cmos, rispetto al processo Cmos base, detto intermediate-Cmos. Diverse applicazioni di natura Mems sono state realizzate utilizzando opportunamente i passi del processo intermediate-Cmos, per esempio come fatto da Analog Devices utilizzando strutture polisilicon per la realizzazione le strutture micromeccaniche del suo force capacitive accelerometer per basse accelerazioni in tecnologia BiCmos. Un esempio di utilizzo del processo post-Cmos è il Digital Micromirror Device di Texas Instruments, completamente costruito sopra un substrato Cmos finito, tenendo gli strati Cmos inalterati.

Array di microsensori on-chip
I biochip sono sistemi molto complessi che integrano nello stesso dispositivo funzionalità di natura diversa che si basano tecnologie come l’elettronica, la fluidodinamica, la fotonica, la chimica, ecc. La finalità di tali dispositivi sta nella implementazione completa e integrata di processi di analisi di materiali biologici e chimici (cellule, enzimi, tessuti, fuidi, ecc.) per ottenere, tramite un processo di identificazione, informazioni relative ai fenomeni biologici in esseri umani o esseri viventi in generale. Si tratta quindi di sistemi sensoriali, con sofisticate e complesse procedure di elaborazione di informazioni di segnale e, ove necessario, dotati anche di capacità attuative. Tale natura implica l’integrazione microelettronica della funzionalità digitale con quella analogica (mixed-signal) e di quella elettronica con quella biologica e chimica. Tra le varie tecnologie microelettroniche, quella Cmos si è dimostrata non solo la più vantaggiosa per le sue caratteristiche di basso costo, elevata integrazione, elevata precisione e ampia portabilità, ma anche per la capacità di integrare tecnologie di natura diversa da quella elettronica, come quella biologica, quella chimica, quella meccanica, ecc. Infineon ha dimostrato alcuni anni fa la capacità di integrazione della tecnologia Cmos per la realizzazione di biochip, realizzando un circuito integrato di 0.25 cm2 contenente 128 pozzetti (ognuno di 100 micrometri di diametro) che collegati ad altrettante mini sonde, implementavano un completo sistema miniaturizzato di 100 bio-test su un singolo chip. Il biochip di Infineon è stato realizzato in tecnologia Cmos estesa con un processo aggiuntivo per consentire la formazione on-chip di elettrodi in oro. L’integrazione degli elettrodi in oro su un chip che utilizza il processo standard Cmos di integrazione microelettronica ha dimostrato che questa tecnologia può adattarsi alla natura ibrida delle applicazioni biologiche dell’elettronica, e in generale delle applicazioni che implicano integrazioni di varia natura con il mondo fisico.

Laboratori su singolo chip
Quanto sia enorme la capacità del processo Cmos lo dimostra il Disposable Cmos Biochip Module di InSilixia. Questa ha sviluppato una tecnologia basata sul processo produttivo Cmos per la realizzazione di array di biosensori capaci di identificare target multipli tra cui gli acidi nucleici (Dna o Rna), i peptidi o i metaboliti in modalità parallela massiva (da 100 a 100 milioni di biosensori per chip). Il biochip Hydra-1K di InSilixia non è solo un sensore ancorché multiplo, ma è un vero e proprio system-on-chip, in quanto include anche la circuiteria di interfaccia analogica, l’elettronica a segnali misti, l’elettronica digitale e i circuiti di elaborazione numerica del segnale. Il dispositivo di InSilixa è un completo strumento di misura e diagnosi su un singolo chip, la cui peculiarità sta nella diversa funzionalità che caratterizza la parte biosensoriale organizzata sotto forma di array. Questi elementi sensoriali, equivalenti ai pixel di un sensore di immagine, sono capaci di rilevare entità di dimensione molecolare (per esempio le oligonucleotite probe nel Dna) con un rivelatore molecolare, utilizzando un trasduttore dedicato (fotodiodo o elettrodo attivo) e un’adeguata circuiteria di interfaccia per il sensore. Ogni singolo pixel del sensore è regolato termicamente in maniera fine.
Grazie a questo controllo individuale dei singoli pixel sensoriali, questo biochip di InSilixa può essere configurato in modo da adattare questo strumento su chip ad essere idoneo per qualsiasi problematica applicativa. Il caso applicativo dei biochip dimostra che la tecnologia Cmos consente una enorme flessibilità sia di implementazione del sistema di misura ed elaborazione delle informazioni biologiche, sia di produzione del dispositivo. Questo infatti può, indipendentemente dall’applicazione, acquisire i dati in tempo reale e in parallelo con una frequenza di campionamento tra gli 0.01 Hz e i 50 HZ, e renderli disponibili esternamente tramite una interfaccia Spi. La flessibilità è anche di natura produttiva in quanto il sistema Cmos è organizzato come una specie di matrice che combina insieme la piattaforma con il prodotto, per ottenere la configurazione personalizzata di misura e diagnosi richiesta.
Il successo dell’integrazione della tecnologia Cmos con la biologia, soprattutto in campo medico, dove i volumi applicativi sono enormi, è di grande interesse per l’industria microelettronica. Se si osserva l’impatto economico di una soluzione allo stato solido di test sofisticati, ma sempre più diffusi, per esempio quello delle sequenze di Dna, se ne deduce un impatto così elevato sull’aspetto economico che incoraggia la ricerca e sviluppo della tecnologia dei biochip Cmos (uno strumento tradizionale di sequencing di Dna costa dai 100 mila ai 700 mila dollari, mentre in versione allo stato solido meno di 1000 dollari, e il costo per ogni test eseguito con strumenti tradizionali scende da un range di costo variabile tra 2.5 mila e 10 mila dollari, a meno di 50 dollari per la versione allo stato solido).

Biochip anche indossabili
La potenzialità della tecnologia Cmos sta dimostrandosi enorme nelle applicazioni indossabili, dove la componente di interazione tra corpo umano (sistema biologico) e dispositivo (sistema elettronico) è specifica della natura applicativa stessa. Presso la Columbia Engineering University i ricercatori sono stati in grado di realizzare un dispositivo capace di trarre energia da una struttura molecolare vivente per alimentare un circuito integrato utilizzando l’energia vitale degli organismi viventi, la Atp (adenosine triphosphate). Ciò è stato ottenuto combinando un circuito integrato Cmos con una membrana artificiale lipidica bilaterale contenente una pompa ioni Atp, dimostrando in tal modo la combinabilità in un sistema artificiale dell’elettronica Cmos e con elementi biologici. Il risultato in questo caso è duplice, in quanto da una parte viene data una soluzione alla problematica dell’alimentazione in modalità harvesting dei dispositivi elettronici direttamente nel sistema biologico cui sono applicati, e dell’altra quella della combinazione dell’elettronica biologica con la tecnologia Cmos per ottenere dispositivi allo stato solido integrabili nel sistema biologico per replicarne funzionalità sofisticate come quelle del gusto e dell’olfatto. Questa ricerca ha dimostrato che per la realizzazione dei biochip le soluzioni stanno nella ricerca di materiali organici che si adattano alla tecnologia Cmos, come in questo caso la membrana artificiale lipidica bilaterale che ha consentito di realizzare sul dispositivo Cmos la funzionalità tipica del meccanismo di scambio energetico della cellula basato sulla pompa ioni Atp. La pompa ioni è in grado di sostenere una corrente di corto circuito di 32,6 pAmpere per mm-2 e una tensione a circuito aperto di 78 mV, con una massima potenza erogata di 1,27 picoWatt per mm-2 . Per alimentare un circuito integrato con una tensione sufficiente bastano la serie di due di questi bilayer, ottenendo una efficienza di conversione di energia chimico-elettrica di almeno il 14 percento. È dunque evidente che, con un appropriato scaling, l’integrazione su Cmos della funzionalità e di materiali biologici consente di ottenere dispositivi integrati direttamente impiantabili negli esseri viventi oppure di replicarne esternamente la funzionalità, per esempio nella realizzazione di sistemi di identificazione olfattiva di oggetti pericolosi o di rischi ambientali.

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